69ma Mostra Internazioale d'arte Ciinematografica - Pagina 10

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69ma Mostra Internazioale d'arte Ciinematografica
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altBrillante Mendoza è un regista filippino che alterna opere di grande violenza come Captive (Prigioniera, 2012) a testi pervasi di un forte sentimento umano (Nonna, 2009). Sinapupunan (Il tuo ventre) appartiene a quest’ultimo filone e racconta la vita difficile della matura Shaleha Sarail, levatrice in alcuni isolotti dell’arcipelago. Per vivere aiuta il marito nella pesca e intreccia stuoie, ma è oppressa dal rimorso di non aver dato un figlio al coniuge, che tanto lo desidera anche per compire il volere di Allah. La strada per uscire dall’impaccio sembra essere quella di trovare una seconda moglie. Inizia a questo punto il giro delle possibili fidanzate, ma le doti pretese costano troppo, oppure le famiglie non sono d’accordo. Alla fine si trova una giovane, ma lei pretende che lo sposo s’impegni a ripudiare la vecchia moglie non appena lei avrà partorito. Così avviene e la prima moglie è messa alla porta subito dopo aver collaborato al parto della seconda. Il film allinea paesaggi meravigliosi e scenari particolari – i villaggi sull’acqua che costellano l’arcipelago – e tratteggia una condizione femminile che i dettami religiosi e la tradizione spingono assai vicino a quella di un animale da soma. E’ un film forte, dal ritmo molto lento ma funzionale alle cadenze del racconto.
altPaesaggi straordinari, ma scenario apocalittico, quelli che compaiono in La cinquième saison (La quinta stagione) della coppia belga Jessica Woodwort e Peter Brosens. In un villaggio nel cuore delle Ardenne si sta per celebrare la fine dell’inverno, ma il falò che dovrebbe simboleggiare l’addio alla cattiva stagione rifiuta di incendiarsi. Inizia in questo modo un totale sconvolgimento del tempo: la primavera non arriva, le piante non crescono, le mucche non danno latte, l’estate brucia ogni cosa, l’autunno è segnato da rigurgiti di fanatismo e uccisioni di pseudo – untori. La colonna sonora di questo percorso luttuoso cadenza rumori di aerei, suoni di guerra, annunci d’inquinamento globale. In altre parole è la fine del mondo civile, spazzato via dalla follia degli uomini o dall’impazzimento della natura. Un film apocalittico che fa crescere una tensione quasi insopportabile accompagnata da bellissime immagini della natura che riecheggiano la grande pittura fiamminga, da Pieter Bruegel (1530 circa – 1569), a Rembrandt van Rijn (1606 –1669), a Jan Vermeer (1632 – 1675). E’ questo contrasto fra la seraficità del paesaggio e le immagini terribili che, progressivamente, lo popolano a dare al film un fascino del tutto particolare.
altDel tutto diverso il bilancio di The Company You Keep (Tutti i miei) che Robert Redford ha diretto e interpretato traendolo da un romanzo di Neil Gordon edito nel 2004. E’ la storia di un membro del gruppo terrorista Weather Underground (1969-76), i cui membri si resero responsabili di una lunga serie di attentati a istituzioni pubbliche e a banche. Nel 1981, durante uno di questi espropri proletari, fu uccisa una guardia giurata. Per questo delitto l’FBI emise una serie di mandati di cattura, pochi dei quali realmente eseguiti. Il film inizia con l’arresto, trent’anni dopo quel delitto, di una delle appartenenti al gruppo, complice nella rapina omicida, ma da oltre tre decenni insospettabile casalinga. La cosa rimette in moto la caccia agli altri latitanti, fra questi un distinto avvocato, da poco vedovo, costretto a darsi alla fuga nella speranza di provare che a quel delitto non ha preso parte. Il tutto è raccontato dal giovane reporter di un giornale di provincia che avvia la caccia al fuggitivo e, progressivamente, è coinvolto nei sogni dei vecchi rivoltosi. Il film cede molto sul versante del melodramma, con inutili scoperte di figli dati in adozione e zoppicanti storie d’amore, ma conferma la vocazione democratica di un autore e attore fra i più longevi della scena americana.
altIl vampirismo è un argomento che ha sempre affascinato il cinema e, prima ancora la letteratura. Sin da quando lo scrittore irlandese Abraham – Bram - Stoker (1847 – 1912) ottenne un grande successo con Dracula (1897), un racconto gotico che rielaborava storie in circolazione da secoli nei Balcani attorno alla leggenda del principe rumeno Vlad Ţepeş Dracul. Il cinema si è subito impadronito di questo personaggio da Nosferatu (1922) di Friedrich Wilhelm Murnau (1888 – 1931) sino a Dracula di Bram Stoker (Bram Stoker's Dracula, 1992) di Francis Ford Coppola (1939). Recentemente è nata una versione romantica di questo mito, creata sull’onda dei romanzi della scrittrice americana Stephenie Meyer (1973) utilizzati per quella che è stata definita The Twilight Saga: Breaking Dawn (parti 1 – 2011 - e 2 – 2012) per la regia di William Condon (1955). Kiss of the Damned (Il bacio dei dannati), opera prima dell’attrice e regista Xan Cassavetes, figlia del famoso e John, ha agganci molto forti con quest’ultima utilizzazione della figura del principe vampiro. Il film, presentato fuori concorso alla Settimana Internazionale della Critica, ha al centro Djuna, un’affascinante vampira ritiratasi a vivere in una bellissima casa di campagna. Qui incontra uno sceneggiatore che s’innamora di lei. La donna non vorrebbe coinvolgerlo nel suo destino, ma poi cede alla passione. Tutto si complica con l’arrivo di Mimi, sorella della protagonista e anche lei vampira. Alla fine l’amore trionferà anche a rischio di metter a repentaglio la comunità vampiresca. Il film è girato con grande maestria e professionalità anche se aggiunge poco a ciò che ci è già stato offerto dal genere. In particolare il contrasto, molto romantico, fra amore e morte non aggiunge nulla a quanto propostoci da altri autori. Unica aggiunta quella di un erotismo piuttosto spinto, ma anche quest’elemento ha ben poco di originale.