56° Festival Internazionale del Film di Salonicco - Pagina 2

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56° Festival Internazionale del Film di Salonicco
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In alt Box (Pugilato) del rumeno Florin Şerban si raccontano due delusioni parallele. La prima è quella che travolge l’attrice ungherese impegnata, senza troppo successo, in una versione rumena di Le tre sorelle (Три сестры, 1900) di Anton Čechov (1860 – 1904). Nonostante si dia molto da fare non riesce a dare vita ad un’interpretazione che soddisfi pienamente il regista. A questo si aggiunge la difficile convivenza con un attore di successo in un matrimonio segnato da una passione ormai sopita. A fronte di questa storia al tramonto, c’è quella in piena ascesa del diciannovenne Rafael, un promettente pugilatore che ha appena ottenuto un ingaggio da pare di un importante manager. Purtroppo scopre quasi subito che fra ciò che ci si aspetta da lui c’è anche che perda a comando per lasciare strada libera ad un altro giovane su cui punta l’organizzazione controllata dal suo capo. Sarà proprio il primo incontro in cui sarà impegnato a far emergere la drammaticità della sua condizione, lasciandolo deluso e ferito anche fisicamente perché non ha subito obbedito agli ordini che gli sono stati impartiti. Queste due storie di delusione s’intrecciano quando il giovane incontra l’attrice e se ne innamora. La segue per settimane senza riuscire neppure a conoscerla e quando lei lo affronta si sente dire che è troppo giovane. Il finale è volutamente ambiguo con i due che entrano separatamente in un alberghetto. L’adulterio classico è il solo lenitivo delle ferite della vita o sono proprio queste ad aver dato coscienza alla coppia della realtà del vivere? Il film è costruito decisamente bene, anche se la narrazione lascia non pochi punti non chiariti.

 

altDa un’attrice in attività ad una in pieno vale del tramonto. Eva Nová, il titolo del film dello slovacco Marko Škop è lo stesso del nome della protagonista, è stata una diva di cinema, teatro e televisione negli anni del socialismo reale. Ha sposato un regista famoso, ma è stata travolta da uno scandalo segnato da alcolismo e droghe. Oggi, sulla sessantina, esce da una centro di disintossicazione, ma nessuno ha più fiducia in lei. La famiglia la mette alla porta e il figlio, alcolizzato e marginale ancor più di lei, tenta di sfruttare quel poco che ancora possiede, i vecchi amici di set fanno quasi finta di non conoscerla, le amiche continuano a tentarla offrendole da bere. E’ una progressiva discesa agli inferi senza possibilità di risalita e i soli lavori che le offrono sono quelli di commessa in un supermercato o donna delle pulizie in una ricca magione. Sull’orlo della disperazione senza via d’uscita troverà nel figlio e nella nuora, nel frattempo andata via di casa ed emigrata a Vienna con i figli e un nuovo compagno, un’ultima difesa davanti alla disperazione. Se il finale è persino troppo ottimistico, ciò che conta è il quadro psicologico che lo precede. Un panorama in cui il regista traccia un ritratto credibile e sofferto di una donna un tempo ricca e famosa oggi povera e dimenticata.

altDa una madre ripudiata dal figlio ad una che proprio nel rampollo trova l’ultimo appiglio alla vita. Glassland (potrebbe essere tradotto mondo di bicchieri) terza opera dell’irlandese Gerard Barrett, racconta la dedizione di un figlio per la madre alcolizzata. Il giovane campa facendo il tassista a Dublino, sceglie i turni che altri non piacciono e accettando ogni incarico, anche quelli al limite della legalità, pur di raccoglie il denaro necessario a pagare la retta del centro di smonticazione a cui vuole affidare la madre. Il film scandaglia questo rapporto intenso e drammatico, mettendo in luce l’amore di un figlio per la donna che lo ha partorito, per quanto indegna di tanto affetto. E’ un’opera in cui la ricerca delle psicologie fa premio su ogni altra cosa e il risultato è un piccolo gioiello d’amore filiale e di introspezione.