30° Festival Internazionale del Film de Il Cairo

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30° Festival Internazionale del Film de Il Cairo
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Image Il Festival del Cinema de Il Cairo porta bene al cinema italiano in difficoltà. Due anni or sono premiò il bel film di Luciano Odorisio Guardiani delle nuvole arrivato alla manifestazione egiziana senza una distribuzione nazionale e che, purtroppo, non l’ha ancora trovata. Quest’anno è stata la volta di Sotto la stessa luna diretto da Carlo Luglio, già in concorso al Festival di Locarno, ma tuttora privo di noleggio. Il film, ha vinto il premio riservato alla sezione dedicata ai film narrativi girati in digitale e racconta la storia di un gruppo di gitani travolti dalle guerre di camorra che impazzano nel quartiere napoletano di Scampia. La storia – l’amore di un giovane rom per la donna di un boss locale – non è molto originale, lo stile zoppica alquanto e la recitazione latita. In poche parole, è un’opera più ricca di buoni sentimenti e spirito di denuncia che non stilisticamente originale.

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Sotto la stessa luna
La manifestazione egiziana ha festeggiato i 30 anni accentuando la propensione a farsi passerella di divi, più o meno noti, cui ha dedicato un minicatalogo con le biografie di Charles Aznavour, Danny Glover, Anthony Perkins, Jacqueline Bisset, Mia Maestro e altri, fra cui la nostra Manuela Arcuri arrivata e ripartita, come quasi tutti i colleghi, nel giro di poche ore. Poiché queste presenze incidono moltissimo sul bilancio del festival, ne sono state ridimensionate altre parti culturalmente più importanti, come retrospettive approfondite o la scelta di opere autenticamente forti sul piano culturale, tanto che la qualità media dei film in cartellone ha superato raramente un’aurea mediocrità. Le ragioni di tutto ciò vanno ricercate, in primo luogo, nella difficoltà, incontrata da tutte le rassegne di film negli ultimi anni, a trovare opere di grande interesse, in un momento segnato da una profonda trasformazione del cinema, sia da un punto di vista produttivo e distributivo, sia da quello creativo. Ci sono, poi, i motivi specifici a ciascuna manifestazione. Quell’egiziana ha sofferto un cambio di direzione influenzato dai malumori suscitati dalla decisione dell’ex – presidente, ora assunto ad un alto incarico ministeriale, di presentare, lo scorso anno, una retrospettiva di Pedro Almodovar. Il nuovo responsabile, che ha significativamente chiuso il suo discorso di fine festival con un patriottico: Dio benedica il mio meraviglioso paese, ha usato gli accresciuti mezzi messi a sua disposizione dal governo puntando quasi solo sulla risonanza mediatica.
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La strada
Per la cronaca il premio principale, la Piramide d’Oro, è andato al film cinese Fangxianng zhi lü (La strada) di Zhang Jiarui. E' una storia che si dipana dagli anni sessanta ai giorni nostri e ha al centro il rapporto fra una ragazza e il maturo conducente di autobus di cui è l’assistente. Lei idolatra il principale, che tutti considerano una celebrità perché ha avuto la ventura di stringere la mano al presidente Mao, ma poi s’innamora di un giovane studente in medicina che, durante la rivoluzione culturale è inviato a rieducarsi in campagna. La sequenza più indicativa è quella in cui i due innamorati cercano di fare l’amore in una stanzetta, ma fanno crollare il muro che li separa dal dormitorio maschile. Accusato di stupro lui rischia la pena di morte, lei è rimproverata pubblicamente dai dirigenti dell’azienda per cui lavora. Passano gli anni, la rivoluzione culturale va in archivio e alla donna non resta che posare il maturo conducente, anche se pensa sempre all’amore perduto. Quando ha una possibilità di rincontrarlo, mentre sta per andare a Hong Kong, il marito ha una trombosi che lo costringe a passare il resto della vita come un vegetale. Arrivano i giorni nostri e la donna è ormai un’anziana che tenta disperatamente di conservare la memoria di valori ormai travolti dall’impeto dell’economia e il mutare dei costumi. Il film ha un andamento classico, non mostra impennate stilistiche, ma procede con sicurezza sulla strada della storia d’amore su cui il condizionamento dei tempi appare più un fattore esterno incontrollabile che il risultato di un processo politico governato dagli uomini.