09 Maggio 2009
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Festival di Cannes 2009 |
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Domenica 24 maggio Dodicesimo giorno
La direzione del museo parigino del Louvre, assieme ad altri finanziatori, ha chiesto al regista taiwanese Tsai Ming-Liang, un autore di punta del cinema moderno, di realizzare un film sugli spazi del museo stesso. Il cineasta ha scelto di raccontare la vicenda di un autore orientale chiamato a mettere in scena una sua versione della storia di Salomè. Da notare che ha girato, non sappiamo con quanta gioia della direzione del museo, la maggior parte delle scene o nel parco di Versailles o nel sottosuolo delledificio fra fognature, grovigli di tubature, ammassi ci cavi elettrici. I committenti, a loro volta, hanno offerto come attori, nella speranza di avere un prodotto appetibile per il pubblico, alcuni nomi di punta del cinema francese, a iniziare dalla modella Laetitia Casta. Il regista ha colto la palla al balzo e ha preteso lingaggio di Fanny Ardant, Jean-Pierre Léaud, Jean Moreau, Mathieu Almaric e Natalie Bayle, in modo da comporre la storia anche come un omaggio al cinema francese, in particolare a quello di François Truffaut. Sono stati, poi, inseriti nella partita alcuni attori orientali, fra cui Lee Kang-Sheng, vera presenza feticcio di questo cineasta. Il risultato di una simile, complessa materia è Visage (Volti), ultimo film in concorso a questa edizione del Festival. E' un testo molto ricco di suggestioni, richiami, non tutti chiarissimi, in cui il regista dispiega a piene mani il suo amore per un certo tipo di cinema, a iniziare da quello di Pier Paolo Pasolini. Ci sono sequenze molto belle, come quella della danza dei sette veli ambientata in una cella di mattatoio con San Giovanni Battista che muore cosparso di passata di pomodoro e Salomè che si moltiplica per tre, formando figure che ricordano le danzatrici indiane. Sul versante dell'omaggio al cinema di François Truffaut i punti di forza li offrono Fanny Ardant, moglie dello scomparso, e Jean-Pierre Léaud, che ricordiamo nei panni del protagonista de I quattrocento colpi (Les quatre cents coups, 1959). In definitiva un groviglio molto personale che conferma la forza di questautore, ma che non presenta vere novità sia stilistiche sia narrative.
La manifestazione è stata chiusa con Coco & Igor che Jan Kounen ha dedicato alla storia d'amore fra Coco Chanel e Igor Stravinsky. Il racconto parte dal 1913 con la disastrosa messa in scena del balletto La saga di Primavera, alla cui prima dovette intervenire la polizia per sedare i tumulti in sala fra detrattori e sostenitori e approda al 1920, anno in cui la stilista ospitò il musicista e la famiglia ed ebbe una rovente storia d'amore con lui. E' il classico film di scenografia, vestiti e apparati scenici, un bel quadro sontuoso, ma quasi per niente originale.
Conclusioni
La sessantaduesima edizione del Festival Internazionale del Film di Cannes si era aperta allinsegna di una selezione composta prevalente da nomi sicuri che ha dato ciò per cui era stata progettata. Vale a dire una stragrande maggioranza di opere che hanno confermato, quasi riassunti delle puntate precedenti, il valore di registi come Ken Loach, Pedro Almodóvar o, su un livello nettamente inferiore, Terry Gilliam. Scarse o nulle le sorprese, sia stilistiche che narrative, poche, per fortuna, le cadute clamorose come linfortunio in cui è incappato Lars Von Trier con Anticristo o la fastidiosa presunzione di Gaspar Noé con linsopportabile Enter the void (Entrare nel vuoto). Il solo dato veramente interessante è venuto dalla conferma dello stato di salute del cinema rumeno, testimoniato, soprattutto da Corneliu Porumboiu che presentato Politist, adjectiv (Poliziesco, aggettivo) e dal gruppo dei suoi connazionali (Hanno Höfer, Razvan Marculescu, Cristian Mungiu, Constantin Popescu, Ioana Uricaru) che hanno messo assieme lantologia Aminiri din epoca de aur (Racconti dellepoca doro). In complesso unedizione modesta, ma senza grandi cadute, del tutto in carattere con lo stato di salute, non esaltante del cinema a livello planetario.