Mostra di Venezia 2005 - Pagina 3

Stampa
PDF
Indice
Mostra di Venezia 2005
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Pagina 7
Pagina 8
Pagina 9
Pagina 10
Tutte le pagine
IV giornata
Per fortuna ci sono gli orientali.
Due film in concorso: una conferma e un’attesa (quasi) delusa. La scorsa stagione cinematografica è stato presentato un film che ha destato molte discussioni. Era Old Boy, del regista sudcoreano Park Chan – Wook, visto e premiato a Cannes 2004 suscitando polemiche per la violenza, visivamente quasi intollerabile, che lo percorreva. A Venezia si è vista l’ultima fatica di quest’autore, Simpathy for Lady Vengeance (Compassione per la Signora Vendetta), che già nel titolo rimanda ad un'altra opera di questo regista: Sympatthy for Mr. Vengeance (2002). Il filo rosso che percorre il suo lavoro è quello della vendetta per un gravissimo torto subito e le conseguenze di gesti riparatori che spesso sono crudeli quanto quelli commessi dai rei. In questo caso è una bella e giovane madre costretta ad accollarsi il rapimento e l’uccisione di un bimbo dal criminale che li ha commessi e che ora minaccia di uccidere la sua figlioletta. Esce dalla galera dopo tredici anni. Durante la detenzione ha assunto un aspetto angelico, che le ha permesso di giustiziare, senza essere scoperta, una lesbica violenta e punire varie altre soprafazioni a danno delle sue compagne di cella. Ora è alla ricerca del rapitore omicida che, nel frattempo, ha massacrato altri tre bambini. Scova il mostro e riunisce i parenti delle piccole vittime per una seduta di giustizia sommaria collettiva. Il tocco raffinato è nel fatto che i giustizieri si mostrano avidi e solo esteriormente addolorati per le gravi perdite, quindi appaiono non molto sopra la mancanza di morale dell’assassino. Il film equilibra molto bene una necessaria dose di violenza, con una riflessione raffinata, immagini affascinanti e una costruzione narrativa complessa ma funzionale al discorso. Quella di quest’autore è davvero grande cinema e conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, come sono gli orientali a mantenere alto il vessillo del cinema di qualità. Non ha convinto del tutto, invece, il molto atteso Les amants réguliers (Gli amanti costanti) in cui il francese Philippe Garrel ricostruisce le storie di un gruppo di giovani che si sono conosciuti nel 1968 sulle barricate del maggio francese e hanno preso, negli anni a venire, strade diverse: chi diventando un artista di successo, che annegando nella droga, che scegliendo la morte per lenire il dolore dei sogni sfumati. In poche parole un La meglio gioventù (2003) di Marco Tullio Giordana in aurea più psicologica che sociale. Il film è molto lungo, dura quasi tre ore, ed è girato in bianco e nero con lunghe sequenze mute o quasi. Il mondo appare messo fuori delle quattro mura e dai letti in cui soggiornano i protagonisti e questa scelta eccessivamente intimista finisce per lasciare un senso d’insoddisfazione, specularmene simile a quello che lasciava l’eccessiva storicità della saga italiana. La Settimana Internazionale della Critica ha presentato Brick (La roba) dell’americano Rian Johnson, una sorta di giallo ambientato in un campus universitario americano il cui senso principale sta in una commistione colta di genieri. Nulla di nuovo, ma un’originalità che nasce dal mescolamento, in dosi diverse, d’ingredienti già ampiamente noti. E’ una sorta d’operazione cinema -nel - cinema in cui il dato maggiore nasce dalla nuova forma che assumono ingredienti già ampiamente usati. Se si vuole spingere il concetto sino all’eccesso, si potrebbe affermare che è lo stesso principio che regola gran pare del cinema americano moderno con tanto di remake e sequel. In questo caso l’operazione è sapiente e la confezione d’ottimo livello.