12 Ottobre 2009
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Antalya Film Festival 2009 |
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Il titolo più interessante visto sinora è stato: Uzak İhtimal (Il rosario sbagliato) di Mahmut Fazil Coşkun. Un giovane muezzin è assegnato alla moschea del quartiere di Galata, a Istanbul. Va ad abitare in un appartamento della comunità e scopre di avere come vicina di casa una giovane che sta assistendo unanziana suora. Il fascino della grande città, le pulsioni delletà, la grazia della ragazza lo fanno innamorare della quasi religiosa, per giunta cattolica. E un film tenue, interpretato magistralmente da Görkem Yeltan e Nadir Sarıbacak; un piccolo film, delicato nella descrizione dei sentimenti, preciso nella costruzione delle psicologie e negli ambienti, in sostanza un quadro malinconico delle barriere religiose che separano gli esseri umani, ne costringono i sentimenti, umiliano la vita. Un testo veramente interessante per quanto concerne le possibili nuove strade del cinema di questo paese.
Ben poco di nuovo, invece, in Babam Büfe (Il chiosco di papà) di Meriç Demiray storia di un portiere alcolizzato e piuttosto irresponsabile che si fa trascinate in una serie di truffe televisive: lui e un operatore compiacente simulano scene di piccoli crimini e le vendono a una grande emittente. Quando il raggiro e scoperto e, per giunta, il tipo è licenziato non resta che filmare il proprio suicidio per consentire al figlio di vendere le immagini e, con il ricavato, comprarsi un negozietto, la cui insegna, appunto, è Il chiosco di papà. Lintenzione è radiografare il dramma dei poveri e la mancanza di ogni possibilità di riscatto, purtroppo il film tende piuttosto al bozzettismo e alla commediola di piccolo calibro senza mai raggiungere il patos necessario a trasformare il film in un ritratto amaro del vivere di milioni di persone. Alcuni momenti, come la registrazione dei falsi furti, sono abbastanza godibili, ma non vanno oltre la piacevolezza momentanea mentre lo sviluppo della storia zoppica alquanto.
Le cose sono andate ancora peggio con Deli deli olama (La pianista) di Murat Saraçoglu. E un film che richiama al vecchio filone del cinema di campagna che ebbe tanto successo negli anni cinquanta e da cui il grande Yilmaz Güney prese spunto per rivoluzionare dallinterno lintero cinema turco. Purtroppo in questo caso, nonostante linterpretazione di Tarik Akan, che fu già protagonista dellindimenticato guneyano Sürü (Il gregge), il film naviga a vele spiegate verso il melodramma strappacuore mettendo in scena lamore mancato fra una bella paesana e un giovane appartenente alla minoranza turca stabilita nei confini dellUnione Sovietica. Quando lui ritorna nel paese dopo molti anni, vecchi e ammalato, lei lo disprezza e cerca in ogni modo di emarginarlo. Grazie al genio di una sua nipote musicalmente dotata che lanziano adotta quasi come una parente, i due si riconcilieranno, purtroppo sul letto di morte delluomo. Storia improbabile per un film meno che modesto.
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