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47° Festival Internazionale del Film di Salonicco
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Falso allarme
Ores kinis isyhias (Falso allarme) di Katerina Evangelakou utilizza il classico stratagemma del luogo unico quale microcosmo della società, in questo caso un condominio ateniese che, in una notte d’estate, vede svilupparsi varie storie. Si va dal taxista abbandonato dalla moglie che non riesce a rassegnarsi, alla coppia di ladri che cerca di svaligiare l’appartamento di una vecchia signora e si trovano a dover fare i conti con il cadavere dell’anziana fulminata da un infarto, dalla coppia d’amiche in continua competizione per strapparsi gli amanti, al medico che tradisce la moglie, ma non riesce a rompere con un matrimonio ormai usurato. Nulla di molto originale e i riferimenti al cinema di commedia dolce - amara italiana, si pensi a L’ultimo capodanno (1998) che Marco Risi ha tratto dal libro di Niccolò Ammaniti, solo che in questo caso a dominare sono le note ottimistiche e mentre l’inquietudine per un mondo sempre meno umano è relegata ai margini.
La professionalità è alta, ma l’originalità manca. Roz (Rosa) d’Alexander Voulgaris, figlio del più noto Pantelis, e con già alle spalle una corposa carriera di produttore, sceneggiatore, attore, montatore e compositore. Il film inanella un catalogo, non sempre comprensibile, di ricordi d’infanzia e sensazioni, moderatamente erotiche, che legano un giovane introverso ad una ragazzina. A questo si aggiungono le inquietudini di un’attrice e quelle di una ragazza irlandese. E’ un film sulla memoria, composto in modo rapsodico e in cui non tutti i passaggi appaiono chiari. La ricerca d’originalità stilistica appare persino eccessiva e non del tutto funzionale al bilancio complessivo dell’opera. Altre inquietudini e atmosfere cupe in I pisyhi sto stoma (Anima sopraffatta) di Yannis Economidis, presentato anche alla Semaine de La Critique di Cannes 2006. Un povero cristo è angariato dalla moglie, che lo tradisce apertamente, e vessato da un capo, con connotati mafiosi, che gli infligge continue umiliazioni. La pressione su di lui cresce sino ad esplodere in un atto di sanguinosa violenza. Non ci vuole molta fantasia per ricordare un testo ben più famoso a cui il regista sembra essersi ispirato senza, peraltro, citarlo: Woyzeck di Georg Büchner. Se la fonte non è nuova, non lo è neppure il registro stilistico che gioca su materiali abbastanza usurati: primi pini in colori marci, atmosfere notturne, recitazione gridata oltre ogni necessità. Akamas del neoregista cipriota Panicos Chrysanthou è più apprezzabile per lo spirito pacifista che lo anima che non che per i risultati a cui approda. La storia è quella di un giovane pastore d’origine turca, vissuto in una famiglia greca e, per questo, esposto ai colpi dell’una e dell’altra fazione che si fronteggiano sull’isola. Il racconto ha passaggi assai poco risolti e mette in scena una storia d’amore impossibile, fra il turco e la figlia della famiglia che lo ospita, dagli sviluppi prevedibili e banali. Osservazioni simili valgono per Pandora di George Stanboulopoulos, ambientato negli anni cinquanta, nei mesi che seguono la guerra civile e nel pieno dell’espandersi dell’influenza americana sul paese. L’intero film ruota attorno alle passioni suscitate da una spregiudicata americana, d’origine greca, che ritorna nel paese natio per svolgervi loschi traffici e sconvolge, con i suoi costumi moderni, i rituali moralistici dei locali. Tutto questo è rivissuto, ad anni di distanza, da un uomo che, ragazzino, ha assistito all’esplodere di quelle passioni alla tragica conclusione della storia. Il film è banale nella costruzione e privo d’interesse.