10 Novembre 2014
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11°Sevilla Festival de Cine Europeo |
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In concorso al Festival è stato presentato il film portoghese che ha vinto il premio di regia del recente Festival di Locarno. Cavalo dinheiro (Cavallo soldi) di Pedro Costa si riallaccia all’ultimo della sua trilogia (Ossos, No quarto de Wanda, Juventude en marcha) e dell’ultimo ripropone il protagonista, Ventura, capoverdiano che vive a Lisbona nel quartiere di immigrati di Fontainhas. A cavallo tra la rivoluzione dei garofani e l’attuale crisi, il film presenta un uomo in età avanzata, tentennante e malato di nervi, che è ricoverato, assistito da connazionali che con lui hanno condiviso la lotta per la libertà. Sfiancato da anni di clandestinità, le mani tremolanti, Ventura tuttavia mostra una sorprendente lucidità, turbata però dal peso dei ricordi e di situazioni non risolte. Ha perso tutto, incluso il cavallo che dà il titolo al film, ma è rimasto integro nei suoi convincimenti. Il film dura centoquattro minuti, mostra gli aspetti più degradati del quartiere, fabbriche dismesse e fatiscenti, scantinati e gallerie senza luce, vicoli insicuri. Ripreso essenzialmente di notte, con immagini non prive di suggestioni, il film si affida a un personaggio con alle spalle una storia di povertà e di lavoro logorante, il quale si sente spinto a rispondere a tanti interrogativi che sorgono dal suo passato, convinto però che ormai vita e morte si equivalgano. Nella seconda parte viene ripresa la disanima col soldato sconosciuto in uno spazio chiuso, iniziata nel film precedente. Interpreti: Ventura, Vitalina Varela, Tito Furtado.
In concorso anche un film che era nella Semaine de la critique a Cannes, la produzione franco-israeliana Haganenet (Maestra d’asilo) di Nadav Lapid, secondo film dopo il premiato Policeman del 2011. E anche qui come nel film portoghese si potrebbe dire che l’inferno è tutto nella testa della protagonista. Siamo a Tel Aviv ai nostri giorni e i fantasmi che si agitano nella mente di Nira, felicemente sposata e madre di due adolescenti, nascono dall’incontro col piccolo Yoav, capace a cinque anni di brevi e sorprendenti componimenti poetici. Il padre è un uomo d’affari, sua madre se ne è andata, la giovane governante utilizza i suoi testi declamandoli in un cabaret. Anche lei ne approfitta citandoli durante sedute di poesia tra gli insegnanti della scuola, ma sa che il padre vuol fare di Yoav un uomo d’affari, e che l’ispirazione poetica del bambino potrebbe esaurirsi presto. Quindi farà di tutto per sottrarlo alla tutela della governante, ma la sua convinzione la spingerà a soluzioni estreme. Interpretato da Sarit Larry e dal piccolo Avi Shnaidman, il film è una cronaca lunga due ore di un desiderio di protezione trasformatosi in ossessione.
Nella sezione Nuevas Olas, il terzo film del catalano Pere Vilà Barcelò La fossa, ambientato alcune settimane dopo la morte di Franco. Josep, ultraottantenne ricoverato in un ospizio per anziani, sentendo alla radio la notizia del ritrovamento di una fossa comune nella zona dove si era combattuta la battaglia dell’Ebro, scappa dalla clinica e s’inoltra nei boschi immettendosi su sentieri percorsi durante la guerra civile. Rivive nella memoria l’incontro burrascoso con la moglie dopo vent’anni di clandestinità, quando di ritorno dalla Francia la ritrovò sposata e madre di due figli, poi si riconcilia con quei luoghi dove vorrebbe concludere la sua esistenza. E farà di tutto per sfuggire agli infermieri che lo stanno cercando. Interpretato da Alex Monner, Emma Vilarasau e Lluis Homar, novanta minuti in bianco e nero, il film tenta una riflessione sulle fosse comuni della guerra civile, luoghi di vite troncate, di drammi dolorosi, di vicende sospese e di immense frustrazioni.
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