Mostra di Venezia 2005 - Pagina 6

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Mostra di Venezia 2005
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VIII giornata
I turisti non muoiono mai.
La Mostra sta quasi per chiudere i battenti ed è arrivato il primo bel film senza se e senza ma. Lo ha diretto il francese Laurent Cantet (Risorse umane, 2000 e A tempo pieno, 2001), s’intitola Vers le sud (Verso il sud) ed è tratto da tre racconti brevi di Dany Laferriére. Negli anni ottanta le spiagge di Haiti pullulano di turisti americani venuti a comprare, per pochi dollari, sole, mare e i corpi di giovani donne e prestanti ragazzi che si prostituiscono per qualche banconota. Ellen (Charlotte Rampling), Brenda (Karen Young) e Sue (Louise Portal) sono tre mature signore che partecipano a questo commercio. Le prestazioni del bel Legba, in particolare, sono apprezzate e contese fra Ellen e Brenda. Fuori, oltre i confini del villaggio turistico, dominano miseria, degradazione e il terrore scatenato dal terribile regime del dittatore Baby Doc (Jean-Claude Duvalier), i cui feroci scherani (TonTon Macoute) spadroneggiano su tutto e tutti. E' una realtà mostruosa che arriverà sin dentro il falso paradiso terrestre con l’uccisione del prestante gigolò, colpevole di essere amato da una delle favorite di un alto ufficiale. Il contatto con la realtà mette in crisi le tre donne, rovesciandone i caratteri. La più anziana, Ellen, che ha amato veramente l’ucciso, partirà per non più ritornare, mentre la non ancora cinquantenne Brenda inizierà un pellegrinaggio turistico ed erotico nei Caraibi. Come afferma cinicamente un poliziotto chiamato ad insabbiare l’omicidio: i turisti non muoiono mai. Il film ha il suo punto di forza in quest’inversione di prospettive, fra un dolore straziante che nasce dal realismo della mente e un approccio incoscientemente sentimentale, che cerca più una conferma alle proprie ansie che la conoscenza e il rispetto dell’altro. Il film è importante, girato con sapiente semplicità ed interpretato dalle tre signore con straordinaria abilità. Rilevante, anche se non perfetto, l’altro film in concorso: O Fatalista (Il fatalista) che il portoghese João Botelho ha tratto dal romanzo omonimo dello scrittore illuminista Denis Diderot (1713 – 1784). Gran parte dello spirito anticlericale e razionalista dell’opera è rimasto nel film in forma d’ironia. La storia è quella di un ricco signore e il suo autista che attraversano il Portogallo raccontandosi storia erotiche che, sullo schermo, prendono forma di piccoli racconti. Sono vicende che rovesciano la morale comune, sbeffeggiano i potenti e gli arroganti, rivalutano prostituzione, gioco, imbrogli a danno dei ricchi. Il film, girato con quasi nessun primo piano, recitazione fredda, inquadrature sapientemente costruite e volutamente statiche, promana un fascino innegabile accompagnato da un retrogusto da esercizio stilistico non privo di qualche cascame di maniera. Si è visto anche The Tim Burton’s Corpse Bride (La sposa cadavere di Tim Burton) in cui il regista dell’animazione sposa poesia e horror raccontando il matrimonio fra un vivente e una morta. L’abilità tecnica è sublime, l’originalità abbondante, la poesia inferiore a quella che sarebbe lecito attendersi. E' un’opera più per appassionati del genere che per tutto il pubblico. La Settimana Internazionale della Critica ha presentato un film francese: Le passager (Di passaggio) dell’attore e ora anche regista, Eric Caravaca. E’ il classico testo raffinato che il cinema francese ci regala con encomiabile frequenza. Sceneggiatura, fotografia, confezione sono di primo ordine. Meno interessante il tema – la memoria di un fratello suicida incombente come un macigno - che propone scelte intimiste e situazioni già viste. Un dato molto positivo, anche se non originalissimo, è l’uso di un paesaggio turistico colto nel letargo invernale, senza fellinismi, ma con autentica tristezza. E' un buon film che sarebbe perfetto se avesse un guizzo in più.