Festival di Setubal 2008 - Pagina 5

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Festival di Setubal 2008
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Gli uccelli non possono volare
Gli uccelli non possono volare
La scenografia di The Bird Can’t Fly (Gli uccelli non possono volare, 2008) dell’olandese Threes Anna è piuttosto originale. Melody, chef di successo nei Paesi Bassi, ritorna in Africa, nel Fairlands, in occasione del funerale della sorella che non vedeva da anni e della quale non aveva più notizie da tempo. Giunta in una paesino semisommerso dalla sabbia portata dalle tempeste desertiche, scopre di avere un nipote meticcio che l’accoglie con aperta avversione. Il piccolo non vuole abbandonare la landa in cui vive per continuare il progetto iniziato dalla madre: costruire un allevamento di struzzi. Il film ruota attorno allo scontro fra la matura zitella e il piccolo ribelle, con un crescendo di tensione che si risolverà solo nel pieno di una nuova tempesta di sabbia che coprirà ancor più ciò che rimane del villaggio. La storia è raccontata con passione e il film ha un andamento abbastanza convincente. Il paesaggio desértico – un vero parco naturale sudafricano – costituisce l’attrattiva maggiore dell’opera che, quanto a tematica e stile, pesca a piene mani da situazioni e titoli già noti.
Assolto
Assolto
Decisamente interessante anche Freigesprochen (Assolto) che l’austriaco Peter Payer ha liberamente tratto da Der Jüngste Tag (Il giorno del giudizio1937), ultimo testo teatrale scritto dal drammaturgo ungherese Ödön von Horvath (1901 – 1938). Il tema è quello della responsabilità di chi, preposto ad una funzione da cui dipende la vita di altri, si distrae e causa una tragedia. L’azione e’ riportata ai giorni nostri e ha al centro un capostazione incaricato dello smistamento dei treni dalla cabina di controllo della stazione di Himmelstal. Il giorno in cui un concatenarsi di eventi causa l’aumento dei convogli in circolazione, il funzionario si distrae pochi secondi per baciare una ragazza, da tempo innamorata di lui, che si e’ introdotta di soppiatto nella cabina di controllo. Quei pochi attimi sono sufficienti a causare un disastro: un veicolo per la consegna del latte, guidato da un amico del controllore, attraversa i binari mentre arriva il treno Budapest - Parigi a grande velocità. Scontro e deragliamento con 22 morti e moltissimi feriti. Arrestato e processato, il ferroviere è assolto in quanto mancano le prove della sua responsabilità, questo nonostante la testimonianza di sua moglie, che lo aveva visto mentre baciava la ragazza. La decisione della corte non lenisce il senso di colpa dell’uomo e della giovane, che finiscono col suicidarsi entrambi. Al centro del film c’è il peso morale che attanaglia chi è risparmiato dalla giustizia legale, ma sa di essere colpevole. E’ un tema tipico della cultura protestante, che non ammette né confessione né assoluzione e carica sulla coscienza dell’individuo la responsabilità di ciò che si è fatto. Il film e’ estremamente ben costruito, anche se a tratti palesa l’origine teatrale della sceneggiatura.
Volti nascosti
Volti nascosti
Antichi, terribili costumi sono al centro di Sakli Yüzeler (Volti nascosti), opera terza della regista turca Hendan İpekçi. Il film intreccia tempi e ambienti in modo non sempre lineare. Si parte dalla Germania di oggi dove, nella vasta comunità turca, vive un gruppo familiare guidato da una donna autoritaria e rispettata, che guarda con diffidenza ad un parente divenuto capo di una banda di criminali. Sarà proprio questo boss ad innescare la tragedia, quando scoprirà che è ancora viva la nipote, che credeva di aver ucciso perché colpevole di essere rimasta incinta senza essere sposata. Per cancellare l’onta che, a suo dire, incrina la rispettabilità del clan decide di mettersi in caccia della sopravvissuta. Solo che dietro a tutta la vicenda c’è un documentarista che ha girato un film in cui è raccolta la testimonianza della sopravvissuta ed ora vuole proseguire il discorso girando il seguito della storia. L’intreccio narrativo non è chiarissimo e mescola verità e finzione, passato e presente per approdare ad un finale di tipico inseguimento poliziesco in cui i buoni tentano di arrivare prima dei cattivi a salvare la vittima. L’intento è la denuncia della vergognosa tradizione che guarda con favore ai delitti d’onore, crimini che in Turchia, come nell’Italia di quaranta anni or sono, vedono i giudici infliggere pene minime a chi uccide per vendicarsi di adulteri o offese morali. Una didascalia finale ci informa che le cose stanno cambiando e che nuove leggi sono state emanate per adeguare le pene alla gravità dei reati. L’operazione ricorda quella di cui è stato protagonista molto cinema italiano degli anni cinquanta: utilizzare moduli narrativi codificati, in questo caso il poliziesco, per veicolare tesi socialmente rilevanti. Nel caso specifico un ostacolo alla piena riuscita dell’operazione è la complessità della struttura prescelta, un groviglio di piani narrativi che in molti punti rendono difficile la comprensione del discorso. Come dire molta buona volontà per un risultato parziale.