49° SITGES Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya

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49° SITGES Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya
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cartell sitges 2016 2 aL’appuntamento con la 49°edizione del Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya è dal 7 al 16 ottobre nella cornice della famosa località balneare a mezz’ora di treno a sud di Barcellona. La città vanta vestigia dell’arte modernista degli anni Trenta del secolo scorso, e registra gli immobili più cari di Spagna ed è passata da cinquemila a trentamila abitanti negli ultimi trent’anni. Durante dieci giorni si trasformerà nella capitale mondiale del cinema fantastico con una media di cinquanta spettacoli al giorno, proiezioni all’aperto, vetrine di merchandising, bancarelle di libri, riviste e dvd.

Oltre duecento titoli in catalogo, e circa trecento includendo i corti, suddivisi in una dozzina di sezioni. Almeno quattro i concorsi ufficiali, e quello principale, Oficial Fantàstic, comprende trenta film con una media di quattro visioni stampa al giorno che si tengono nell’Auditori Melià Sitges, (circa 1.600 posti), dove le proiezioni iniziano alle otto e un quarto e teminano all'una di notte. Difficile trovare famosi registi o attori del cinema di fantascienza che non abbiano visitato Sitges negli ultimi cinquant’anni. Il tappeto rosso si apre quest’anno con gli omaggi a Max Von Sydow e a Christopher Walken: il primo riceverà il Gran Prix Honorific la sera dell’inaugurazione, il secondo lo stesso riconoscimento durante il Gala di chiusura. Walter Koenig, uno degli interpreti di Star Trek, la saga che compie cinquant’anni e alla quale il Festival dedica il libro Donde nadie ha llegado antes (Dove prima non è arrivato nessuno), riceverà la Màquina del Temps, che sarà assegnata anche a Paul Schrader, Bruce Campbell, Barbara Crampton, e a Dolph Lundgren, che presenta Don’t kill it (Non ucciderlo) di Mike Mendez. Al nostro Ruggero Deodato, invece, verrà conferito il Premi Maria Honorifica. La sezione Brigadoon, che compie trent’anni, assegna il Premio Nosferatu all’attrice Terele Pávez (1939), e rende omaggio a due cineasti scomparsi lo scorso luglio: il regista, scrittore e giornalista italiano Corrado Farina, del quale verrà presentato Baba Yaga (1973) tratto dal fumetto di Guido Crepax Valentina, e l’attrice catalana Emma Cohen. Ospite di Brigadoon sarà Luigi Cozzi (Premio Nosferatu 2012) che presenterà Blood on Méliès Moon (Sangue sulla luna di Méliès). Inoltre il cineasta Felipe M. Guerra rende omaggio al regista italiano col documentario con FantastiCozzi. All’insegna di Red Planet Marx, la conquista sovietica dello spazio, sarà presentata una folta retrospettiva del cinema di fantascienza URSS. Si potranno vedere tra i tanti titoli: Pianeta Bur (I sette navigatori dello spazio, 1962) di Pavel Klushantsev (1910 – 1999), Солярис (Solaris, 1972) di Andrej Tarkovskij (1932 – 1986) e Test Pilota Pirxa (Doznanie pilota Pirksa, 1978) di Marek Piestrak (1938). Da un accordo con la società Samsung saranno allestite poltrone nelle quali gli spettatori potranno intraprendere viaggi virtuali. Un dispositivo Samsung Gear VR con Galaxy S7 e auricolari permetterà di esplorare nuovi mondi e di immergersi nel pieno dell’azione lasciando allo spettatore la scelta di un proprio itinerario. Largo spazio avrà come sempre il cinema asiatico nella sezione Midnight X-Treme che si apre con l’anteprima mondiale di It Stains the Sands Red (Le sabbie si macchiano di rosso) dei Vicious Brothers, e si continua col primo film indiano tamil di zombi, Miruthan di Shaki Soundar Rajan. Saranno anteprime mondiali anche i film di inaugurazione e di chiusura del Festival: Inside (Dentro) di Miguel Angel Vivas, e The Limehouse Golem (Il golem della casa Lime) di Juan Carlos Medina dal romanzo di Peter Acroyd che narra di misteriosi assassini nella Londra vittoriana. Dal Sundance l’opera sorprendente di Dan Kwan e Daniel Scheinert, Swiss Army Man (L’uomo dell’esercito svizzero). Dal Belgio Mon Ange (Il mio angelo) di Harry