Festival di Cannes 2009 - 3° giorno

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Festival di Cannes 2009
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Venerdì 15 maggio – Terzo giorno
La vasca dei pesci
La vasca dei pesci
Non è una novità che i Festival di cinema non amino i film di commedia e li premino molto raramente. La predilezione, infatti, va ai drammi e alle tragedie. La 62ma edizione del Festival di Cannes ha confermato in pieno questa tendenza aprendo con due titoli particolarmente cupi non di potrebbe. Fish Tank (La vasca dei pesci) porta la firma dell'inglese Andrea Arnold che aveva ottenuto qui, nel 2006, il Premio della Giuria con Red Road (Strada Rossa). L'ambiente è quello della periferia di una media città inglese (il film è stato girato nel Kent) ove una quindicenne, che vive con la madre single e la sorella minore, si scontra continuamente con le coetanee, anela a liberare una vecchia giumenta che un gruppo di gitani tiene legata ad un masso, sfugge la scuola e qualsiasi impegno civile. Le cose precipitano quando la madre si porta in casa un bel giovanotto che, lo scopriremo alla fine, è sposato con prole. L'uomo non disdegna le grazie della ragazzina, ma l'abbandona dopo averla sedotta. Furiosa la giovane gli rapisce la figlia per qualche ora, quindi sembra avviarsi ad una vita più regolare al fianco di uno degli zingari. Il film non dice nulla di nuovo, tenuto conto che sono molte le opere proposteci dal cinema britannico dedicate alle difficili condizioni e al degrado morale di molti giovani di quel paese. I momenti di maggiore novità vengono dall'interpretazione intensa della debuttante Katie Jarvis e da uno sguardo freddo e lucido sulla periferia di una grande città segnata da un'abdicazione pressoché totale di ogni valore e senso di solidarietà.
Sete
Sete
Se quello d'apertura della competizione è stato un film ruvido, il secondo lo è stato ancora di più. Bak-jwi (Sete – Questo è il mio sangue) del sudcoreano Park Chan-Wook è un film di vampiri con al centro un prete cattolico che, causa un misterioso virus che sta devastando l'umanità, si trasforma in non morto. Come nella migliore tradizione contagia anche una donna che diventa la sua complice e amante. Già in passato questo regista aveva mostrato una forte predilezione per le immagini e le sequenze crude, ributtanti e violente, come testimoniano Oldboy (2003) e Chinjeolhan geumjassi (Lady Vendetta, 2005). Questa volta,sembra essere andato oltre, con sangue che zampilla a flotti, vomito in abbondanza, aggressioni e uccisioni a ripetizione. Ciò che resta è un senso di vuoto per un'operazione tesa più a stupire e disgustare che non a costruire un discorso minimo. Si aggiunga una quasi totale incapacità del protagonista a mostrare anche la più semplice emozione e si avrà il quadro completo di un bilancio decisamente deludente.
I Gatti persiani
I Gatti Persiani
Ha aperto le danze anche la sezione Un Certain Regard e lo ha fatto assi bene con Zasi az gorbehayeh irani khabar nadareh (In Iran nessuno sa niente dei gatti persiani) di Bahman Ghobadi. Il regista - è il compagno di Roxana Saberi, la giornalista irano-americana imprigionata con l'accusa di spionaggio e liberata solo di recente - racconta il calvario di un gruppo di giovani musicisti rock per riuscire a organizzare un concerto. Ogni sforzo sarà vano e ogni strada, sia legale sia illegale, robustamente sbarrata. Solo il suicidio o la morte porranno fine a questa immane fatica, tesa unicamente ad esprimere la propria creatività. Il film è un lungo percorso nei meandri degli ardori dei giovani musicisti, capaci di riunirsi per suonare persino in una stalla, e sui numerosi sbarramenti che il regime pone sul loro cammino. Un testo bello e drammatico che somma la denuncia dell'oppressione alla passione per i lavoro e la creatività dei giovani.
Bamboola Gonfiabile
Bamboola Gonfiabile
Meno pregevole il secondo titolo di questa sezione, Kuki ningyo (Bambola gonfiabile) del giapponese Kore-eda Hirokazu. L'idea di partenza è decisamente originale: il cameriere di un ristorante di lusso allevia la solitudine con una bambola gonfiabile a cui affida il ruolo di vera compagna di vita. Poco a poco l'oggetto assume caratteristiche umane, scopre di avere un cuore, di poter parlare e stabilire rapporti con gli uomini. Tuttavia è pur sempre uno strumento di piacere e come tale finirà in una discarica di rifiuti non prima di avere accidentalmente ucciso l'uomo di cui si era innamorata. Molto probabilmente il regista pensa di avere nascosto nei risvolti della storia osservazioni e filosofemi profondi, ma così non è. Il film ha una buona partenza, poi si perde aggrovigliandosi su sé stesso senza cogliere un senso qualsiasi.