55° Thessaloniki Film Festival 2014 - Pagina 2

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55° Thessaloniki Film Festival 2014
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MV5BNjg5NDkxNDc2MV5BMl5BanBnXkFtZTgwOTM0NDMzMjE. V1 SY1200 CR10506301200 AL Il secondo film in concorso al Festival è stato Plemya (La tribù), primo lungometraggio del quarantenne ucraino Myroslav Slaboshpytskiy, autore di cinque cortometraggi premiati in molte rassegne. Un’opera insolita perché ambientata nel mondo della lingua dei segni. Il film non utilizza la parola, né ha bisogno di traduzioni e sottotitoli. La tribù indica un universo circoscritto, quello dei sordomuti, che costituiscono una sorta di gruppo speciale in seno alla comunità cittadina. In particolare si riferisce ad alcune bande di adolescenti che operano all’ombra di un istituto per sordomuti. Il film si apre con l’arrivo di un nuovo studente che sembra applicare i comportamenti delle caserme. Più recluta che studente, il giovane viene subito maltrattato dai compagni. Gli tolgono tutti i soldi e lo adoperano per piccoli traffici. Quando sono organizzati incontri di pugilato, il giovane riesce a farsi valere e ad entrare nella gang. Scopre non solo traffici illeciti, ma anche furti, violenze e, in combutta con l’insegnante di laboratorio che è anche l’amministratore e l’autista dell’istituto, sortite notturne nelle quale due ragazze vengono scortate nella zona sosta dei Tir dove si prostituiscono. Le adolescenti lo fanno a cuor leggero, ma quando il giovane s’innamora di una di loro, cominciano i guai. Dopo il primo rapporto sessuale, il ragazzo vieta alla donna di andare con altri uomini, costringendo gli studenti a toglierli l’incarico. A causa sua, la ragazza va incontro ad altri guai, ma appena lei compie diciott’anni, l’insegnante gli fa ottenere il passaporto e anche un visto per l’Italia. A questo punto il giovane va fuori di testa e programma una cruenta vendetta. Sicuramente un regalo per i sordomuti e anche per lo spettatore comune, che resta sorpreso dell’inutilità dei dialoghi in un film di 130 minuti che scorre senza intoppi. Il dramma è servito nel più completo silenzio, senza parole, né musica o senza nomi. Pur sprovvisto di clamori mette in evidenza comportamenti efferati che esplodono con fragore.
7c1abbf6bce1813ed08b31d27dbd29b8Singolare un altro film in concorso, Urok (La lezione) dei bulgari Kristina Grozeva e Petar Valchanov al loro debutto dopo un paio di corti. Ancora un istituto, questa volta una normale scuola superiore, nella provincia bulgara. In seguito a un piccolo furto in una classe delle medie, l’insegnante di inglese dice agli allievi che chi ha commesso il furto deve avere il coraggio di ammetterlo. Lo sostiene e desidera che i ragazzi capiscano, perché lei è onesta, leale e precisa in tutte le sue cose. Il marito però è un incapace, e ne ha conferma quando rischia di veder pignorata la casa perché lui invece di pagare le bollette, per mesi ha investito i soldi nel suo camper. A questo punto il film assume i toni del thriller perché la donna deve assolutamente trovare i soldi in un breve lasso di tempo, e deve farlo secondo coscienza come ha sempre insegnato ai suoi allievi. Purtroppo il marito non fa che complicare la situazione. Il padre potrebbe aiutarla, ma dopo la morte della madre si è messo con una poco di buono e hanno rotto i ponti. Non gli resta che lo strozzino, e ne incontra uno che più cravattaro di così non si può e si caccia in un mare di guai. A questo punto capisce che una cosa è l’insegnamento dell’etica, un’altra cosa la risoluzione dei problemi quotidiani. Superbamente interpretato da Margita Gosheva, e bravi anche tutti gli altri, il film dura centocinque minuti accattivandosi l’attenzione del pubblico in una sarabanda di alti e bassi di una donna di carattere che ha deciso di venire a capo del problema senza sottomettersi, né umiliarsi. Non è facile, per riuscirci dovrà rivedere le sue convinzioni.