Festival di Cannes 2010 - Pagina 9

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Festival di Cannes 2010
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Gioco equo
Gioco equo

 

Cannes 9 - Giovedì 20 maggio 2010

E' noto che il cinema americano ha la straordinaria capacità di trasformare cronaca, problemi sociali, temi politici in forme di spettacolo a vasta diffusione. Lo conferma Fair Geme (Gioco equo) di Doug Liman, presentato oggi in concorso. Lo spunto del film, tratto dai libri Fair Game di Valerie Plame e The Politics of Truth (La politica della verità) di Joseph Wilson, nasce dal cosiddetto affare Plame – Wilson. Vale a dire la vicenda dell'agente della CIA Valerie Plame il cui nome, indirizzo e numero di telefono furono dati in pasto alla stampa il 14 luglio 2003 da una Casa Bianca infuriata parchè suo marito, l'ex- ambasciatore Joseph Wilson, aveva scritto un articolo, pubblicato dal The New York Times, che smentiva la versione di George W Bush secondo cui l'attacco all'Iraq di Saddam Hussein era giustificato dal fatto che quel regime stava preparando la bomba atomica. Le prove dovevano essere sia l'acquisto in Cina di una partita di tubi d'alluminio destinati, si diceva, all'arricchimento dell'uranio, sia l'acquisto, dal Sudan, di una consistente partita di minerale da destinare al progetto. Entrambe le notizie risulteranno, in seguito, del tutto prive di fondamento: i tubi metallici erano destinati ad altri usi militari e l'acquisto dell'uranio grezzo non era mai avvenuto. Da queste due falsità nascerà la frenesia con cui l’intelligence americana si dedicherà alla ricerca, senza esito, dei depositi di armi di distruzione di massa dopo l'occupazione di Baghdad. Il film ricostruisce minuziosamente gli scontri fra CIA e Casa Bianca, le operazioni di disinformazione e calunnia messe in atto contro l'ex – agente e suo marito, il pesante clima instaurato dagli uomini dell'amministrazione, molti dei quali trarranno lauti proventi personali dalla seconda guerra irachena. Sono materiali scottanti, messi in scena in modo drammaturgicamente adeguato secondo una tradizione di denuncia che è nel DNA del cinema Usa. Detto questo, bisogna anche aggiungere che non si riescono a comprendere le ragioni, a parte quelle divistiche, che hanno spinto gli organizzatori del Festival a inserire un film di buona qualità mercantile, ma pur sempre commerciale, nel cartellone del concorso. Da vedere con calma.

 

Lo zio Boonmee, quello che ricordava le sue vite precedenti
Lo zio Boonmee, quello che ricordava le sue vite precedenti

 

Apichatpong Weerasethakul è uno dei pochi cineasti tailandesi ed anche fra i rari autori capaci di piegare il cinema al sopranaturale, alla favola, al mondo dei fantasmi. Il suo ultimo film, Loong Boonmee raleuk chat (Lo zio Boonmee quello che ricordava le sue vite precedenti), racconta di un anziano malato di diabete che decise di andare a morire in campagna. Durante l’agonia, assistito da una parente zoppa e da un lavoratore laotiano, rincontra la moglie morta da anni, rivede il figlio sotto forma di grande scimmia dagli occhi rossi, parla del passato e del mondo che lo attende. C’è anche tempo per la storia di una brutta principessa, amata da uno schiavo, che gode dei servizi, anche sessuali, di un pesce gatto. Nell’ultima parte, dopo la morte del malato, il film vira alla contemporaneità con una serie d’immagini fisse che raffigurano uomini armati in tuta mimetica e con la ministoria della donna che l’ha assistito e del monaco che ne ha celebrato il funerale. Nell’estremo finale questi due personaggi si sdoppiano: due di essi rimangono a guardare la televisione che parla di violenza e di guerra e due vanno al ristorante. Da queste semplici note, che non esauriscono le molte sorprese che attendono lo spettatore durante poco meno di due ore di proiezione, si sarà capito che siamo alla presenza di un’opera in cui la metafora e l’esplosione fantastico - fiabesca la fanno da patrone. Del resto così era anche in Sud sanaeha (Devotamente vostro, 2002) visto qui a Cannes otto anni or sono. E’ un tipo di cinema sicuramente personale e di non facile lettura, poiché vi confluiscono moltissimi elementi specifici, come quelli tipici del pensiero religioso che crede alla trasmigrazione dell’anima fra gli uomini, le piante, gli animali e i fantasmi. In ogni caso è un film sicuramente da festival, uno dei pochi di questo tipo visti sino ad ora.

 

Rebecca H (Ritorno ai cani)
Rebecca H (Ritorno ai cani)

 

Il programma della sezione Un Certain Regard ha presentato una giornata del tutto negativa. Si è iniziato con Rebecca H. (Return to the Dog) - Rebecca H (Ritornano ai cani) - dell’americano Lodge Kerrigan che in settantacinque minuti, che paiono ore, racconta i triboli, le difficoltà e lo spiazzamento di un’attrice che sta interpretando un film diretto dallo stesso regista. Il materiale stampa parla di Pailhas Gerladine interpreta il ruolo della cantante Grace Slick dei Jefferson Airplane. Una storia che ruota attorno alla relazione di Grace Slick e una donna affascinata dalla star del rock. Confessiamo candidamente che vedendo il film non lo avevamo capito.

 

Simon Werner è sparito …
Simon Werner è sparito …

 

E’ andata appena meglio con il secondo titolo presentato oggi dalla sezione: Simon Werner a disparu … (Simon Werner è scomparso...) del francese Fabrice Gobert. In un liceo la scomparsa di uno studente sollecita molte ipotesi e altrettanti possibili scenari, sino alla soluzione del mistero che si rivela quanto mai banale. E’ un film d’imitazione americana che, in realtà, non aveva titolo per essere presente al Festival.