Amleto ···

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Amleto ···

ImageNegli Stati Uniti ogni anno gli studenti universitari scrivono qualche centinaio di tesi su Amleto. E’ un dato che la dice lunga sull’importanza, la complessità e i possibili molteplici livelli di lettura insiti in questa tragedia, da molti considerata il capolavoro dell’arte di William Shakespeare. La versione che ne propone Elio De Capitani, seconda dopo di quella della stagione 1994 – 95, segue la traduzione – adattamento che Cesare Garbali ha curato, nel 1989, per Carlo Cecchi, partendo dalla più tarda versione del testo, quella del 1623. Lo spettacolo riserva grande attenzione ai personaggi e, di conseguenza, al lavoro degli attori. Usa una scenografia essenziale, al limite dell’inesistente e varie sfumature rivolte alla filologia del teatro dell’epoca: l’attore maschile che recita una parte femminile nello spettacolo che Amleto offre allo zio usurpatore, il siparietto comico – in verità molto brutto – dei becchini che stanno seppellendo Ofelia. Il risultato è un grande lavoro teatrale costruito su basi fragili, quasi un vorticoso girare a vuoto.

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Finale di partita ···

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Finale di partita ···

ImageSamuel Beckett scrisse Finale di partita (Fin de partie) fra il 1955 e il 1957, data della prima rappresentazione (Londra, Royal Court Theatre, 3 aprile). Il titolo di quello che sarà ricordato fra i grandi capolavori dello scrittore irlandese, nasce dal gioco degli scacchi le cui partite si dividono in tre fasi: apertura, mediogioco e, appunto, un fine di partita. Qui il momento conclusivo è assunto come termine del percorso dell’umanità, tanto che, non a caso, questo testo è stato sempre accostato all’immagine di un mondo postatomico in cui sopravvivono solo desolazione ed esseri umani monchi. Tali sono Hamm, un vecchio cieco e paralizzato giunto al termine dell’esistenza, e il suo servitore Clov che si muove continuamente per rispondere agli ordini, spesso insulti e sempre capricciosi, del padrone. In un angolo ci sono due bidoni con dentro i resti del padre e della madre del signore, monconi umani che emergono dall’angusta prigione solo per chiedere cibo o ricordare i tempi passati.

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Il Misantropo ···

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Il Misantropo ···

ImageJean-Baptiste Poquelin (1622 - 1673), detto Molière, scrisse il Misantropo nel 1666, in un momento difficile della vita. Il Tartufo è ancora bloccato dalla censura e sta andando a rotoli il suo matrimonio con la giovane Armande Bejart, che molti sostengono essere figlia della sua prima amante, Madeleine, anche se nei documenti ufficiali risulta esserne la sorella. Il testo ha, dunque, varie venature autobiografiche e, molto probabilmente, l’autore s’identificava con quest’intellettuale duro e puro che si ritira dal mondo nauseato dalle cortigianerie e dai bassi intrighi. Roberto Guicciardini propone una versione in panni moderni dell’opera, quasi non vi sia soluzione di continuità fra il diciassettesimo secolo e il ventunesimo. E' un'operazione azzardata che non può essere risolta con qualche battuta sui ricchi che fanno politica e si costruiscono leggi a proprio favore.

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Black out - 3 gialli… al buio ···

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Black out - 3 gialli… al buio ···

ImageMorte di un commesso viaggiatore (Death of a Salesman, 1949) è il testo d’Arthur Miller più conosciuto e rappresentato. In campo cinematografico e televisivo si contano ben sette edizioni, che vanno da quella classica del 1951, regia Lázló Benedek interprete Fredric March, sino a quella sontuosamente televisiva diretta, nel 1985, da Volker Schlöndorff e interpretata da Dustin Hoffman. Marco Sciaccaluga, interprete Eros Pagni, ne propone una versione che contraddice molti fra gli approcci precedenti tesi concretamente sul versante sociale, sino a farne una sorta di requiem del sogno americano. Questa volta, invece, l’accento è posto sulla psicologia dei personaggi, in particolare sulla figura principale, disegnando il quadro di una nevrosi, indotta sì da precisi miti economici, ma sostanzialmente intrinseca alla mente del protagonista. Entra così in primo piano la psicologia dell’anziano commesso viaggiatore, convinto di essere un uomo di successo, che si uccide, quando la forza dei fatti lo mette davanti allo sfocio della famiglia e la miseria, morale e materiale, della sua vita.

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Cammina cammina, Pinocchio ····

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Cammina cammina, Pinocchio ····

ImageLe differenze fra questa messa in scena del celeberrimo libro di Carlo Collodi e quella che lo stesso Tonino Conte propose nel 1994, sono così marcate da rendere i due spettacoli quasi imparagonabili. La proposta precedente, concepita per un classico spettacolo da palcoscenico, era coloratissima e ottimista, questa tende al grigio ed è percorsa da una voglia di normalità che sconfina nel pessimismo. Pinocchio è uno di quei libri che non cessano mai di stupire e che consentono la scoperta di continue, nuove chiavi di lettura. E' un universo interpretativo in cui, fra gli altri, vivono due filoni, uno opposto all’altro. C’è chi vede in Pinocchio un inno alla normalizzazione, con il bambino ribelle che, perbenisticamente, è indotto a diventare un ragazzo disciplinato, condizione indispensabile per essere accolto in una società molto gerarchicizzata. Sul versante opposto, c’è chi legge il libro come un testo, se non anarchico, quasi rivoluzionario, in cui si esalta la bellezza della ribellione e dell’irregolarità rispetto a dominio delle norme e al dovere piccolo borghese.