Cleven. Spagnolo, invece, Que dios nos perdone (Dio ci perdoni) di Rodrigo Sorogoyen, storia di un serial killer nella Madrid in crisi del 2012. Su sceneggiatura di Don Coscarelli il film Phantasm Ravager (Il fantasma Ravager) di David Hartman. Anteprime anche l’atteso film franco-statunitense Sam was here (Sam è stato qui) di Christophe Deroo, il canadese The Void (Il vuoto) di Jeremy Gillespie e Steven Kostanski, l’ispano-statunitense Pet (Animale domestico) di Carles Torrens, il giapponese Museum (Museo) di Keishi Otomo, l’australiano-statunitense Safe Neighborhood (Quartiere sicuro) di Chris Peckover. Molti i film provenienti da altri Festival, inclusi quelli recenti di Werner Herzog e di Terrence Malick. Per citarne alcuni, la commedia The Love Witch (La strega innamorata) di Anna Biller, Operation Avalanche (Operazione valanga) di Matt Johnson, Tenemos la carne (Abbiamo carne) di Emiliano Rocha Minter, Creepy (Raccapricciante) di Kiyoshi Kurosawa, Psycho Raman (Raman lo psicopatico) di Anurag Kashyap, The Autopsy of Jane Doe (L’autopsia di Jane Doe) di André Øvredal, Melanie di Colm McCarthy, Train to Busan (Il treno per Busan) di Yeon Sang-ho. E via elencando fino a sfiorare duecento titoli.


hell-or-high-water2 jpg 1003x0 crop q85Ci sono treni speciali da Sitges a Barcellona per riportare a casa i fan che durante il fine settimana restano per godersi gli spettacoli notturni. Durante il giorno la folla attorno ai cinema da l’impressione di assistere all’uscita dallo stadio di calcio dopo la partita. Al Festival si ha anche la sensazione che si stia uscendo dalla crisi. Comunque, archiviati i dieci minuti di applausi a Max Von Sydow, parliamo delle ondate di film che invadono gli schermi. Dall’America l’originale film di un regista inglese, Hell or High Water (Inferno o acqua alta) di David Mackenzie. Ambientato nella provincia texana, tra piccoli paesi divisi da chilometri di zone desertiche, il film è interpretato da Jeff Bridges nei panni di un agente di polizia alla vigilia del pensionamento. Fa squadra con un agente di origini indiane e i battibecchi fra i due sono frequenti. Ne vengono distratti da insolite rapine in banca, senza morti e con furti limitati a banconote di piccolo taglio. Autori due fratelli: un ex galeotto testa calda, e il più giovane, (Chris Pine), che partecipa agli assalti perché vittima di banche e di strozzini che gli stanno sottraendo la piccola fattoria familiare. Non solo, ma separato e con due figli, agisce soltanto per assicurare il loro futuro. Interessanti i profili degli antagonisti: l’agente volitivo e caparbio, e il giovane rapinatore che tenta di frenare gli eccessi del fratello maggiore. Ciò che colpisce di più, tuttavia, è la descrizione di un Texas senza eroi: domestico, rarefatto, con raggruppamenti di case sparse tra distese di terre brulle, dove gli abitanti socializzano, si fa per dire, negli snack e nelle banche. Girato su sceneggiatura di Taylor Sheridan, il film dura 102 minuti.    
316042-karaoke-crazies-0-230-0-345-cropIn comune col film coreano in concorso, Karaoke Crazies (I pazzi del karaoke), opera prima di Kim Sang-chan, la solitudine dei personaggi. Qui però siamo in un ambiente urbano, quasi sempre all’interno di un albergo decadente dove si alternano pochi personaggi con piccole perversioni e un assassino seriale. Una nota stampa segnala l’origine giapponese di Karaoke, scindendolo in Kara (vuoto) e Oke (orchestra) per indicare un’orchestra senza cantante. Questo tentando di nobilitare luoghi di distrazione denominati, Karaoke e le piccole follie che vi si commettono. In realtà assistiamo a un timido gerente porno amatore che si addormenta con gli auricolari dei film, a un paio di giovani donne cantanti che nascondono segreti, a un povero sordomuto bistrattato e a un dinamico agente di polizia. Ne nasce una storia bizzarra, dai toni ironici e grotteschi, dove man mano le piccole perversioni diventano esplicite e accomunano questi personaggi disorientati in un piccolo gruppo di amici. Impreviste, tuttavia, azioni e motivazioni del killer che colpirà quando stanno per scadere i 106 minuti del film. 


