Festival di Cannes 2011 - Pagina 7

Stampa
PDF
Indice
Festival di Cannes 2011
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Pagina 7
Pagina 8
Pagina 9
Pagina 10
Pagina 11
Pagina 12
Pagina 13
Tutte le pagine

Terrence Malick (1943) non è un autore facile. Quello che presentato in concorso quest’anno è il suo quinto film in quarant’anni di carriera, una filmografia magra di titoli, ma ricca di suggestioni e spunti di discussione. Il suo primo titolo, La rabbia giovane (Badlands), è del 1973 a questo hanno fatto seguito I giorni del cielo (Days of Heaven, 1978), La sottile linea rossa (The Thin Red Line, 1998) e The New World - Il nuovo mondo (The New World, 2005), tutte opere magistrali per precisione costruzione in cui gli eventi diventavano anche pretesti per dense riflessioni filosofiche. Una caratteristica che primeggia anche in The Tree of Life (L’albero della vita) in cui solo molto sommariamente si può ridurre la trama ai ricordi di un architetto di successo, figlio di un militare autoritario e individualista. Sono tre le parti che segnano il film: una serie d’immagini della natura e della preistoria a identificare lo scorrere del tempo, la vita di una famiglia borghese nel Texas degli anni cinquanta, e i panorami di oggi sia della città dagli edifici fantascientifici, sia del sogno di equilibrio morale e religioso dell’ex – ragazzo. Quello che la regia propone allo spettatore non è un percorso facile, molti sono i punti che rimangono da chiarire, continua l’incertezza fra il ritratto storico e la predicazione biblica. Usando due divi d Hollywood, Brad Pitt e Sean Penn, questo cineasta costruisce un film che più anti - hollywoodiano non potrebbe essere. Usa a piene mani immagini della natura di grande bellezza e costruisce l’opera su una fotografia e un’attenzione per il dettaglio davvero unici. Tuttavia ciò che convince di meno è la verbosità e la relativa oscurità del discorso, quasi un piccolo saggio filosofico applicato a un mezzo, il cinema, che mal lo sopporta i discorsi teorici, come ci ricordano, ad esempio, i falliti tentativi di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn (1898 – 1948) di trarre un film da Il Capitale (Das Kapital, 1867) di Karl Marx (1818 - 1883). In altre parole un testo che imbarazza per la sua anti narratività voluta e assoluta, mascherata da romanzo autobiografico.

Dati che ritroviamo anche in Hors Satan (Fuori Satana) del francese Bruno Dumont presentato nella sezione Un Certain Regard. Questo cineasta ha sempre favorito - da L'età inquieta (La vie de Jésus, 1997) passando per L'umanità (L'humanité, 1999), Twentynine Palms (2003), Flandres (2006) e Hadewijch (2009) - il discorso religioso nel senso che i personaggi delle sue opere sono anche leggibili come metafore della fede, dal Cristo al discepolo inquieto e dubitoso. La stessa cosa avviene in quest’ultimo film in cui un misterioso personaggio, capace di resuscitare i morti e punire i malvagi, si accompagna, siamo in una regione della zona Manica, a una ragazza oltraggiata da un vicino, innamorata e pronta a fare l’amore con lui. Ogni offerta sessuale è respinta, come capita ai bravi angeli scesi sulla terra, mentre i malvagi pagano il fio delle loro colpe anche quando si tratta di semplici viandanti troppo sensibili al richiamo del sesso. Ancora una volta siamo in presenza di una fotografia che trae il meglio da un paesaggio ricco di suggestioni, ma anche di una morale e una teoria che prevalgono sul racconto. Vale la pena notare come, stranamente, nel 2010 c’è stato un film turco, Kosmos (2010), di Reha Erdem al cui centro c’era una figura di santo misterioso, molto simile a quella che compare in quest’opera.

A rimetterci in sintonia, almeno in parte con la funzione puramente narrativa del cinema è venuto Et maintenant on va ou? (e adesso dove andiamo?) opera seconda della libanese Nadine Labaki che nel 2007 aveva molto divertito con le parrucchiere di Caramel. Anche in questo caso le donne sono al centro di un discorso che ruota attorno a un piccolo paese della montagna libanese rimasto miracolosamente estraneo agli scontri interreligiosi che hanno travolto il paese. Ora, tuttavia, questa minuscola isola felice sta per essere travolta dalle tensioni fra mussulmani e cristiani. Saranno le donne, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, a ordire una sorta di congiura per riportare gli animi alla ponderazione e alla tranquillità, ma non prima di aver pagato il prezzo della morte di uno fra i migliori giovani del paese. E’ un film generoso, con qualche tratto ironico e alcune sequenze di grande bellezza. Citiamo, in particolare quella iniziale con le donne in nero che danzano il loro dolore.