23 Novembre 2008
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49°Thessaloniki Film Festival 2008 |
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Fra i titoli più recenti che potremmo definire veramente e unicamente greci lopera più interessante è stata sicuramente Without (senza) che segna l'esordio nel lungometraggio di Alexander Avranas, un debutto di grande rispetto. Il film appartiene al filone delle opere che raccontano storie non storie, nel senso che radiografa, apparentemente senza interventi, la vita di una giovane coppia immersa in una profonda crisi esistenziale, erotica, economica. Moglie, marito e figlio di otto anni vivono una vita modesta, lui ha un lavoro di spedizioniere che non lo soddisfa e lo sottomette all'imperio dei superiori, lei fa la casalinga, beve, e gioca d'azzardo con le amiche, è insoddisfatta sia economicamente che sessualmente. Una coppia in piena crisi radiografata con luci scure, colori marci, parole centellinate, diluvio di sigarette e alcool. L'ambiente di lavoro e quello di casa sono saldati da un'unica tristezza: la mancanza di prospettive e un futuro che si annuncia disperato e grigio peggio del presente. Merito della regia è guardare a questa situazione di degrado senza ricorrere ad alcun evento straordinario, riuscendo, tuttavia, a superare il quadro del semplice documento per diventare narrazione a tutto tondo. Un film di buon valore espressivo e, nonostante le lungaggini, di importanza non meno grande da un punto di vista stilistico.
Meno riuscito, anche se di qualche interesse Istoria 52 (Racconto 52) opera prima di Alexis Alexiou che porta sullo schermo la cartella cinica di un paranoico ossessivo, assassino della sua compagna perché ha deciso di abbandonarlo per passare alcuni mesi in Germania allo scopo di fare carriera. Storia semplice a dirsi, ma ingarbugliata nella narrazione cinematografica che sovrappone e ripete momenti temporali e sottolinea le situazioni sino alla noia. Il protagonista finge di nascondere l'esito infausto della vicenda, anche se qualsiasi spettatore minimamente attento capisce subito dove si vuole andare a parare. L'interpretazione di Yorgos Kakanakis è più gridata e piena di stereotipi che non realmente interiorizzata, più di superficie che profonda. Un film molto pensato, ma poco sentito.
Assai più pretenzioso, anche se amato da alcuni critici, Tris stigmes (Tre momenti) di Petros Sevastikoglu è una di quei film che tanto piacciono a certi registi greci. Un misto di barocca fantasia, intellettualismo sfrenato, scenografie claustrofobiche, snodi cervellotici, fotografia insopportabilmente pesante. Nel caso specifico sei personaggi, tre uomini e tre donne, si ritrovano per un pomeriggio e una notte in una vecchia villa, debitamente riempita di polvere, velluti e trovarobato vario. A fatica e solo dopo molta pazienza riusciamo a capire che in realtà, si tratta della stessa coppia colta in tre momenti diversi della vita: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia, tutti debitamente mescolati e interagenti. La riflessione dovrebbe riguardare l'amore, le tensioni fra i sessi, il tramonto della gioventù, la morte, ma il film naufraga nellinutilità e nel barocchismo stilistico per cui non si sa se sottolineare maggiormente la noia o la prevedibilità.