inside-posterLa lunga elaborazione di cinema fantastico ha coinvolto più di due generazioni e ha influito sui produttori di Barcellona che hanno dato vita a factory di cinema fantascientifico impiegando famosi cineasti americani e promovendo giovani registi, in larga parte catalani, che dirigono in inglese film di genere ambientati negli Usa.  Due sono appena passati sugli schermi del Festival. Inside (Dentro) di Miguel Angel Vivas, 42 anni, che al suo quarto film ha scelto un remake del film francese del 2007 A l’intérieur (All’interno) di Alexandre Bustillo e Julien Maury. Sceneggiato da Jaume Balaguerò e Manu Diez, il film si avvale di due famose attrici statunitensi, Rachel Nichols e Laura Harring, per riportare sugli schermi il dramma di una donna incinta, Sarah, che ha appena perso il marito in un incidente d’auto. Sola in casa alla vigilia del parto, subisce l’intrusione di una sconosciuta decisa a portarsi via il nascituro. Debole e con problemi d’udito, dovrà difendersi da una donna scaltra e malvagia. L’incubo supera di poco i 90 minuti, ha funzionato come film d’apertura del Festival, ma non ha destato l’interesse della critica.
realive-proyecto-lazaroPiù ambizioso e di qualche interesse, invece, Proyecto Làzaro (Progetto Lazaro), terzo film di Mateo Gil, 44 anni ed ex sceneggiatore di Alejandro Amenàbar (Mare dentro, Agora). Giovane manager di successo, Marc ha appena trentadue anni e gli viene diagnosticato un tumore. Gli resta circa un anno di vita, ma gli è suggerito di congelare il suo corpo e di ritornare in vita in un futuro nel quale il cancro sarà stato sconfitto. Siamo già nel 2024 e la cosa che gli duole di più è la separazione dalla sua compagna. Decide dopo molte perplessità e torna in vita nel 2084. Il problema ora non è più la malattia, ma l’ambientazione, gli amici e i ricordi. E’ veramente solo, anche se la sua compagna lo ha atteso per sessant’anni, ma la tentazione di abbandonare un mondo nel quale si sente alieno è fortissima. Interpretato da Tom Hughes e Oona Chaplin il film dura 107 minuti. Si apre con discorsi tecnici sul progetto d’immortalità e si sviluppa con dialoghi sul destino umano dando troppo spazio alle dissertazioni a scapito dell’invenzione fantastica.
goksung ver7In concorso anche il lungo film coreano (156 minuti), Goksung (Lo straniero) di Na Hong-jin. Alcuni efferati delitti e una serie di eventi bizzarri coinvolgono il poliziotto di un villaggio e la sua famiglia. Tracce di rituali di magia nera e la presenza nei boschi di un giapponese misterioso, anziano e solitario, provocano la reazione dell’agente, soprattutto quando sua figlia viene colpita dalla malattia che sta infettando la comunità. Per fronteggiare la maledizione che sembra essersi abbattuta sul villaggio, entrano in campo sciamani e religiosi. Dovranno sbaragliare il nemico che s’introduce nelle menti provocando incubi e follie, e assecondare la polizia in una stagione di piogge torrenziali. Autore di alcuni thriller di successo, il regista è riuscito ad accattivarsi l’attenzione del pubblico rimasto in silenzio fino ai titoli di coda. Forse sarà difficile da ricordare, ma Kwak Do-won è il nome del protagonista dal volto bonario e disorientato. 


