Negli Stati Uniti ogni anno gli studenti universitari scrivono qualche centinaio di tesi su Amleto. E’ un dato che la dice lunga sull’importanza, la complessità e i possibili molteplici livelli di lettura insiti in questa tragedia, da molti considerata il capolavoro dell’arte di William Shakespeare. La versione che ne propone Elio De Capitani, seconda dopo di quella della stagione 1994 – 95, segue la traduzione – adattamento che Cesare Garbali ha curato, nel 1989, per Carlo Cecchi, partendo dalla più tarda versione del testo, quella del 1623. Lo spettacolo riserva grande attenzione ai personaggi e, di conseguenza, al lavoro degli attori. Usa una scenografia essenziale, al limite dell’inesistente e varie sfumature rivolte alla filologia del teatro dell’epoca: l’attore maschile che recita una parte femminile nello spettacolo che Amleto offre allo zio usurpatore, il siparietto comico – in verità molto brutto – dei becchini che stanno seppellendo Ofelia. Il risultato è un grande lavoro teatrale costruito su basi fragili, quasi un vorticoso girare a vuoto.