Plus Camerimage 2010 - Pagina 3

Stampa
PDF
Indice
Plus Camerimage 2010
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Pagina 7
Tutte le pagine
Christopher Nolan (1970) è un cineasta d’origine inglese, ma attivo da anni nell’industria americana ove ha svolto funzioni di regista, sceneggiatore, produttore. Come autore ha filmato alcuni film particolarmente interessanti, come Memento (2000) e Insomnia (2002) in cui strutture narrative apparentemente poliziesche sono usate come terreno base per narrazioni molto segnate da ricerca del fantastico e, in alcuni casi, dell’horror. Questo modo di procedere, tuttavia, non ha mai raggiunto il livello di commistione registrato in Inception (Inizio), un mescolamento di carte spinto sino a rendere difficile la comprensione stessa della storia raccontata. In estrema sintesi potremo dire che si tratta dell’operazione rischiosa tentata da un gruppo di controllori dei sogni che inseriscono, su commissione, nella testa del rampollo di un magnate dell'industria, non per carpirne i segreti, ma per impiantarvi l’idea dello smembramento dell’impero che ha appena ereditato. Raccontata così, sembrerebbe una storia come tante altre, originale, ma non troppo. Il fatto è che la regia gioca con i livelli sempre più profondi che il sogno apre nel subconscio sino a traslocare, senza alcun segno di continuità, da un albergo ultramoderno, i cui locali ruotano come le gabbie di una giostra, a una landa innevata su cui si scatena una battaglia all’ultimo sangue con tanto di raffiche di mitra ed esplosioni a catena, da un pacifico interno borghese a un inseguimento stradale degno del più classico telefilm. Non si può proprio dire che il risultato finale sia molto apprezzabile, poiché l’innesto dell’azione nel fantastico, e viceversa, avviene in modo abbastanza stridente con sequenze che hanno poco a che fare le une con le altre. Per tacere del verboso filosofeggiare sulla realtà che sembra tale, ma è solo sogno e su non meglio precisati sensi della vita. In poche parole è un coacervo di cose e suggestioni non facilmente assimilabili.
Erratum è il titolo del film d’esordio del regista polacco Marek Lechki che ha costruito il doloroso ritratto di un giovane, un tempo musicista, che lavora in un’azienda dominata da un capo dispotico. Questi lo manda in un porto baltico, non lontano dalla città ove il giovane è nato, con l’incarico di ritirare la lussuosa auto che si è fatto arrivare dall’estero. Durante il viaggio di ritorno l’impiegato travolge e uccide un barbone alcolizzato, proprio nella cittadina in cui vive ancora suo padre, che lui non vede da anni. L’incidente e la necessità di riparare la macchina lo costringono a rimanere nei luoghi natali, prima malvolentieri, poi con sempre maggior interesse. Allo stesso modo cresce in lui la voglia di conoscere la storia del morto, scoprirne le ragioni del progressivo declino, curarne i funerali quale sorta di risarcimento al male fatto. Allo stesso tempo scopre che suo padre vive in una miserabile solitudine, che i suoi amici di un tempo continuano a coltivare il sogno della musica e si riallaccia ad ambienti e persone che credeva di essersi lasciato definitivamente alle spalle. E’ un percorso di congiunzione fra l’ieri e l’oggi che mette in luce sia la tristezza del passato, sia l’insopportabilità e l’inumanità del presente. Proprio come rileva il titolo, è un itinerario che mira a precisare ciò che è stato e a definire meglio ciò che è. Un film non nuovissimo ma girato con grande abilità e percorso da una malinconia del vivere che profuma di sincerità. Un solo appunto riguarda la prestazione dell’interprete principale, Tomasz Kot, che è troppo bello e prestante per rendere credibile sino in fondo una figura macerata dai dubbi e lacerata dai sensi di colpa.
Winter’s Bone è il film d’esordio dell’americana Debra Granik che ha già vinto numerosi premi, il più importante dei quali è quello assegnatole dalla giuria del Sundance Film Festival. E’ la messa sul grande schermo del romando Un Gelido inverno (id, 2006) di Daniel Woodrell (1953). Vi si racconta, ambientata nel rurale Missouri, la storia di una ragazza diciassettenne che vuole far luce sulla scomparsa del padre, un piccolo trafficante di droga che ha impegnato la fattoria di famiglia per pagarsi la cauzione e uscire dalla prigione, dopo di che è scomparso nel nulla. Dopo un lungo percorso difficile, doloroso e rischioso, la ragazza riuscirà a venire a capo del mistero a prezzo di lividi e sofferenze. E’ un film buio, girato spesso in atmosfere notturne che affronta un mondo degradato e violento in cui i rapporti di forza contano più di quelli sentimentali o familiari. L’intero racconto è reso cedibile e toccante dalla magia interpretativa della giovane Jennifer Lawrence che perfeziona le abilità già mostrate in The Burning Plain - Il confine della solitudine (The Burning Plain, 2008) di Guillermo Arriaga, che le valse il Premio Mastroianni alla 65ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. In altre parole un’opera intensa e solidamente costruita.