Festival di Setubal 2010

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Festival di Setubal 2010
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sito ufficiale: http://www.festroia.pt/
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Il Festival di Setubal, detto anche Festroia dal nome della penisola sabbiosa antistante alla cittadina portoghese in cui ha mosso I primi passi, è una manifestazione specializzata riservata ai paesi che producono meno di una trentina di film l’anno. All’inizio non è stato facile organizzare un cartellone di buona consistenza poiché nel 1985, anno della prima edizione (quella attuale è la ventiseiesima), non erano molte le nazioni con una produzione cinematografica tanto contenuta. Tuttavia sia gli eventi storici – frantumazione della Jugoslavia, separazione fra Repubblica Ceca e Slovacca, perdita di territori da parte dell’Unione Sovietica con conseguente nascita di molte nuove nazioni – e la crisi mondiale del settore hanno reso il campo di scelta particolarmente ampio. Queste considerazioni a parte rimane che la sezione principale - cui se ne affiancano varie altre, dedicate al cinema e l’ecologia, le opere prime, gli indipendenti americani, il cinema della Resistenza – è oggi un punto di riferimento importante per intere arre, come quella dei paesi del nord dell’Europa. E’ da qui che spesso sono venute le opere più interessanti e che anche quest’anno, per limitarsi alla sola sezione competitiva, provengono ben cinque titoli fra i quattordici che si contenderanno il Delfino d’Oro.
Nel mondo delle meraviglie
Nel mondo delle meraviglie
Uzemlji cudesa (Nel mondo delle meraviglie) del croato Sorak Dejam affronta uno dei lasciti più drammatici delle guerre che hanno accompagnato la dissoluzione della Jugoslavia, quella dell’uso, da parte della NATO, di proiettili a base di uranio impoverito, lo stesso munizionamento il cui uso è stato definito, nel 2001, crimine di guerra dalla procuratrice internazionale Carla del Ponte. In un terreno vago, nell’ovest della Bosnia Erzegovina, la novenne Alica raccoglie, assieme allo zio Valentin, frammenti di bombe e grandi bossoli di armamento per cannoni. Fanno questo pericoloso lavoro per sopravvivere in qualche modo alla miseria e alla fame. La maledizione dei proiettili a uranio impoverito ha colpito anche loro. Quando i medici diagnosticano il cancro a entrambi per l’adulto, è ormai troppo tardi, mentre per la giovinetta ci potrebbe essere ancora qualche speranza, ma la cura è costosissima e si pratica sono in ospedali specializzati. La madre, per raccogliere il denaro necessario, va a prostituirsi in Germania, ma anche questa scelta si risolverà in un fallimento. Solo l’incontro con un ex – militare, solitario e miserabile, aprirà uno spiraglio di luce per la guarigione della piccola, che avverrà a prezzo della vita dell’ex – combattente. Sin dal titolo il film richiama il libro di Lewis Carroll (Charles Lutwidge Dodgson, 1832 – 1898) Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie (Alice's Adventures in Wonderland, 1865) con un bel po’ di fantasia in meno e una buona dose di protesta sociale in più. Indignazione per le conseguenze di una guerra in cui non è stata rispettata neppure l’incolumità dei propri combattenti – sono centinaia i casi di militari ammalatisi di cancro causato dal contatto con questo tipo di ordigni – si accompagna una visione cupa del futuro, simboleggiata dai paesaggi lunari in cui si sviluppa la prima parte della storia. Un avvenire su cui peseranno per decenni le conseguenze di un conflitto che ha visto gli esseri umani trasformati in belve preoccupate solo della propria sopravvivenza. E’ un’operazione civilmente nobile, ma non sorretta da un’adeguata capacità del linguaggio filmico. E’ un’opera generosa, ma di fragile struttura espressiva.
Metastasi
Metastasi
Metastaze (Metastasi) del croato Branko Schmidt ritorna sul doloroso tema delle terribili conseguenze della guerra che ha lacerato l’ex – Jugoslavia. Qui siamo in Croazia, con al centro della storia quattro amici, tutti ex – combattenti e supporter arrabbiati della Dynamo, che formano una banda di teppisti feroci e grandi consumatori di alcol e droghe. Sia Filip, un ex tossicomane ritornato a casa dopo tre anni di soggiorno all’estero ove si è disintossicato, sia Dejo che arriva sino a spingere la propria ragazza a prostituirsi per procurargli la droga, sia Kizo che ha trovato nel fanatismo calcistico una strada per scaricare la rabbia che lo divora, sono figure perdute. Sono anime votate alla dissoluzione e all’annientamento morale. Nulla di nuovo sotto il sole, in particolare quello dei paesi ex – socialisti in cui i giovani vivono avendo a disposizione ben pochi punti di riferimento morale. Se a questo si aggiunge un raccontare fatto di macchina da presa portata a mano e perennemente traballante, spesso produttrice d’inquadrature demenziali, si ha il senso di un film, forse, interessante dal punto di vista sociologico, ma ben poco meritevole da quello stilistico.
Una famiglia
Una famiglia
En familie (Una famiglia) della danese Pernille Fischer Christensen è, a un tempo, un affresco di una grande famiglia di panificatori d’origine tedesca e il tragico quadro di un’agonia. I Rheinwalds sono panificatori da quattro generazioni, fornitori della Real Casa e gelosi custodi della perfezione dei loro prodotti. Rikard è l’ultimo a dirigere l’azienda con i metodi e la serietà’ di un tempo. Quando gli diagnosticano un cancro in fase terminale, si trova davanti al dilemma di chi scegliere come suo successore. La scelta cade su Ditte, esperta d’arte e compagna di un promettente artista, che ha appena ricevuto l’offerta di un lavoro di grande respiro a New York e che, proprio negli stessi giorni, scopre di esser incinta. Ora lei deve scegliere: la carriera o la famiglia, il lavoro che ama e in cui si realizza o la tradizione aziendale. Finirà’ per tentare di conciliare tutto anche se a prezzo di grandi sforzi. L’intera seconda parte del film è polarizzata dalla rappresentazione dell’agonia, sino alla morte e al pranzo funerario. Il film è preciso nel dettagli, ossessivo nella rappresentazione dei momenti dolorosi, macabro nella raffigurazione della fine della vita. Si nota persino un certo compiacimento in questa quadro funebre e questo a scapito della precisione delle psicologie o la chiarificazione dei conflitti. In altre parole è un film preciso, ma poco originale che rappresenta la morte senza indagare i sentimenti che lo accompagnano nell’animo di chi rimane.