Festival di Karlovy Vary 2006 - Pagina 5

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Festival di Karlovy Vary 2006
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Indián a sestřička (L’indiano e l”infermiera) di Dan Wlodarczyk è il miglior film ceco visto negli ultimi anni. A prima vista sembrerebbe l’ennesima versione del dramma di Giulietta e Romeo, se non fosse per l’originalità dei personaggi e la forza dello stile. Maria, d’origine zigana, è infermiera nell’ospedale di una cittadina di provincia. È fidanzata sin da giovanissima ad un gitano, che ha avuto successo nell’industria delle costruzioni. František è operaio in una segheria e fa parte di un piccolo gruppo d’originali che, nel tempo libero, giocano a vivere come gli indiani del west. Quando i due s’incontrano è amore a prima vista, con gli inevitabili scontri fra le rispettive comunità, i pestaggi e le minacce incrociate. La storia finisce con la separazione forzata dei due che, s’intende, non proveranno mai più una simile felicità. La forza del film è nella descrizione, senza fronzoli e con stile quasi da attualità televisiva, dei rispettivi ambienti, uniti da una comune miseria economica, ma separati da fieri pregiudizi etnici. Il taglio è forte, la storia avvincente, il film molto bello.
Il cinema ceco non è insensibile alle suggestioni del film moderno, veloce e videoclippare. Lo dimostra Restart (Ripartire, 2005) di Julius Švečik. Martin abbandona Silvie, la donna con cui vive, dopo che questa gli ha giocato un brutto pesce d’aprile. Lei, disperata, inizia a cercarlo per tutta la città, sino a ritrovarlo, il giorno dopo, in meditazione sulla tomba di famiglia. Il film è costruito sulle immagini in soggettiva che scaturiscono dalla mente della donna durante la spasmodica ricerca dell’uomo che ama e a cui ha fatto torto. E’ opera di debutto e mostra una forte carica visuale, intessuta di suggestioni da video clip e da cinema modernista. Le sequenze, irreali o reali, vissute o rivissute in base ad un’immaginaria seconda possibilità, sono costruite con pezzi brevissimi, lampi di luce, montaggio forsennato, colori freddi o caldo – notturni. Non tutto è convincente, ma lo sguardo e la mano ci sono. Aspettiamo una seconda puntata.
Il problema della droga è sempre più attuale nelle società ex – realsocialiste e lo testimonia un film come Nebýt dnešní (Non d’oggi, 2005) che Petr Marek ha realizzato ispirandosi, assieme ad un gruppo d’attori della compagnia teatrale amatoriale d’Ostrava XXXH’X XOˇXXOXX, ad esperienze di amici. Tre giovani si ritrovano in un casolare di montagna, decisi a porre fine alla loro condizione di drogati. Il film registra i loro discorsi, l’evolversi delle condizioni psicologiche e il mutare del paesaggio. Il regista usa una piccola telecamera elettronica ed il film è su supporto DVD. E’ uno dei tanti esempi di cinema amatoriale che tenta di percorrere strane nuove, ma finisce col ricopiare percorsi già imboccati da altri con risultati ben più interessanti.