71ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia - Pagina 8

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71ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia
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a-pigeon-sat-A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence (Un piccione sta appollaiato su un ramo riflettendo sull’esistenza) dello svedese Roy Andersson è, come il titolo, un film davvero originale. Ultima tappa di una trilogia della vita che l’autore ha dedicato all’esistenza umana (le tappe precedenti sono Canzoni dal secondo piano, 2000 e Tu, il vivente, 2007 entrambi presentati al Festival di Cannes, il secondo anche coronato dal Premio Speciale della Giuria) trova ora una conclusione con un discorso stilisticamente fedele al mondo espressivo dell’autore. Lo stile di questo regista si basa su una macchina da presa ferma su inquadrature fisse o quasi al cui interno gli attori, spesso con i volti coperti da maschere o con i volti imbiancati, si muovono con grande sobrietà raccontando – più che recitando – i sentimenti dei loro personaggi. E’ un tipo di cinema modernissimo e vicino all’arte informale, un linguaggio che mescola con grande abilità ironia e dramma, satira e feroce aggressione ai canoni più conformisti della vita. Nel caso in questione s’inizia con tra momenti di morte, nel primo un marito è infartuato mentre tenta di stappare una bottiglia di vino, lui stramazza a terra mentre la moglie continua, in tutta indifferenza, a rigovernare la cucina. La seconda sequenza vede un’anziana sul letto di morte in ospedale che tiene avvinta a se una borsa contenente i suoi gioielli, piccolo tesoro che vuole portare con se anche nell’aldilà mentre figli e parenti cercano di strappargliela. Nell’ultima parte di quest’avvio un uomo stramazza al suolo subito dopo aver pagato il pranzo alla caffetteria di un traghetto, nell’indifferenza quasi totale gli altri viaggiatori si curano solo di appropriarsi dei cibi e delle bevande che il morto aveva già saldato. Subito dopo si apre il film vero e proprio, che vede due commessi viaggiatori in scherzi e maschere, entrambi tristi e melanconici come una sorta di riedizione moderna di Don Chisciotte della Mancia e Sancio Panza, che non riescono né a vendere una solo delle cose che propongono né a riscuotere i crediti per quelle vendute in passato. Il loro itinerario è intersecato da tre momenti storici. Il primo rimanda al 1943 quando, durante il secondo conflitto mondiale, le condizioni di militari e giovani erano talmente difficili da non consentire neppure la disponibilità dei pochi centesimi necessari a pagare un bicchierino di liquore. La seconda citazione chiama in causa re Carlo XII di Svezia (1697 - 1718), definito in seguito l’ultimo dei vichinghi e promotore dell’insensata e perdente guerra contro i Russi chiusa dalla sconfitta di Poltava (1707-09) in cui gli svedesi furono annientati dall’armata guidata dallo zar Pietro il Grande. In questa parte il monarca è dipinto come un omosessuale vanesio, circondato da assistenti inetti. La terza citazione storica rimanda alle guerre coloniali inglesi con una teoria di neri costretti ad entrare in enorme contenitore in rame sotto di cui i britannici accendono un fuoco affinché, girando, generi l’energia utile all’impero. Altri momenti riguardano il mondo d’oggi e sono girati con macchina semifissa e personaggi ripresi da una certa distanza. Ne nasce una galleria di quadri comici e terribili ad un tempo, che ben sintetizzano il disprezzo e l’ironia con cui il regista guarda al mondo. In poche parole un film davvero straordinario e originale.
476403.jpg-r 640 600-b 1 D6D6D6-f jpg-q x-xxyxxFuori concorso si sono visti anche due interessanti mediometraggi. Il primo porta la firma del portoghese Manoel de Oliveira che, nonostante i 106 anni continua a filmare mostrando una lucidità mentale davvero invidiabile. O velho do restelo (Il vecchio di Belem) mette in scena nel giardino dell’eternità, secondo un modulo collaudato, un incontro tra Don Chisciotte della Mancia, Luís Vaz de Camões (1524 circa – 1580) e altri personaggi del passato più o meno recente. Il film dura meno di venti minuti, ma è così denso di riferimenti riflessioni da meritare ben più delle poche righe di cui disponiamo. Basti dire che il parallelo che il registra traccia fra l’eroe uscito dalle pagine di Miguel de Cervantes (1547 – 1616) e la decadenza portoghese iniziata con la disfatta di battaglia di Alcazarquivir (4 agosto 1578) in cui morirono Sebastiano I del Portogallo (1554 – 1578), 'Abd al Malik I (nd -  1578), sultano del Marocco e Abu Abdallah Muhammad II. La morte dei monarchi che guidavano l’esercito lusitano non attenuo la sconfitta delle forze portoghesi che dovettero rinunciare a invadere e cristianizzare il Marocco. E’ un tema, quello di questa battaglia, particolarmente caro al regista che ne ha già parlato in No, o La folle gloria del comando (Non ou A Vã Gloria de Mandar, 1990). La novità di questa seconda puntata è la complessità del discorso portato avanti dal regista legando personaggi e situazioni normalmente considerare in maniera sperata.
filmSempre fuori concorso si è visto Italy in a day – Un giorno da italiani, il film mosaico che Gabriele Salvatores ha messo assieme con i materiali, tutti realizzati sabato 26 ottobre 2013, da migliaia di cineasti occasionali. Da una massa enorme di riprese, oltre 2200 ore, il regista ha selezionato un insieme di situazioni che vanno dalla nascita alla morte, dalla gioia alla disperazione, dalla vita di periferia a quella in campagna. E’ un film difficile da giudicare che contiene e propone tutto e il suo contrario, un’opera utile per constatare, ancora una volta le capacità professionali del cineasta, ma poco utile a trarne una vera immagine dell’Italia dei nostri giorni.
29. SIC-FLAPPING IN THE MIDDLE OF NOWHERE-1La Settimana Internazionale della Critica ha marcato un bel punto con la presentazione di Ɖập Cánh Giȗa Không Trung (Agitarsi in mezzo al nulla) della vietnamita Nguyễn Hoàang Ɖiểp. Il film, una coproduzione fra Vietnam, Francia, Norvegia e Germania, segue il calvario di una giovane studentessa messa incinta dal fidanzato, un operaio addetto al controllo delle lampade che illuminano le strade e fanatico della battaglie fra galli. Il film disegna un ritratto terribile della condizioni di vita degli umili di Hanoi, fra appartamenti che assomigliano a baracche, travestiti che sognano di cambiare sesso, medici e ospedali che chiedono il pizzo a quanti hanno la disgrazia di capitare nelle loro grinfie. Un mondo terribile e misero che fa giustizia del tanto decantato miracolo economico di quel paese. Similmente a quanto capitato per il cinema cinese con la denuncia dell’altra faccia dello sviluppo, anche questa cinematografia si sta avviando verso un giudizio realistico e duro sulle vere condizioni di coloro che abitano questa nazione. C’è da sperare che sia solo l’inizio di un percorso ricco di osservazioni e storie.