AutopsiaUn’anteprima europea e un’anteprima mondiale al Festival. The autopsy of Jane Doe (L’autopsia di Jane Doe) del norvegese André Øvredal è qui in concorso dopo il Festival di Toronto. Con studi a Santa Barbara e dopo il successo del 2010 col film Troll Hunter (Il cacciatore di Troll), questo autore è tornato negli States per girare un thriller di 99 minuti. E suspense assicurata dalla scelta di narrare per filo e per segno un’autopsia. Tommy e Austin Tilden, padre e figlio, gestiscono una morgue e un crematorio in Virginia. La radio annuncia una tempesta senza precedenti quando l’agente Burke porta il cadavere di una ragazza scoperto intatto nella cantina di una famiglia brutalmente massacrata. Il cadavere non presenta ferite ne ematomi. Sorpresi e incuriositi da una morte incomprensibile scoprono che alla ragazza è stata mozzata la lingua e che le ossa dei polsi e delle caviglie sono rotte pur non presentando segni esterni di violenza. Le sorprese aumentano sezionando il corpo. Emergono infatti oggetti che suggeriscono pratiche di magia nera, ma il lavoro si blocca causa la tormenta che ha fatto saltare il circuito elettrico. Nel buio totale, isolati dalla tempesta che ha divelto alberi e bloccato le uscite, i due ricercatori diventano prede della paura. Interpretato da Brian Cox ed Emile Hirsch, il film si presenta come un viaggio senza ritorno verso il mistero e verso l’ignoto sostenuto da qualche spunto umoristico.
Museum-live-action-locandinaPrima mondiale invece per Museum (Museo) di Keishi Otomo che uscirà a Tokyo in novembre. Presentato con foga ed entusiasmo dal regista, 50 anni e autore di serie televisive, il film è un thriller di 132 minuti pieni di suspense. Tratto dal brillante manga di Ryousuke Tomoe, il film parla degli efferati ed elaborati crimini di un assassino seriale che opera nascondendosi dietro una maschera di rana. E’ sulle sue tracce il giovane ispettore Sawamura, che non sa di essere nel mirino del killer, il quale ha deciso di non ucciderlo ma di riempire di cadaveri i suoi passi. E non sa che controlla lui, la moglie e la figlia all’interno di un misterioso disegno. Sa invece, come sanno anche i suoi colleghi, che l’assassino si ritiene un artista e che sembra uccidere per vendicarsi a causa di riconoscimenti mai ottenuti. In uno scontro col killer, Sawamura perde un giovane collega e viene escluso dal caso, ma lui non demorde: scopre una pista e finisce nel covo del killer dove l’aspettano sofferenze e guai senza fine. Splendidamente interpretato da Shun Oguri, il film che è stato accolto da calorosi applausi si chiude con una sorpresa.
Trio-of-young-Aussie-stars-2Nuovo anche Safe Neighborhood (Quartiere sicuro) di Chris Peckover che uscirà in Australia a dicembre. Il regista, nativo di Montreal e attivo negli Usa ha diretto una storia non nuova, scritta da Zack Kahn, ma con un paio di variazioni che incuriosiscono. Narra di Ashley, babysitter che deve occuparsi di un ragazzo di dodici anni. Non sa che il piccolo le ha preparato un paio di scherzi insieme con un coetaneo, ma se ne accorgerà non senza qualche brivido. Finiti gli scherzi, il ragazzo comincia a corteggiare la babysitter. La ragazza non ci sta, e il piccolo passa alle maniere forti: la lega a una sedia e prepara trappole per l’amichetto e per l’ex di Ashley. Guai senza fine e senza pietà per tutti, tranne per lo scaltro bambino che ha messo a punto un piano diabolico, ma qualcosa non funzionerà. 85 minuti di tensione con Virginia Madsen, Patrick Warburton, Levi Miller. 


