Festival Internazionale del Film di Cannes 2015 - Pagina 8

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2015
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Marguerite-et-Julien-in-concorso-a-Cannes-2015-620x413Valerie Donzelli (1973), regista, attrice e sceneggiatrice francese, per Marguerite et Julien (Margherita e Giuliano) ha ripreso in mano il copione scritto all’inizio degli anni settanta da Jean Gruault (1924) per François Truffaut (1932 – 1984) affidandone l’aggiornamento a Jérémie Elkaïm. La storia nasce da un episodio di cronaca criminale accaduto nel 1603 quando fratello e sorella furono giustiziati a Parigi sulla Place de Grève dopo essere stati processati e condannati per adulterio e incesto. La regista ricorda quella vicenda collocandola in un tempo non ben definito che ha alcuni aspetti degli anni venti, ma non ha problemi a mettere in scena radio, elicotteri, abiti polizieschi moderni. Il tutto per una perorazione a favore dell’amore, anche di quello incestuoso. Tale è il sentimento che lega, sin dalla più tenera infanzia Julien a Marguerite, sua sorella minore di quattro anni. Entrambi sono figli di Jean III di Ravalet, signore de Tourlaville, un nobile che con una famiglia di ben tredici figli e un fratello abate. Il film è molto curato e realizzato con attenzione e bravura mettendo in luce sia l’ingiustizia delle norme che colpiscono questo sentimento sia il loro presentarsi immutate nel corso dei secoli. Molto probabilmente la sceneggiatura scritta per François Truffaut prestava maggior attenzione allo spirito ribelle dei giovani nei confronti di una struttura sociale troppo codificata, ma l’accentuazione romantica che ne fa la regista non stride con la difesa di un profondo sentimento umano, anche quando si colora d’incesto. In definitiva un film che si segue con piacere e che riserva qualche sorpresa espressiva anche se non va oltre il racconto ben costruito e affascinante.
sicario-benicio-del-toroDifficile, invece, capire le ragioni della presenza in concorso di Sicario firmato dal Canadese Denis Villeneuve e costellato di attori prestigiosi, da Benicio Del Toro a Emily Blunt, da Josh Brolin a Jon Bernthal. È la storia di uno scontro senza regole fra un cartello di narcotrafficanti messicani e una non meglio precisata forza di polizia americana supportata da un enigmatico consigliere colombiano che vuole vendicare l’uccisione di moglie e figlio. Al gruppo si aggrega, più per spinta dei superiori che per decisione propria, una giovane agente dell’FBI che crede nell’uso dei metodi legali e nel rispetto delle norme giuridiche. Davanti alla violenza dei trafficanti si dovrà ricredere e spingersi sino a giustificare l’uso di torture e uccisioni. Si è detto che non sono chiare le ragioni per cui un film di questo tipo è stato messo in programma, questo non tanto per la scarsa qualità del prodotto che, anzi, funziona benissimo e tiene dell’attenzione dello spettatore per due ore abbondanti, ma per la sua natura di produzione commerciale a tutto tondo che non aggiunge nulla né al linguaggio del cinema, né alla morale. Da quest’ultimo punto di vista, anzi, presenta non poche sbavature finendo per giustificare l’abbandono della legalità in nome dell’efficienza anticrimine.
mariaUn Certain Regard continua ad allineare titoli che, se non eccellenti, quantomeno hanno il merito di presentare temi e situazioni poco note. Tale è Alias Maria del giovane regista colombiano Josè Luis Rugeles Gracia. E’ la storia di una tredicenne militante della FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia - Ejército del Pueblo) che riceve l’incarico di accudire il neonato del capo mentre il grosso della colonna guerrigliera ripiega su posizioni più sicure. Quella che sembrava un facile diversione si rivela piena d’insidie e pericoli. Il piccolo gruppo – oltre a Maria ci sono il responsabile della missione e amante della giovane, un ragazzino e un nero che proviene dalla città, ma combatte da tempo – incrocia un gruppo di volontari anti guerriglieri, poi deve vedersela con la povera famiglia contadina cui è stato deciso di lasciare il neonato, infine assiste a un massacro in cui i militanti filogovernativi sterminano l’intero gruppo dirigente di un villaggio. Non sopportando la violenza Maria, che è incinta e si sente ordinare dal compagno di abortire perché solo i capi possono avere mogli e figli, abbandona i compagni e si avvia sola verso un futuro incerto ma sperabilmente più pacifico. Il film ha il merito di guardare con lucidità agli orror della  guerra e ai dolori che essa infligge alle madri. Una prospettiva imparziale che anela, come ha detto il regista presentando il film, a un periodo di pace dopo anni di massacri