56° Festival Internazionale del Film di Salonicco - Pagina 5

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56° Festival Internazionale del Film di Salonicco
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600-miles-poster600 miles (600 miglia) è l’opera prima del regista messicano Gabriel Ripstein, figlio del maestro del cinema melodrammatico Arturo. Diversamente dal padre l sua predilezione, almeno a stare a quest’ esordio, va più cinema noir che non a quello con forti scontri di sentimenti. Nel film in questione un paio di teppistelli, uno americano particolarmente feroce e un messicano ancora ragazzino, aggrediscono e sequestrano un poliziotto dell’Arizona della squadra che contrasta il contrabbando di armi tra gli Stati Uniti e il Messico. Il prigioniero è affidato al messicano che lo porta oltre confine anche se travagliato dalla consapevolezza di aver commesso un’azione più grande di lui. Il prigioniero, da parte sua, sfrutta ogni risorsa psicologica e fisica per riconquistare la libertà e salvare la vita al ragazzino, anche se poi lo abbandona nel bel mezzo del deserto per ritornare alla vita di tutti i giorni. Il film gioca molto sulle psicologie dei personaggi e la regia sfrutta a fondo l’abilità attoriale di Tim Roth per cesellare un personaggio che, oltre la superficie, presenta un fondo di cinismo e disperazione che contratta con l’entusiasmo e l’ingenuità del piccolo delinquente. In altre prole un film interessante, in modo particolare per il disegno dei caratteri dei personaggi.
interruptionE’ un’opera prima, quantomeno a livello di lungometraggio, anche Interruption (Interruzione) del greco Yorgos Zois che vi è arrivato dopo tre cortometraggi visti e premiati nei maggiori festival. Per la verità si tratta di un classico cinema di teatro in cui l’autore propone una lettura modernissima della trilogia di Eschilo (525 a.C. – 456 a.C.) dedicata all’Orestea (Agamennone, Coefore e Eumenidi) rappresentata per la prima volta nel 458 a.C. In queste tragedie si narra l’uccisione di Cletennestra da parte del figlio Oreste, teso a vendicare la morte del padre Agamennone assassinato, dopo il ritorno dalla guerra di Troia, da una congiura ordita dalla moglie e dall’amante Egisto. Il regista affronta questa materia collocandola in un modernissimo teatro del centro di Atene, ricorrendo a spettatori apparentemente presi a caso a cui è affidato una sorta di coro e denudamenti sotto la pioggia degli attori per concludere con una scena di ballo del tutto avulsa dalle parti precedenti. Molto probabilmente l’intento, particolarmente in quest’ultima sequenza, era quello di ricondurre ogni cosa al senso del gioco e dello spettacolo, anche de siamo in piena ipotesi non legittimata da alcun indizio offerto dal regista. In poche parole un film volutamente oscuro e complesso in cui risalta l’abilità del cineasta a manovrare scene e interpreti, ma quasi avulsa da qualsiasi elemento narrativo vero e proprio.
La  tierre y la sombrasTutto chiaro, invece, ne La tierra y la sombras (La terra e l’ombra) del colombiano César Acevedo che descrive con grande realismo la vita durissima dei tagliatori di canna da zucchero del suo paese. Un lavoratore ritorna a casa dopo essere stato lontano molti anni. Ritrova il figlio morente, la moglie ferocemente tesa a rimproveragli la lontananza, la nuora e il nipote distrutti dalla vita a cui sono costretti. Tenta in ogni modo di far ricoverare l’ammalato, ma non ci riesce e un medico arriva a solo quando è già morto. Il film palpita di vita dolorosa, inanella personaggi che sembrano abitare un inferno dantesco, offre allo spettatore un quadro di sfruttamento e ferocia che fa inorridire anche il peggior capitalismo. Il film ha vinto il premio quale migliore opera prima all’ultimo Festival di Cannes e una serie di altri riconoscimenti, tutti più che meritati.