Festival Internazionale del Film di Cannes 2015 - Pagina 6

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2015
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CarolTodd Haynes ha presentato in concorso un film per cui ha preso spunto dal romanzo Carol (The Price of Salt / Carol) scritto da Patricia Highsmith (1921 – 1995), con lo pseudonimo Claire Morgan, nel 1952. L’ambientazione è quella di New York all’inizio degli anni cinquanta, quando infuria, anche se nel film se ne fa solo un rapido accenno, la caccia alle streghe scatenata dal senatore ultraconservatore Joseph McCarthy (1908 – 1957) e dalla sua Commissione per le Attività Antiamericane (House Committee on Un-American Activities) contri gli ipotetici sovversivi annidati nelle strutture pubbliche. Ovvio che in questo clima la relazione sentimentale fra Teresa, giovane commessa di un grande magazzino, e la sofisticata Carol, moglie di un imprenditore facoltoso, finisca per fare scandalo e scatenare scontri legali collegati alla causa per la custodia della figlia intentata dalla moglie al marito. Tutto sembra risolversi con la fuga delle due donne verso l’ovest, percorso interrotto dalle malizie di un segugio prezzolato dall’uomo che resite al divorzio, ma che serve come detonatore per l’amore fra le due. Finale ottimista con la riconciliazione a viso aperto fra le due amanti. Il film punta più sulla ricostruzione d’epoca che non sull’analisi di un clima morale profondamente ammorbato da pregiudizi e perbenismo. Centra il primo obiettivo con una ricostruzione sobria, ma efficace, mette quasi definitivamente da parte il secondo focalizzando, con una recitazione (Cate Blanchett, anche produttrice, e Rooney Mara) oltremodo intensa e personale, più i personaggi che l’ambiente. Ne risulta un’opera di grande professionalità, ma che lascia il senso di una certa incompiutezza e più domande non risolte che non questioni sviscerate.
Mon roiMaïwenn Le Besco ha diretto Mon Roi (Mio re), radiografia esasperante e ripetitiva della storia d’amore fra l’avvocatessa Tony e il ristoratore ricco e donnaiolo Georgio, con tanto di grande amore, passione travolgente, rottura e riconciliazione, forse come preambolo a una nuova rottura. Il tutto narrato attraverso i ricordi della donna (interpretata da Emmanuelle Bercot che abbiamo già incontrato in veste di regista del film d’apertura A testa alta, mentre il bel tenebroso e drogato è Vincent Cassel) ricoverata in un centro di rieducazione medica dopo aver subito una dolorosa rottura dei legamenti del ginocchio in seguito a una caduta dagli sci. Siamo, in altre parole, dalla parti di quel cinema melodrammatico e sentimentale caro a Claude Lelouch, tuttavia senza l’eleganza la lievità e la raffinatezza espressiva dell’autore di Un uomo e una donna (Un homme et une femme, 1966). Qui dominano i toni grevi, il sesso patinato, ma opportunista, le recitazioni più gridate che ispirate. In poche parole un prodotto commerciale di ben scarso spessore espressivo.
ZVIZDANA Un Certain Regard è stata presentata la coproduzione fra Croazia, Slovenia e Serbia, Zvizdan (Sole di piombo) diretta dal croato Dalibor Matanić. Sono tre storie d’amore interpretate dagli stessi attori in ruoli diversi che cadenzano tre decenni di tragedia della ex- Jugoslavia. Si inizia nel 1991, quando la Croazia dichiara la propria indipendenza da Belgrado, con l’amore – alla Giulietta e Romeo compreso finale cruento – fra un serbo e una croata. La seconda tappa è datata 2001 con madre e figlia che ritornano nella fattoria travolta dalla guerra e la giovane intreccia una storia, più sessuale che romantica, con un carpentiere a cui le due donne hanno chiesto aiuto per rimettere in sesto la casa travolta dai combattimenti. Si finisce nel 2011 quando un uomo, che si era allontanato da quei luoghi, attratto dalla modernità e le occasioni offerte da Zagabria, ritorna fra le braccia della donna che aveva abbandonato quando era rimasta incinta. Il tema del film è la necessità di andare oltre il passato per recuperare il senso della vita e dell’amore, ma il film semplifica troppe cose per risultare convincente.