26° Trieste Film Festival

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www.triestefilmfestival.it/

Il 26° Trieste Film Festival naviga a gonfie vele. All’inaugurazione è stata accolta da calorosi applausi l’anteprima di Dve Zensciny (Due donne) della russa Vera Glagoleva, film tratto dalla pièce teatrale Un mese in campagna (Mesjac v Derevne, 1855 - 72) di Ivan Turgenev (1818 – 1883) interpretato da Anna Astrachanceva e Ralph Fiennes.

In concorso è stato presentato un rigoroso film greco, duro, essenziale, che mette a nudo una modernità intrisa di aridità emotiva. Sto Spiti (A casa), quinto film di Athanasios Karanikolas, si apre con un’immagine di luce e di sole, da una veranda sul mare dove il profilo di una donna si staglia su un cielo turchino. Nella moderna casa sulle colline di Maratona, davanti al mar Egeo, incontriamo Nadja, l’anima della casa, che ha passato la quarantina e che da vent’anni ha sempre devotamente servito la famiglia. Era presente quando Iris, la figlia di Evi, cominciava a pronunciare le prime parole e c’era anche quando perse il secondo figlio. Stefanos, il marito di MV5BNTg1MjY3OTE4NV5BMl5BanBnXkFtZTgwMDAyMjc3MTE. V1 SY317 CR40214317 AL Evi, è un professionista che permette alla famiglia una vita agiata, anche in tempi di crisi. Si direbbe una famiglia compatta formata da quattro persone. Una mattina Nadja avverte un vuoto alle ginocchia: un giramento di testa e una caduta. Stefanos la manda da uno specialista, amico suo. La risonanza magnetica alla testa e alla colonna vertebrale certificano che è iniziato un processo degenerativo. Ciononostante Nadja continua a lavorare con tenacia e a incontrare un amico col quale si confida. Segno dei tempi, però, Stefanos non può accettare l’idea di avere in casa una persona malata. Seppure Evi tenti di difendere l’appartenenza di Nadja alla famiglia, il marito decide di offrire alla donna una somma di denaro e di trovarle un’altra occupazione. E’ un film di cento tre minuti, di estrema eleganza formale, incentrato sulla misurata e sensibile interpretazione di Maria Kallimani che riesce a denunciare senza urla una situazione di disagio, di calcoli meschini e di perdita di dignità. Lo fa in una sorta di apnea, in maniera fredda e pacata, ma non per questo meno terribile, alla luce del sole durante un’estate dai grandi orizzonti dove l’egoismo trionfa sui sentimenti più elementari.
Prodotto da Polonia, Italia e Russia, il nuovo film di 117 minuti di Krzysztof Zanussi, Obce cialo (Corpo estraneo) qui visto in anteprima italiana dopo il passaggio al Festival di Toronto. Alla proiezione era presente il regista, che ha partecipato anche a una affollata masterclass. Il film illustra i guasti del ritrovato benessere della sua nazione.  Italia, davanti al mare d’estate, su una spiaggia solitaria, Angelo (Riccardo Leonelli) e la polacca d30439d2b442d33e109f5e14929cda11Kasia (Agata Buzek) sembrano costituire una coppia perfetta. Si sono incontrati nel Movimento dei Focolari e la fede in Dio li ha uniti. Ora, però, Kasia ha deciso di tornare in Polonia e di entrare in convento. Per restarle accanto in qualche modo, Angelo accetta un lavoro in una azienda polacca diretta da una giovane donna cinica che trae godimento soltanto dalla disgrazie altrui. La multinazionale diventa una trappola per Angelo. Assillato dal padre di Kasia che non vuole che la figlia prenda i voti, provocato sessualmente e schernito dalla dirigente che gli tende trappole fino a mandarlo in carcere durante un viaggio di lavoro in Russia, Angelo si salva grazie alla sua fede e all’influenza di conoscenti importanti. E’ un film importante sul miracolo economico polacco e sui mali che derivano a chi avendo successo e potere crede di potersi permettere qualsiasi libertà. Il regista ha voluto ribadire il suo credo nell’impegno e nella coerenza della fede; descrive la quotidiana lotta tra il bene e il male, illustrando casi estremi, ma non sembra credere in redenzioni e mutamenti perché tutti i suoi personaggi, nel bene e nel male, restano fedeli a sé stessi.