CrepyAffermatosi negli anni Novanta con film quali Cure (Cura, 1997), Charisma (Carisma, 1999), Pulse (Impulso, 2001), Kiyoshi Kurosawa è considerato uno dei maestri del cinema fantastico. Oggi, a sessant’anni, il regista ha presentato in concorso al Festival Creepy (Raccapricciante), un thriller di 130 minuti. Si apre col giovane ispettore di polizia Takakura che tenta di far ragionare un killer psicopatico che ha in mano un ostaggio. Non ci riesce: il prigioniero viene ucciso e il killer eliminato. Deluso, l’ispettore decide di insegnare criminologia. Cambia professione e cambia anche casa. Il trasloco non è indolore. La moglie tenta di accattivarsi i vicini, ma senza successo. Un’anziana signora le dice che la politica del buon vicinato non funziona: è meglio che ognuno si preoccupi della propria casa. Un vicino, invece, dopo essersi mostrato rozzo e scostante, scambia visite e accetta anche un invito a cena. Mellifluo e sfuggente, il vicino insospettisce Takakura che pur avendo lasciato la polizia è sollecitato da un collega per indagare sulla scomparsa di due famiglie avvenuta sei anni prima. Puzzle o mosaico che si compone pezzo per pezzo, il film ha come protagonista una sorta di angelo caduto, un giovane deluso che si riattiva perché le circostanze e il comportamento della moglie necessitano il suo intervento, e come antagonista un manipolatore, un asociale che sembra aver elevato a sistema una fredda follia. I colpi di scena si susseguono lentamente fino all’epilogo illuminante e decisamente macabro.
Cane Mangia CaneIn concorso anche il film che ha chiuso la Quinzaine des Réalisateurs a Cannes, Dog eat dog (Cane mangia cane) di Paul Schrader dal romanzo di Edward Bunker e con tre protagonisti in cartello: Nicolas Cage, Willem Dafoe, Christopher Matthew Cook. Nasce da un progetto che Schrader e Cage avevano in mente fin dai tempi di Reservoir Dogs (Le iene – Cani di paglia, 1992) di Quentin Tarantino, e diventa un film nero, molto nero e assolutamente scorretto. Tutto in 95 minuti, ma densi di sconforto, di illusioni e morti. Troy, Mad Dog e Diesel si sono conosciuti in carcere. Ora sono liberi e devono organizzare un colpo per tornare nel giro. Un boss, amico di Troy, gli chiede di sequestrare un bimbo per chiedere il riscatto al padre, noto imprenditore. Durante il sequestro uccidono proprio il padre creando una situazione insostenibile: un morto, niente denaro e problemi col boss che è all’origine dei fatti. Al di là dell’intreccio, il film descrive il profilo di tre disadattati. Senza controllo lo psicopatico Mad Dog (Willem Dafoe), bisognoso d’affetto e petulante fino all’esasperazione, per lui dire che ha il grilletto facile sarebbe soltanto un eufemismo. Responsabile invece Troy (Nicolas Cage), quello che tira i fili ma che è stato anche vittima di ingiustizie che pongono un limite alla sua pazienza. Più misurato Diesel, buon compagno ed esecutore, temperato dalle durezze del carcere. Si direbbe che Paul Schrader si diverta a scagliare tre personaggi inquieti, armati e pericolosi in seno a una società condizionata da regole e da abitudini. Il risultato è quello di tre lupi che irrompono sul gregge quando i guardiani vigilano armati.


Pet the movie posterCarles Torrens, 32 anni, nativo di Barcellona ha studiato cinema negli Usa alla Chapman University. Al suo secondo film dopo Emergo (2011), è in concorso al Festival con Pet (Animale domestico) girato a Los Angeles su sceneggiatura di Jeremy Slater. Viene spontaneo mettere il film in relazione con Il collezionista (1965) di William Wyler perché anche qui si narra di un giovanotto che sequestra una ragazza. La differenza consiste in parte nel fatto che ne è innamorato, ma soprattutto nella personalità insospettata della reclusa. Andando per ordine, Seth (Dominic Monaghan) incontra su un bus di linea Holly (Ksenia Solo), una ragazza che ha studiato nello stesso liceo. Lui lavora in un canile, lei è cameriera in uno snack e scrive quotidianamente su un’agenda. Lui l’invita a cena, lei lo evita. Quando lui l’importuna nello snack, un compagno di Holly lo picchia e lo butta fuori. Seth non si da per vinto. S’introduce nell’appartamento della ragazza, la narcotizza e la porta nella cantina del canile dove le ha preparato una gabbia. S’instaura un rapporto vittima -  carnefice durante il quale Seth tenta di far valere il proprio innamoramento. Senonché leggendo l’agenda della ragazza, scopre che anche Holly ha qualche scheletro nell’armadio. S’intravvede una probabile collaborazione tra i due, e sarà bene lasciare agli spettatori la scoperta di chi è il più forte. Scorrevole la regia di Torrens, e nei panni giusti gli attori in un racconto di novanta minuti.
