Il cinema degli altri: la Francia - Pagina 10

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Il cinema degli altri: la Francia
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Il cinema degli autori

hors stan posterUna delle caratteristiche del cinema francese è quella, come accade in qualsiasi solida attività industriale di dare spazio anche ad autori poco convenzionali. Uno di questi è sicuramente Bruno Dumont di cui in passato abbiamo apprezzato le opere interpretate da attori improvvisasti con esiti spesso sconcertanti. Al Festival di Cannes 1999 il suo L'umanità (L'humanité) vinse il Premio Speciale della Giuria e fruttò ai due interpreti principali – entrambi attori non professionisti – la Palma per la migliore interpretazione maschile (Emmanuel Schotté) e femminile (Séverine Caneele). Il cinema di questo regista è profondamente intriso di valori religiosi, come testimonia anche Hors Satan (Fuori Satana, 2011) un’opera aperta ad un discorso leggibile anche come metafora sulla fede e in cui un misterioso personaggio, capace di resuscitare i morti e punire i malvagi, si accompagna - siamo in una regione della Manica - a una ragazza oltraggiata da un vicino, innamorata e pronta a fare l’amore con il santo. Lui respinge ogni offerta sessuale, come capita agli angeli scesi sulla terra, mentre fa pagare ai malvagi pagano il fio delle loro colpe. Questo anche quando si tratta di semplici viandanti troppo sensibili al richiamo del sesso. Ancora una volta siamo in presenza di una fotografia che trae il meglio da un paesaggio ricco di suggestioni, ma anche di una morale e una teoria che prevalgono sul racconto. Vale la pena notare come, nel 2010, ci sia stato un film turco, Kosmos di Reha Erdem al cui centro c’è una figura di santo misterioso, molto simile a quella che compare in quest’opera.
pater locandinaUn altro autore molto personale e schivo è Alain Cavalier che ha realizzato solo sette film dal 1962 al 2011. Testi esteticamente monacali e tematicamente molto personali che questo regista, estremamente schivo, concede ai festival con difficoltà. La sua ultima fatica è Pater (Padre, 2011) in cui porta sullo schermo alcuni fra i momenti più intimi della sua vita. Oggi porta sullo schermo, come aveva fatto nel 2009 con Irene dedicato alla memoria della moglie, il suo rapporto con l’attore Vincent Lindon. I due parlano di un film immaginario in cui si dovrebbero affrontare i ruoli e le figure del Presidente della Repubblica e del Primo Ministro. È un lungo dialogo che finisce per coinvolgere e mettere a confronto due modi di concepire la vita, svelandone i punti di coincidenza e le divergenze. Come si sarà capito è un’opera di taglio molto intellettuale, che affascina e sconcerta e che richiede una lettura molto approfondita.

Roman Polanski

carnage posterRoman Polanski ha trovato rifugio a Parigi, città dove è nato nel 1938 da genitori ebrei polacchi. Dopo le note disavventure giudiziarie negli Stati Uniti si è stabilito definitivamente in Francia. Il suo cinema è fra i più interessanti e avanzati dell’oggi e gli va dato atto di non adagiarsi mai su un genere o su un filone. Dopo il thriller politico L'uomo nell'ombra (The Ghost Writer, 2010), tratto dal romanzo The ghost (2007) di Robert Harris, ha ripreso in mano il suo vecchio amore per il teatro con due film mirabili. Carnage (Carneficina, 2011) nasce dal testo teatrale Le dieu du Carenage (Il dio della carneficina, 2006) della scrittrice, attrice e drammaturga francese Yasmina Reza. Due coppie s’incontrano per discutere e sistemare una lite avvenuta fra i rispettivi figli, uno dei quali ha rotto un paio di denti al rampollo dell’altra famiglia colpendolo con un ramo. Sono i genitori dell’aggredito a invitare gli altri due e tutto sembra procedere per il meglio fra sorrisi, buone maniere e civismo, ma presto le cose iniziano a degenerare. Basta una parola di troppo, un gesto malinteso e scoppia una vera e propria carneficina con le donne che si alleano per accusare i mariti di maschilismo e insensibilità e questi che solidarizzano fra loro all’insegna delle bevute e del cinismo. E’ un percorso dalla civiltà alla ferocia della giungla che passa per la cancellazione di ogni parvenza di socialità in nome della convenienza personale. E’ il classico testo ricco di letture di secondo grado che solo una pattuglia di attori straordinari è in grado di caricare di tutta la complessità che richiede. Buona parte della riuscita del film è dovuta al cast composto di Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz e John C. Reilly che portano sullo schermo il patrimonio professionale acquisito in anni di lavoro nel cinema e in teatro. E’ un’opera rapida, compatta (79 minuti), ma così ricca di senso che si stenta a racchiuderla in un giudizio definitivo.
venere in pelliccia locandinaLeopold von Sacher-Masoch (1836 – 1905) è uno scrittore austriaco di origini spagnole e ucraine. Il termine masochismo nasce dall’opera dello psichiatra Richard von Krafft-Ebing (1840 – 1902) e dagli stati d’animo descritti nei romanzi di quest’autore, fra i quali Venere in pelliccia (Venus im Pelz, 1870) ha avuto un ruolo fondamentale. E’ un testo che è stato utilizzato anche come materiale pornografico e, per questo censurato. Roman Polanski ha preso spunto da un testo teatrale dell'americano Davis Ives (1950), messo in scena nel 2011, per un film (La Vénus à la fourrure, 2013) in cui due soli interpreti si affrontano sulla scena di un teatro parigino piuttosto malandato. Lui è un drammaturgo che ha adattato per il palcoscenico il romanzo e ha deciso di dirigere lo spettacolo, stanco dei continui tradimenti che altri registi riservano a testi che lui ama o ha scritto. Lei, Vanda, è un’attrice, volgarotta e prosperosa che si presenta in ritardo ma equipaggiata di tutto il necessario, all’audizione indetta per scegliere la protagonista dello spettacolo. Dapprima il teatrante mostra irritazione e vorrebbe andarsene senza ascoltarla, poi cede e qui avviene il miracolo: quella donna sboccata e grossolana si rivela una figura ideale per suggerire al drammaturgo modi diversi di leggere il testo, intonazioni da dare al copione, addirittura battute da mutare o inserire nel dialogo. La prova si trasforma così in una sorta di seduta psichiatrica in cui è messo in discussione l’ideale femminile dell’uomo, fatte emergere le sue pulsioni profonde, ribaltati i ruoli dei due protagonisti. Adesso è l’attrice a guidare la danza e il regista ad accettarne ritmi e movimenti. Una donna che, forse, si è già trasferita in una dea o nel mito dell’eterno femminino. Ne emerge una sorta di radiografia dell’anima maschile nei confronti dei sentimenti suscitati dall’ideale femminile. E' un miscuglio di voglia di dominazione e tendenza alla sottomissione, aggressività e ritrosia. E' un film molto bello, girato in maniera straordinaria a cui danno un contributo fondamentale Emanuelle Seigner (nella vita moglie del cineasta) e Mathieu Amalric.