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Morte di un commesso viaggiatore ····

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Morte di un commesso viaggiatore ····

ImageMorte di un commesso viaggiatore (Death of a Salesman, 1949) è il testo d’Arthur Miller più conosciuto e rappresentato. In campo cinematografico e televisivo si contano ben sette edizioni, che vanno da quella classica del 1951, regia Lázló Benedek interprete Fredric March, sino a quella sontuosamente televisiva diretta, nel 1985, da Volker Schlöndorff e interpretata da Dustin Hoffman. Marco Sciaccaluga, interprete Eros Pagni, ne propone una versione che contraddice molti fra gli approcci precedenti tesi concretamente sul versante sociale, sino a farne una sorta di requiem del sogno americano. Questa volta, invece, l’accento è posto sulla psicologia dei personaggi, in particolare sulla figura principale, disegnando il quadro di una nevrosi, indotta sì da precisi miti economici, ma sostanzialmente intrinseca alla mente del protagonista.

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Mercenari S.p.A. ····

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Mercenari S.p.A. ····

ImageMercenari S.p.A. d’Alessandra Vannucci e Laura Sicignano, che cura anche la regia, è costruito come un mosaico fatto di frammenti di vicende, informazioni, note politiche, osservazioni sociali dedicate ad uno dei cancri del mondo moderno: quello degli eserciti privati. Le grandi potenze e molti stati dittatoriali hanno scoperto che si possono evitare molti fastidi legalitari - come il rispetto dei diritti umani, le accuse di genocidio e al ricorso sistematico alla tortura - impiegando, anziché eserciti regolari, soldati privati prontamente ed efficacemente forniti da aziende che fatturano centinaia di miliardi e che, spesso, sono di proprietà d’importanti uomini politici. Le due autrici hanno lavorato a lungo per mettere assieme un materiale imponente, da cui hanno tratto brani indicativi che vanno dai metodi di reclutamento, agli ingaggi milionari, ai crimini impuniti, alle responsabilità personali.

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Teo Teocoli show ····

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Teo Teocoli show ····

ImageTheo Teocoli è un grande uomo di spettacolo. Lo è per il modo in cui vive il palcoscenico in modo totale, trasformando anche piccoli incidenti di sala in occasioni per affabulare, inventare, divertire il pubblico. Una forza di rappresentazione basata sulla mobilità del corpo, la capacità di assimilare i vezzi degli altri, usare la voce come un vero strumento musicale. Basta vedere le sue imitazioni di Maurizio Costanzo o Cesare Maldini, più vere del vero, per cogliere appieno la forza di questo teatrante. Sono doti che emergono anche in Teo Teocoli show (Non ero in palinsesto), uno spettacolo diviso in due parti, come già lo era Sono tornato normale, show (2004). Il primo tempo è rivolto al racconto, impareggiabile per finezza e capacità di cogliere i dettagli essenziali, della infanzia e giovinezza del narratore. E’ una carrellata autobiografica che diventa citazione del patrimonio di memoria comune per centinali di spettatori.

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Tramelogedia da Abele o la tragedia del ridere in rima ····

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ImageVittorio Alfieri (1749 – 1803) è considerato il maggior autore tragico del Settecento italiano, un’epoca di vasti sommovimenti sociali culminati nella rivoluzione francese del 1789. Proprio questo clima e il carattere aulico della sua prosa lo hanno tenuto lontano a lungo dai palcoscenici italiani. In pratica è stato solo Vittorio Gassmann che, alla metà degli anni cinquanta, ha messo mano ad una delle sue opere: Oreste, scritto nel 1779. Tonino Conte proporne ora Abele, una tramelogedia in versi, musica e canto, terminata fra il 1796 e il 1798, ma iniziata – con il titolo Caino – gia nel 1782. La lettura proposta si regge su uno straordinario equilibrio fra retorica, ironia e malinconia. La vicenda di Adamo, Eva e dei loro figli Abele e Caino, il secondo dei quali uccide il fratello passando alla cronaca mitologica come il primo assassino della storia, è vista nell’ambito di una congiura infernale cui prendono parte il Demonio, il Peccato e l’Invidia, d’accordo per corrompere la serenità della prima famiglia umana.

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La gente vuole ridere...ancora ····

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La gente vuole ridere...ancora ····

ImageVincenzo Salemme, una delle voci più interessanti del teatro comico italiano, riprende in mano uno spettacolo già proposto nel lontano 1993. Lo fa aggiornandolo appena e mantenendone intatta la sostanza. La gente vuole ridere …ancora ha una struttura narrativa flebile, quasi inesistente: un gruppo d’attori si ritrova chiuso in un teatro in disuso, ospiti di una misteriosa contessa che chiede loro di continuare a recitare per il suo personale piacere. E’ il pretesto per inanellare una serie di situazioni e personaggi che vanno dal postino che parla in modo incomprensibile, alla sarta gay, al capocomico che vive in un loculo, all’uomo sanissimo che beneficia di una pensione d’invalidità, al mago imbroglione e via elencando.

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