35° Festival Cinéma Méditerranée di Montpellier

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Sito ufficiale del festival: http://www.cinemed.tm.fr/

35° Festival du Cinéma Méditerranéen de Montpellier

locandina Cinemed2013Il Festival del cinema Mediterraneo di Montpellier arrivato quest’anno alla 35ma edizione. E’ una manifestazione decisamente importante che si rivolge alle cinematografie dei paesi che si affacciano sul mediterraneo. Vale dire un arco assai ampio di nazioni che spaziano da Israele al Portogallo, dalla Turchia alla spagna passando per Italia, Francia e ex Iugoslavia. Il primo titolo visto quest’anno viene dalla Spagna ed è Stockholm, secondo lungometraggio dello spagnolo Rodigo Sorogoyen: E’ un’opera che potremmo definire minimalista, nel senso che racconta una vicenda in cui si stenta a cogliere fatti straordinari, ma che punta interamente sulla psicologia dei personaggi.

Una ragazza e un giovane s’incontrano in una notte come tante, usciti da una discoteca lui la fa oggetto di una corte assillante sino a convincerla a salire in casa sua e a fare l’amore con lui. Tutto normale, apparentemente, se non che l’indomani mattina, lui vorrebbe metterla alla porta come è solito fare con le donne che gli concedono una notte di piacere, ma lei si rifiuta di andare via, vuole qualche cosa di più: ha creduto alle sua parole quando gli ha promesso di essere innamorato di lei ed ora vuole una storia vera, un legame forte e stabile. In breve dalla discussione educata si passa agli sintoni, agli scontri fisici sino al momento in cui la donna, disillusa sino in fondo di uccide lanciandosi nel vuoto. StokolmTesti di questo tipo poggiano quasi interamente sulle spalle degli interpreti, in particolare di Aura Garrido – premiata al Festival di Malaga quale miglior interprete proprio per questo film – che riesce a dare al suo personaggio un’intensità interamente costruita su minimi movimenti del corpo e sufi sguardi. Film minimalista, si è scritto, ma opera tutt’altro che banale in cui serpeggiano umori acri e profondi nonché dure critiche alla maschilismo e alla condizione minoritaria delle donne. Un piccolo film con un grande spessore oltre la superfice.
Qualche cosa di simile, anche se con risultati complessivamente assai meno intensi capita anche nel croato One SchotHitac opera prima di Robert Orhel. Qui a essere messe a confronto sono due figure femminili: una commissaria di polizia non più giovanissima e una studentessa universitaria d’economia. La prima ha una relazione con un uomo sposato, rimane incinta e l’amante l’abbandona preferendo a lei la famiglia. Anche l’altra attende un figlio da un uomo che non ne vuole sapere. Una notte, la seconda, scherzando con una pistola trovata in casa di un’amica fa partire un colpo che uccide un passante. Ora è la poliziotta ad indagare sul delitto e a sospettare la più giovane. Dopo varie schermaglie quest’ultima decide di confessare. Il film lascia le due protagoniste mentre stanno andando in macchina alla stazione di polizia. E’ un finale aperto che non preclude a nessuna ipotesi. Forse la commissaria insabbierà tutto toccata dal dramma della giovane. Forse farà il suo dovere sino in fondo e la studentessa finirà in prigione. Anche in questo caso un perso importante sulla riuscita del film lo portano sulle spalle le due attrici, ma nessuna di loro raggiunge l’intensità e la forza dell’interprete spagnola di cui abbiamo appena parlato.
Il terzo film in concorso è stato ParadjanovParagjanov diretto da Serge Avedikian e Olena Fetisova e coprodotto da Ucraina, Francia, Georgia ed Armenia, paesi dove ha lavorato il regista Sergej Iosifovič Paradžanov (1924 – 1990). E’ un’opera biografica che racconta in modo originale la vita di un artista più volte vessato e incarcerato dal regime sovietico e che sopportò incredibili vessazioni senza piegarsi, con la sua aria bonaria e paciosa, ai diktat della censura. Come cineasta ebbe la stima di autori importanti come Michelangelo Antonioni, Andrej Tarkovskij e Federico Fellini. Questi attestati di stima erano basati sulla stima, che gli era universalmente riconosciuta di suscitare emozioni e visioni sorrette da una vena poetica davvero unica. Il film ricostruisce, in modo apparentemente rapsodico alcuni momenti chiave della vita di questo cineasta. Vi si racconta la realizzazione di Tini zabutykh predkiv, meglio noto col titolo internazionale Shadows of Forgotten Ancestors (Le ombre degli avi dimenticati, 1965) e Sayat Nova alias Color of the Pomegranate (Il colore del melograno, 1968), opere portate a termine fra incredibili difficoltà e ostilità burocratiche. Il secondo film citato, in particolare, racconta la vita di un altro poeta: Sayat Nova. Nel complesso il film segue fedelmente la vita e la poesia di questo cineasta e ne sottolinea la difficoltà a adattarsi al regime sovietico, anche se, su questo versante mostra alcune reticenze a denunciare sino in fondo un regime che arrivava a far fare il bagno in massa ai detenuti per cogliere l’eccitazione di quelli che venivano poi denunciati come omosessuali. Per questo reato il cineasta passò vari anni in carcere e questo ne minò la salute e ridusse la sua capacità creativa.

quai d-orsai

Fuori dalla competizione è stato presentato anche l’ultimo film di Bertrand Tavernier: Quai D’Orsai. Il titolo del film cita l’indirizzo del Ministero francese degli Affari Esteri e il regista ha portato sul grande schermo la prima parte del racconto fumetti omonimo di Abel Lanzac e Christophe Balin. Un testo che irride l’incapacità, il pressapochismo e le manie che marcano quest’importantissimo ganglio della diplomazia mondiale. Il modello è Dominique de Villepin, ministro durante la presidenza di Jacques Chirac. Si ride amaro e ci si chiede in quali mani siano depositate le sorti del mondo. Un film fortemente ironico, che ha colpito soprattutto il pubblico di casa che vi ha colto al volo i numerosi riferimenti a noti personaggi politici d’oltralpe. Un testo simpatico e a suo modo abbastanza coraggioso, ma che non aggiunge nulla ad un regista che rimane fra i maggiori del panorama mondiale e a un intellettuale le cui analisi sul cinema americano, in particolare sull’western, restano tutt’ora basilari.

U.R.