Definire il lavoro di Pippo Delbono non è cosa semplice. Le sue proposte fanno sicuramente parte di quello che si suole catalogare come teatro d’avanguardia, ma hanno forti agganci anche con le performance degli artisti figurativi, così come non gli sono estranei gli interventi diretti sulla struttura sociale. Lo conferma questo Urlo in cui si mescolano marce militari, processioni, signore che rispondono a linee di telefono erotico, crocifissioni, scene da musical ambientato in una spiaggia anni cinquanta, citazioni delle poesie d’Allen Ginsberg (autore del poema da cui lo spettacolo prende il titolo) e dalla Ballata del carcere di Reading d’Oscar Gilde. Il tutto riversato su un vasto palcoscenico contornato da una scenografia che richiama qualche cosa a mezzo fra la bidonville e il quartiere popolare. Il filo conduttore è nella ferocia del potere colto nelle sue varie forme politiche, religiose, famigliari. La scena è popolata progressivamente da figure mostruose: religiosi, militari, re e regine da baraccone, sinistri personaggi partoriti dal mondo dei media.