30° Festroia Setubal - Pagina 8

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30° Festroia Setubal
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cracks-in-concrete-Risse im beton (Fenditure nel cemento) dell’austriaco Umut Dag è ambientato all’interno delle comunità d’immigrati della seconda e terza generazione che abilitano in una delle zone a più alta intensità criminale di Vienna. Qui ritorna Etan dopo dieci anni passati in carcere, vorrebbe riprendere una vita normale, ma scopre che suo figlio è implicato nel commercio della droga e ha contratto pesanti debiti con personaggi poco raccomandabili. Inoltre il ragazzo non vuole aver nulla a che fare con il padre, che considera un fallito. Dopo varie vicende e non poche scazzottature i due riusciranno a riconciliarsi grazie alla generosità del genitore, che si accolla un assassinio commesso accidentalmente dal figlio, e alla presa di coscienza di quest’ultimo che confessa il delitto per evitare al padre il ritorno in galera. Sembra che nei paesi di lingua germanica e in quelli dell’Europa centrale e settentrionale i rapporti genitori – figli rappresentino un problema grave e di grande attualità. Se questo è vero il film sbaglia clamorosamente bersaglio inserendolo in una storia che ha più i toni del noir che non quelli della riflessione sulle differenze e i conflitti generazionali. Qui ad emergere non sono tanto le barriere che dividono un genitore da suo figlio, quanto l’ambientazione criminale, i traffici loschi, la violenza fra le bande e l’ammorbante atmosfera di discoteche e night club. In questo modo l’asse del discordo devia dalla direttrice padre - figlio verso quella che mette al centro del discorso un ambiente criminale intessuto di violenza. In questo modo il film devia dal discorso che si era prefisso per approdare ad una qualsiasi storia di droga e bande contrapposte.

the-dark-valley Das finstere tal (La valle buia) dell’austriaco Andreas Prokasha è un western ambientato a fine ottocento in un villaggio d’alta montagna. Qui arriva un cavaliere misterioso armato, apparentemente, solo di una macchina fotografica. Dovrebbe passare l’inverno in quei luoghi e trarne immagini suggestive della natura, in realtà è giunto sin lì per compiere una vendetta ai danni del patriarca che domina il borgo imponendo alle giovani una sorta di jus primae noctis in passato per se, ora per i suoi figli. Il misterioso cavaliere è, in realtà, figlio suo, nato dalla violenza su una giovane sposa e sul marito. Il nuovo arrivato, che proviene dall’America e cela tra i bagagli anche un temibile fucile a ripetizione, porterà a compimento i suoi propositi sterminando padre e fratelli, liberando anche una graziosa valligiana dall’obbligo di consegnare la sua verginità ai bruti masnadieri. Non c’è molto di nuovo in questa vicenda ricalcata sulle tracce di decine di altri film e centinaia di romanzi – il film prende le mosse da un racconto di Thomas Willmann pubblicato nel 2010 – ma ha all’attivo un’ottima confezione, una fotografia molto curata e interpreti funzionali. In altre parole un film di buona qualità anche se tutt’altro che originale.
in-order-of-disappearanceIl cartellone del festival ha toccato il punto più alto con la proiezione di Kraftidioten del norvegese Hans Petter Moland. Il film è uscito in Italia con il titolo In ordine di sparizione e ne ha riferito sul nostro sito Furio Fossati. È un noir estremamente ben congeniato che racconta la vedetta di un padre, cittadino modello della sua comunità, che stermina due bande di trafficanti di droga, una delle quali gli ha ucciso il figlio mascherando l’omicidio da overdose. Sistematicamente e cocciutamente questo borghese impeccabile ammazza i cattivi riuscendo anche a mettere l’una contro l’altra, con strage finale, due organizzazioni criminali: una norvegese e una serba. Il film gode di un intreccio narrativo e di un ritmo davvero encomiabili e coniuga con gusto e intelligenza ironia e violenza. Molti hanno parlato di un Quentin Tarantino nordico, ma la definizione va stretta a questo regista che mette in campo un’inventiva e una misura narrativa degne del massimo rispetto.  

U.R.