Antalya Film Festival 2009 - Pagina 7

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Antalya Film Festival 2009
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Theo Angelopoulos
Theo Angelopoulos

 

Il festival ha chiuso i battenti con una bella sorpresa: l’incontro fra Theo Angelopoulos e Citto Maselli che, dopo la proiezione dei rispettivi ultimi film - La polvere del tempo (I skoni tou chronou, 2008) e Le ombre rosse - hanno dialogato a lungo con il pubblico, per la verità, più che sulle opere appena viste di politica e filosofia della storia. Sin dalle prime dichiarazioni si sono viste affinità e differenze, per il regista greco il sentimento oggi dominante è la malinconia che sorge dal vedere il mondo segnato da una condizione di feroce individualismo e mancanza culturale. Negli anni sessanta, ha detto, quando vivevo a Parigi, in una situazione economicamente molto difficile le strade cantavano, la gente leggeva, si guardava, aiutava, confrontava, amava. Oggi ciascuno pensa solo a se stesso e abbiamo totalmente perso la capacità, come ricorda Platone, di capirci guardandoci negli occhi degli altri. L’opinione di Maselli tende, invece, più verso la tragedia, un tragico che nasce dalla constatazione degli errori enormi commessi dalla sinistra europea. Entrambi, poi, hanno convenuto sul fatto che la storia non è finita, ma che ci troviamo nel punto più basso di una spirale di cui non si vede la fine - Theo Angelopoulos - che, forse, preclude ogni speranza di riscatto alla generazione che ha superato i sessant’anni e ha creduto nell’impegno e degli ideali. Citto Maselli ha tenuto a segnare come il finale del suo film, con le due donne che cercano un rudere in cui impiantare un nuovo centro sociale, ha il valore di un filo di speranza, forse solo testimoniale ma ancora viva. Giudizio unanime, poi, sul fatto che ogni vero regista realizza sempre lo stesso film, un filo conduttore speso facilmente individuabile sin dall’opera prima o seconda. Poi, il lavoro che segue, rappresenta solo una serie di variazioni sul quel tema. E’ stato chiesto a Theo Angelopoulos perché parli solo della Grecia. Il regista ha risposto, con una vena di risentimento, che i suoi film non hanno confini, riguardano il mondo intero, parlano di tutti gli uomini e non solo dei greci. Per rafforzare l’argomento ha ricordato come, anni or sono, visitando il museo dedicato alla tragedia atomica a Hiroshima si sia trovato davanti ad un anziano giapponese che aveva appena visto La recita (O thiasos, 1975), e che gli disse, fra le lacrime, che quel film era lo specchio della sua vita. Una cosa del tutto simile gli capitò a Toronto, a una proiezione da cui l’ambasciatore greco era uscito indignato dopo pochi minuti. Andando al bar incontrò un portoghese che gli disse la stessa cosa del giapponese. Questo vuol dire, ha concluso, che i miei film non riguardano solo i greci.

 

Francesco Maselli
Francesco Maselli

 

Da parte sua Citto Maselli ha ricordato di aver raccontato il progetto di Le ombre rosse a Ken Loach, il quale gli disse che era un film da fare assolutamente, ma da costruire in modo che fosse comprensibile dall’Australia al Canada. Un’altra domanda ha riguardato il ruolo della musica. Theo Angelopoulos ne ha sottolineato l’importanza, citando il suo rapporto con Eleni Karaindrou che lui considera un vero e proprio alter ego al punto che lei non legge la sceneggiatura, né vede le immagini, ma gli chiede di raccontargli il film, poi, ascoltando la registrazione delle sue parole, inizia a comporre. Anche Citto Maselli ha ricordato di avere una musicista preferita, Giovanna Marini, con cui ha una grande sintonia. Sempre a proposito di musica, il cineasta greco ha detto di detestarne l’uso hollywoodiano che la vede utilizzata solo per sottolineare e rafforzare il pathos delle immagini o creare un ritmo narrativo carente. A questo proposito ha invitato il pubblico a fare un esperimento: prendere un qualunque film di John Ford e guardarlo senza audio, si scoprirà quanto è lento e che solo la musica gli conferisce un certo ritmo. È stato chiesto a Francesco Maselli la ragione per cui ha preferito fare film sulle sconfitte della sinistra (Lettera aperta a un giornale della sera, 1970, Il sospetto, 1975 e Le ombre rosse, 2009) anziché magnificarne le vittorie. Il cineasta italiano ha risposto che il compito degli intellettuali e dei creatori è soprattutto quello di porre domande e non avanzare incitamenti, per cui è assai più utile invitare alla riflessione sugli errori che esaltare i fatti positivi. Finale con nuova riflessione sulla storia che, non è per nulla finita, neppure per questi cineasti, poiché Theo Angelopoulos è già a buon punto della lavorazione dell’ultimo episodio della trilogia sulla storia aperta da La sorgente del fiume (Trilogia: To livadi pou dakryzei, 2004) e proseguita con La polvere del tempo, mentre Citto Maselli non ha alcuna intenzione di mettersi da parte né come cineasta, né come militante.