RawIn concorso anche un film dalla Settimana della Critica di Cannes: il franco-belga Grave, primo lungometraggio della trentatreenne Julia Ducourneau, il cui titolo inglese è Raw (Crudo), come i pasti preferiti dalle due protagoniste. Si apre con Justine, un’adolescente vegetariana che si accinge a frequentare la facoltà di veterinaria. Quando gli anziani, in un rituale d’iniziazione, le fanno inghiottire un boccone di carne, le si riempie il corpo di pustole. Superata l’infezione, il comportamento della ragazza cambia. Durante un incidente la sorella maggiore si taglia un dito. Justine telefona al pronto soccorso, ma aspettando si sente sedotta dal dito: lo porta alla bocca, lo succhia e quasi distrattamente inizia a masticare. L’insolita vicenda di cannibalismo comincia in questo modo coinvolgendo le due sorelle che apporteranno lutti nel campus universitario. Garance Marillier ed Ella Rumpf sono impeccabili nelle vesti delle due sorelle, credibili quanto il racconto è fantastico pur sviluppandosi in maniera quasi glaciale. Circa cento minuti la proiezione durante la quale in sala nessun segno di vita!
Mon-angeChe dire del belga Harry Cleven, che esordì nel 1993 con Abracadabra e ora presenta in concorso Mon Ange (Angelo mio), un film di 79 minuti in cui si racconta la storia del figlio di un illusionista che riesce a scomparire dinanzi al pubblico? Si dà il caso che il piccolo sia invisibile e che la madre gli insegni fin da bambino a tenersi in disparte dalla gente che potrebbe fargli male. Nel bosco crescerà frequentando soltanto la coetanea non vedente della casa accanto ed è inevitabile la reciproca attrazione. Poi lei parte per dieci anni e quando ritorna ha anche riacquistato la vista. Cosa fare? Il regista ha impiegato il suo talento per descrivere un personaggio invisibile senza dargli forma mediante panni o colori, ed è riuscito nell’intento. Quello che difetta è il racconto. Una volta stabilito l’aspetto romantico di un amore quasi impossibile il film si chiude.


SchneiderMomento di distensione al Festival con due film in concorso orchestrati come giochi. Non mancano i morti, ma gli intrecci risultano a volte divertenti con la complicità degli sceneggiatori. Il meno lineare dei due è Schneider vs. Bax (Schneider contro Bax), produzione belga olandese per la regia di Alex Van Warmerdam che due anni fa a Sitges vinse il Gran Premio con Borgman.   Scritto dal regista, il film si apre in un mattino con due bambine che fanno gli auguri di compleanno al papà ancora a letto. Non sanno, e non lo sa neanche la madre, che il signor Schneider ha una doppia vita. Nella seconda è un killer a pagamento. Una chiamata urgente lo sbalza fuori di casa, ma promette alla moglie di tornare per il pranzo. Gli viene chiesto di eliminare uno scrittore che vive isolato in una laguna. Motivo? E’ un infanticida. Schneider si traveste cambia identità, e armato di tutto punto si avvicina al bersaglio. Lo scrittore però riceve la visita della figlia, e lui chiama il contatto perché non vuole uccidere tutti e due. Il contatto assicura che farà allontanare la donna, ma in realtà è la vittima designata è proprio l'asssino a pagamentoi. Il cliente, infatti, è d’accordo con lo scrittore, altro killer, al quale ha detto che Schneider è un infanticida e che lui deve appostarsi per eliminarlo. La vicenda si complica col padre dello scrittore accompagnato da una giovanissima amante che arriva in visita, e con l’irruzione della donna del padrone di casa, amante bistrattata che vuol soltanto recuperare le sue cose. Interpretato dallo stesso van Warmerdam e da Anette Malherbe, il film dura 96 minuti e segue un percorso pieno di imprevisti e trovate che dilatano il racconto pur mantenendo alta la tensione. Alla fine l’importante è fare bene il proprio lavoro e tornare a casa in tempo per la festa di compleanno.
