13° Thessaloniki Documentary Film Festival 2011 - Pagina 2

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13° Thessaloniki Documentary Film Festival 2011
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Si fa presto a dire documentario, come se questo tipo di cinema non presentasse, come quello narrativo, i suoi filoni, le sue costanti stilistiche. Ci sono, ad esempio, gli autori che marciano nel solco della televisione, utilizzano lunghe interviste intercalate a brani giornalistici. Ne è un esempio The Oath (Il giuramento) in cui l’americana Laura Poitras costruisce in i ritratti complessi e interessanti di Abu Jandal - ex-guardia del corpo di Osama Bin Laden, combattente in Bosnia, ora autista di taxi in Yemen - e di Salim Hamdan, il primo detenuto di Guantanamo a essere giudicato da una corte militare americana. Ne nascono due posizioni abbastanza lontane, seppur unite nel rifiuto dei valori culturali dell’Occidente, cibo compreso. Il tutto situato in un quadro di assoluta normalità – la cura dei figli, le difficoltà del lavoro – segnata, tuttavia, dall’adesione a una fede concepita come totalizzante e portatrice di valori assoluti e inconciliabili. Un testo davvero interessante e forte.

Percorre la stessa strada anche Marshall Curry che affronta, in If a tree falls: A story of the Earth Liberation Front (Se cade un albero: una storia del Fronte per la Liberazione della Terra), il quadro di un movimento ecoterrorista americano. Partendo dalla metà degli anni novanta del secolo scorso e con una violenza sempre maggiore, i membri dell’ELF incendiarono fabbriche e depositi, devastarono centri commerciali, bloccarono stare, il tutto per colpire le aziende che, come quella del legno, cancellavano le foreste, ammorbavano l’aria, corrompevano l’ambiente. Il tutto ricostruito seguendo il percorso di Daniel McGowan, uno dei fondatori del gruppo, arrestato nel dicembre del 2005 e condannato a una lunga pena detentiva. E’ il quadro di un terrorismo interno che precede quello di matrice islamica, responsabile del crollo delle Torri Gemelle di New York. E’ il quado di una gioventù di buona famiglia che non si ritrova più nel benessere e nelle regole del capitalismo maturo. Un quadro originale e interessante.

Anche in questo campo ci sono, poi, gli autori che affrontano problemi di grande spessore, attraverso storie individuali, di solito basate su personaggi e situazioni particolari. L’olandese Hans Dortman mette in campo, con Goddelijk varken (Il maile divino), il rapporto fra l’uomo e gli animali, intesi come cibo. Lo fa attraverso il ritratto di un salumiere solito allevare per mesi, con amore e cura, un magnifico porcello per poi ucciderlo e trarne carne e salcicce. Durante due anni l’artigiano cura con grande attenzione l’animale, cui ha assegnato un nome latineggiante, che gli servirà da richiamo pubblicitario dopo che lo avrà ridotto in bistecche e salumi. Lo nutre e porta a passeggiare, tanto che la coppia finisce per diventare quasi un elemento turistico per il paesino in cui la storia si svolge. La riflessione è sulla crudeltà insita nelle alimentazioni non vegetariane, il tutto sostenuto con misura e garbata ironia.

Un’altra vicenda che muove su questo stesso filone, anche se coinvolge altri argomenti, è quella raccontata dall’americana Lisa Leeman che, in One Lucky Elephant, ha messo al centro del suo lavoro il rapporto fra il proprietario di un piccolo circo e l’elefantessa che lui ha comprato quando era ancora cucciola per trasformarla nell’attrazione principale dei suoi spettacoli. Con il passare degli anni scopre che l’animale perde progressivamente voglia di esibirsi, diventa inquieto, non risponde ai comandi. E’ la prova che le attenzioni di cui l’ha circondata non sono state sufficienti a sopire gli istinti profondi del pachiderma, che non riesce a sopire l’istinto di vivere in branco con altre femmine e di allevare cuccioli. Il rimedio sarà scovato in una sorta di casa di riposo all’aperto per elefantesse, ma molto probabilmente sarà solo un altro palliativo. Il film è condotto con poeticità e attenzione verso i sentimenti dell’ex circense e quelli (supposti) dell’animale, senza mai gravare sui toni o prendere la scorciatoia del predicozzo animalista.