69ma Mostra Internazioale d'arte Ciinematografica - Pagina 7

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69ma Mostra Internazioale d'arte Ciinematografica
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altAprès Mai (Dopo maggio, ma da noi uscirà con il titolo Qualcosa nell'aria) del francese Olivier Assayas (1955) mira a tracciare è un quadro, se non della generazione del mitico 1968, di quella dei loro fratelli minori. Siamo in una scuola della periferia parigina, nel 1971, ove si scontrano anarchici, maoisti, trotskisti, ciascuno con la sua verità preconfezionata in tasca, uniti solo dall’odio verso la borghesia e il Partito Comunista Francese. Il film segue, è un dato autobiografico, un giovane aspirante pittore, poi cineasta, che milita fra i libertari estremi avendo sempre di mira più l’arte che la rivoluzione. Anche se vorrebbe essere il ritratto di un’intera generazione, il regista ci dice poco sulle scelte che faranno questi ribelli, scelte che porteranno non pochi di loro a ritornare, a capo chino, nelle file della borghesia diventando manager, grandi avvocati, intellettuali osannati, banchieri, direttori di giornali o di reti televisive. Diceva Italo Calvino, lo citiamo a memoria, che l’estremismo è la posizione più vicina al cedimento. Ciò che manca al film è lo scavo delle ragioni profonde che, nel caos generale, hanno indotto molti a rientrare nei ranghi da cui provenivano, altri a sprofondare nell’inferno della droga – l’accento alla ragazza che si fa d’eroina è più scenografico che analitico - altri ancora ad abbandonarsi fino alla follia terrorista. A proposito di quest’ultimo argomento va detto che la breve sequenza dell’auto incendiata, perché utilizzata per un qualche reato politicamente mascherato, dice poco e niente su un tema di bruciante drammaticità. Si obietterà che questo è solo un film e non un saggio storico, ma quando un artista decide di mettere in scena il clima che ha segnato un’intera generazione, il minimo che gli si può chiedere e di essere attento agli elementi fondamentali che hanno contribuito a creare quel clima. Per il resto il film scorre bene, gli attori hanno i volti e i fisici giusti, la storia segue un percorso scarno ma lineare. Le obiezioni riguardano, dunque, il complesso del discorso, ma non sono tali da invalidare completamente l’opera.
altIl giapponese Takeshi Kitano si muove su vari fronti, uno è quello delle storie su yakuza e scontri fra bande criminali. E’ il terreno su ci ha ottenuto maggiori consensi di pubblico e che l’ha reso famoso in tutto il mondo, mentre i suoi film più fantasiosi o romantici non sono approdati a risultati analoghi. Outrage Beyond (Oltre l’indignazione) appartiene al filone gangsteristico di cui ripropone non pochi stilemi: il giustiziere silenzioso e sostanzialmente solitario – affidato all’interpretazione dello stesso regista – lo scontro fra famiglie criminali con tradimenti, agguati, sparatorie. Il tutto confezionato con abilità, cura e intelligenza badando, in modo particolare, a conservare un ritmo narrativo accattivante. Rimane il dubbio, espresso già in altre occasioni, se tutta questa messa in scena di uccisioni, dita mozzate e delizie simili contribuisca realmente a ironizzare e a smitizzare la violenza o se, invece, non finisca col magnificarla.
altO luna in Thailanda (Un mese in Tailandia) è l' opera prima del rumeno Paul Negoescu, vista nell’ambito della Settimana Internazionale della Critica. Il film si svolge nelle ore che precedono e seguono la mezzanotte dell’ultimo dell’anno. Radu e Adina, giovani laureati, si apprestano a festeggiare con alcuni amici dopo aver fatto l’amore e pranzato con i genitori di lei. Nel bel mezzo del veglione di fine d’anno il giovane dice alla fidanzata che la loro storia è finita e che lui vuole rimettersi con la vecchia fiamma che aveva lasciato per unirsi a lei. Inizia a questo punto una lunga ricerca fra bar e discoteche per ritrovare l’ex amata, che è finalmente scovata e che, dopo qualche timida esitazione, accetta di ritornare fra le sue braccia. Una storia che appare bannale e che potrebbe meritare, al massimo, il tempo di un cortometraggio, ma che il regista riesce a trasformare in un quadro efficace dello smarrimento di un’intera generazione incerta fra i lustrini di un capitalismo di cui inizia a intravvedere le dure regole e la disperazione di una società chiusa e povera, non ancora del tutto archiviata. Un film lineare, ricco di lunghe pause che cadenzano una narrazione distesa, riflessiva dai molti significati.