copcarsmallPiù semplice, ma altrettanto divertente il disegno di Cop Car (Auto della polizia), secondo film dello statunitense Jon Watts interpretato da Kevin Bacon. Due bambini di circa dieci anni attraversano i campi disobbedendo ai genitori che li credono a scuola. Siamo nel Colorado, e i due piccoli trovano una macchina apparentemente abbandonata. Dopo lunghe esitazioni montano a bordo, accendono il motore e partono. Si dà il caso che sia lo sceriffo ad aver lasciato l’auto tra gli alberi per andarsi a sbarazzare del cadavere di un trafficante che ha ucciso dopo avergli sottratto la droga. Di ritorno non crede ai suoi occhi ma si mette a correre all’impazzata dopo aver dirottato con una telefonata tutti gli agenti disponibili. Il fatto è che nella sua macchina oltre alla pistola, il fucile e i documenti c’è un altro prigioniero quasi cadavere. Lo scoprono i due bambini che sentono rumori nel portabagagli. Legato, ma ancora vivo, il balordo chiede pietà ai bambini. Una volta liberato, però, è lui che li chiude sui sedili posteriori dell’auto, prende il fucile e va ad appostarsi. I bambini infatti hanno intercettato una telefonata dello sceriffo che li ha assicurati che sarebbe venuto a recuperare la sua auto e ad accompagnarli a casa. Meno tenero, però, quando arriva sul luogo ma deve giocare la carta del poliziotto buono perché scopre di essere nel mirino della sua presunta vittima. E a questo punto entra in scena una signora curiosa che ha notato le due auto in sosta in mezzo al nulla. Lasciamo il finale allo spettatore che vedrà il film in sala. Da parte nostra un grazie a due film non eccellenti, ma che non annoiano.


62mo-taormina-film-fest-premio-cariddi-a-desi-L-X7FLiKImpossibile vedere tutti i film in concorso al Festival: 30 nella sezione Oficial Fantàstic e 17 nello Speciale Oficial Fantàstic. Privilegiando le proiezioni tenute nell’Auditori da citare Desierto (Deserto) di Jonàs Cuaròn, figlio di Alfonso col quale aveva collaborato alla sceneggiatura di Gravity. Interpretato da Gael Garcia Bernal e Jeffrey Dean Morgan, il film sembra affrontare il tema dei messicani che tentano di attraversare illegalmente il confine con gli Usa per trasformarsi in un thriller che ricorda La pericolosa partita (The Most Dangerous Game, 1932) di Irving Pichel ed Ernest B. Schoedsack. Si apre con un vecchio furgoncino che si guasta a pochi chilometri dalla frontiera e obbliga una dozzina di emigranti a continuare a piedi. Un ranger statunitense non vi presta molta attenzione, ma un cowboy in fuoristrada, armato di fucile di precisione e accompagnato da un cane, decide di difendere la sua terra e si apposta su una collina per un tiro al bersaglio sugli intrusi. Uccide i primi otto che precedono quattro rimasti indietro e crede di averli eliminati tutti. Il cane, però, fiuta altre presenze, e lui riprende la caccia. E qui spunta il thriller perché i fuggitivi hanno assistito al massacro e fuggono sulle colline inseguiti da un cane feroce e dal giustiziere che deve continuare a piedi. Sono 95 minuti di suspense assicurato per scoprire chi resterà in vita, con la concessione di qualche stratagemma che ravviva la caccia, ma la sensazione è quella di un videogioco su grande schermo.
