28 Ottobre 2014
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36° Festival Cinéma Méditerranée di Montpellier |
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Marsella (Marsiglia) è il titolo di un film della regista spagnola Belén Macias e ruota attorno a una figura femminile, quella di Sara, a cui il tribunale ha sottratto la figlia Clara dopo che la donna, madre single, era stata privata della patria potestà essendo un’alcolizzata cronica. Un elemento fondamentale nella decisione sull’affido - assegnato a un’altra donna, Virginia – è stata la caduta dalla finestra della piccola mentre la madre era ubriaca. Ora, cinque anni dopo, la donna, che ha riottenuto l’affido della piccola, vuole portarla a Marsiglia a conoscere il padre. Non ha un’auto e un suo collega – amante gliene propone una lussuosa e veloce, a patto che assieme alla sue cose trasporti anche un borsone pieno di droga. Durante una sosta in un punto di ristoro l’auto è danneggiata da un camion guidato da un autista premuroso e sensibile. Le cose si complicano con l’arrivo dell’ex-affidataria cui la piccola aveva telefonato impaurita dopo che Sara l’aveva lasciata sola in albergo. Inizia a questo punto un confronto duro fra le due donne, aggravato dalla scomparsa della droga e dalle aggressioni dei trafficanti che la rivogliono. Finale buonista con la sorpresa che il padre naturale è morto e la madre biologica che fa un passo indietro per lasciare la piccola all’affidataria, sicura che in questo modo la bimba avrà un futuro migliore. E’ un melodramma pieno di incongruenze che vanno dalla sostanziale disponibilità dei mercanti di droga, alla comprensione del maturo camionista. Un film di buon taglio commerciale, ma del tutto trascurabile.
Le cose sono andate appena meglio con Atlit dell’esordiente Shirel Amitay che racconta i rapporti tesi fra tre sorella che hanno ereditato una grande casa di campagna in un villaggio israeliano. Una vorrebbe vendere subito, un’altra è tentata dal continuare a conservare la magione, densa di ricordi d’infanzia, l’ultima tentenna fra conservazione e vendita. Il tutto è ambientato nel 1995 quando i negoziati di pace fra israeliani e palestinesi sembravano sul punto di approdare a una solida convivenza fra i due popoli. Il processo s’interruppe la sera del 4 novembre 1995 con l’assassinio del premier Yitzhak Rabin (1922 – 1995) dopo un comizio in cui aveva espresso chiaramente la sua idea di pace. A questo episodio la regista dedica sequenze che sono fra le più belle del film, con le strade mute, le auto immobili, le portiere spalancate e la radio che dà il tragico annuncio. Il resto è un susseguirsi di chiacchiere poco concludenti, non certo sostanziata dalla presenza dei fantasmi dei genitori, uno dei quali è affidato all’attore e regista Pippo Delbono. In altre parole un film in cui i discorsi fanno premio sulle immagini e i dialoghi sul cinema.
Bastado del tunisino Najib Belkadhi mette in scena una dolorosa e disperata metafora sulle lotte per il potere nei paesi arabi. Il protagonista è un trovatello (un ristoratore lo ha raccolto in un cassonetto per l’immondizia) che vive in un quartiere – ghetto tiranneggiato da una grasso rais la cui madre, vera ispiratrice delle sue malefatte, si chiama Verde come il colore dell’Islam e la coincidenza è tutt’altro che casuale. Lo scontro fra l’orfano, che si è progressivamente affrancato, e il capobanda è cruento e passa anche attraverso un’antenna per i telefonini posta sul tetto della casa del ex- reietto che funziona da simbolo sia di modernità, sia di oggetto di dipendenza per i poveri. Ha peso anche la relazione con una giovane capace di attrarre ed ospitare gli insetti sul proprio corpo. Il confronto fra i due - con gli altri abitanti che si fanno trascinare emotivamente o per interesse dall’una o dall’altra parte - approda alla morte del protagonista e all’inizio di un nuovo dominio. E’ una conclusione pessimista che nasce, con tutta probabilità, dalla delusione per gli esiti di molte primavere arabe che alcuni anni or sono avevano alimentato speranze forse esagerate. Come dire un film molto interessante per la simbologia che veicola, ma piuttosto grossolano nella realizzazione.
U.R.
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