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Finale di partita ··· Finale di partita ··· Hot

Finale di partita ···

ImageSamuel Beckett scrisse Finale di partita (Fin de partie) fra il 1955 e il 1957, data della prima rappresentazione (Londra, Royal Court Theatre, 3 aprile). Il titolo di quello che sarà ricordato fra i grandi capolavori dello scrittore irlandese, nasce dal gioco degli scacchi le cui partite si dividono in tre fasi: apertura, mediogioco e, appunto, un fine di partita. Qui il momento conclusivo è assunto come termine del percorso dell’umanità, tanto che, non a caso, questo testo è stato sempre accostato all’immagine di un mondo postatomico in cui sopravvivono solo desolazione ed esseri umani monchi. Tali sono Hamm, un vecchio cieco e paralizzato giunto al termine dell’esistenza, e il suo servitore Clov che si muove continuamente per rispondere agli ordini, spesso insulti e sempre capricciosi, del padrone. In un angolo ci sono due bidoni con dentro i resti del padre e della madre del signore, monconi umani che emergono dall’angusta prigione solo per chiedere cibo o ricordare i tempi passati.

Il tutto si svolge in un luogo solitario, in una stanza dotata di due alte finestre che si affacciano su un mondo desertificato e minaccioso. Giulia Dall’Ongaro ed Enrico Deotti, del bolognese Teatro Giullare, hanno immaginato una versione di questo testo in cui si rendono espliciti due elementi base: il gioco degli scacchi e i personaggi trasformati in marionette. Due burattinai mascherati manovrano su una grande scacchiera quattro pedine che incarnano i personaggi. I manovratori recitano, con tagli di voce adatti alla bisogna, le battute del copione, immergendo l’intera rappresentazione in un senso esasperato di drammatico e assurdo. E’ proprio quest’accelerazione di lettura a destare qualche perplessità, nel senso che esplicita un discorso che la pagina e predenti proposte (memorabile quella del 1995 di e con Carlo Cecchi) lasciano nel vago, consentendo allo spettatore di riempirla di domande e significati. E' uno spettacolo d’alto livello che ha il solo difetto d’essere troppo esplicito.
valutazione: 1 2 3 4 5

Testo: Samuel Beckett (1906 - 1989); regia e interpretazione: Teatrino del Giullare (Giulia Dall’Ongaro ed Enrico Deotti); traduzione: Carlo Fruttero; maschere: Fratelli De Marchi.

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