Crimini altrettanto efferati, ma commessi secondo errate convinzioni religiose, sono illustrati nel film indiano psycho-raman-2016-anurag-kashyap-04Psycho Raman (Raman lo psicopatico) di Anurag Kashyap ispirato dalla figura di Raman Raghav, assassino seriale degli anni Sessanta, che terrorizzò l’India con una scia di morti. Ambientato ai nostri giorni a Mumbai, il film mostra un disadattato che ammazza perché si sente chiamato per uccidere. Ha deciso di chiamarsi Rammana e trascrive puntualmente su un taccuino nomi e date delle esecuzioni. La sua vita ha una svolta quando osserva un poliziotto cocainomane che elimina a sangue freddo una persona indifesa. Lo interpreta come un completamento di sé stesso, uno che fa valere la giustizia terrena, controparte della sua giustizia divina. Lo segue disseminando cadaveri sulla sua strada e ingaggiando una sorta di caccia gatto - topo. Quando decide di aver compiuto la sua missione si costituisce e chiede un confronto con l’agente per spiegargli le ragioni dei suoi omicidi e dimostrargli che lui invece uccide senza motivo o per tornaconto. Interpretato in maniera brillante da Nawazzudin Siddiqui e Vicky Kaushal, il film è suddiviso in otto capitoli e dura 128 minuti. E’ una sorta di detective story dagli spunti realistici e si avvale di una narrazione serrata, di personaggi ben definiti e di un ininterrotto filo conduttore, la lucida follia del protagonista.
salt-and-fire-posterNella sezione speciale anche il film di Werner Herzog, Salt and Fire (Sale e fuoco) del quale si potrebbe scrivere: intenzioni eccellenti, film onesto. Per denunciare i guasti all’ecosistema, il regista narra di una delegazione dell’Onu che sbarca in America latina per raccogliere dati su malformazioni geologiche. Sequestrata all’aeroporto, la scienziata a capo della delegazione viene trasportata su una collina in mezzo a un deserto di sale e lasciata a meditare per alcuni giorni in compagnia di due bambini ciechi. Quando verrà ricondotta all’aeroporto, il fuorilegge che l’ha sequestrata le dirà di averle voluto far sperimentare il disastro ecologico, cosa molto più importante delle cifre che lei voleva raccogliere incontrando i rappresentanti del governo. Girato in Bolivia e interpretato da Veronica Ferres e Michael Shannon, il film è più un monito che il racconto, servito da splendide immagini, di una natura ferita.


I PREMI


Swiss-Army-Man-1Considerando il numero delle sezioni e delle giurie c’è stata un’invasione di premi. Attenendoci alle principali, apriamo con la Secciò Oficial Fantàstic Sitges 2016 dove il Gran Premio è stato vinto dall’inclassificabile film statunitense Swiss Army Man (Soldato svizzero) di Daniels, che ha ottenuto anche il premio d’interpretazione maschile andato a Daniel Radcliffe. Il premio speciale della giuria è stato assegnato all’inglese La autopsia di Jane Doe di André Øvredal. Train to Busan (Il treno per Busan) del coreano Yeong Sang-ho ha avuto il premio per la migliore regia e anche quello per i migliori effetti speciali che ha coronato Jung Hwang-su. Il Premio d’interpretazione femminile è stato di per Senna Nanua, protagonista del film di coproduzione inglese-americana Melanie. The Girl with all the Gifts (Melania. La ragazza con tutti i talenti) di Colm McCarthy. Premio di sceneggiatura a Jeremy Slater per il film prodotto da Spagna e Usa, Pet di Carles Torrens. Premio per la fotografia al coreano Hong Kyung-pyo per il film The Wailing (Lo straniero) di Na Hong-jin. Miglior corto: Curve di Tim Egan (Australia) con una menzione per Limbo di Konstantina Kotzmani, prodotto da Francia e Grecia.
Anche il pubblico ha premiato un film coreano, Agassi (Fatto a mano) di Park Chan-wook. Il premio José Luis Guarner (giuria della critica) è andato a un film già uscito in Italia, il danese The Neon Demon di Nicolas Winding-Refn. Il Premio Citizen Kane al miglior esordiente ha coronato Grave di Julia Ducournau che ha vinto anche il Méliès d’argento quale miglior film europeo. Nella sezione Nove Vision One ha vinto Babak Anvari con Under the Shadow (In penombra), prodotto da Gran Bretagna, Giordania, Qatar.
Nella sezione Nove Vision Plus, il vincitore è l’iraniano Mani Haghighi con A Dragon arrives! (Arriva un drago!). Nella sezione Panorama Fantàstic il premio ha coronato una coproduzione tra Irlanda e Regno Unito, I am not a Serial Killer (Non sono un assassino seriale) di Billy O’brien.
Dulcis in fundo, il film italiano Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti ha vinto il premio della sezione Orbita dove concorrevano tredici film.