Il cinema degli altri: la Francia

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du rififi chez les hommes 102846 Il cinema francese e il suo mercato sono fra i maggiori in Europa, anzi molti lo considerano il più importante del vecchio continente con i suoi 204 milioni di ingressi (2012) e una quota di mercato del prodotto nazionale superiore al 40 per cento. Valori in lieve decrescita rispetto al più recente passato, tuttavia maggiori di quelli italiani dove i biglietti venduti, tanto per fare un esempio, si sono aggirati, nel 2011, attorno ai 101 milioni e la quota nazionale di mercato nell’aprile 2012 ha sfiorato il 39 per cento. Quella francese è una condizione di forza che affonda le radici anche in una politica di sostegno pubblico fra le più robuste e avanzate. Partendo da questa considerazione è impossibile riassumere nello spazio di cui disponiamo un quadro esaustivo delle molte caratteristiche che caratterizzano il film francese.  Quello che è possibile fare è individuare alcuni capitoli che colgono le caratteristiche più evidenti di questo cinema, il tutto senza alcuna pretesa di esaustività o di disegno globale di un quadro ricco di sfumature. Lo facciamo, per giunta, basandoci sulle opere comparse negli ultimi tre anni nei cartelloni di alcuni grandi festival cinematografici, con la convinzione che si tratti del meglio e del più indicativo fra quanto realizzato da quell’industria. Per semplicità procediamo per capitoli.

l-enfance-du-mal-de-olivier-coussemacq-4462448qyjpzIl poliziesco e il noir.

Un tipo di film in cui il cinema d’oltralpe eccelle da sempre. Solo per fare qualche esempio ricordiamo il successo mondiale di Rififi (Du rififi chez les hommes, 1955) di Jules Dassin e l’intera opera di un maestro del cinema come Jean-Pierre Melville (1917 – 1973). Venendo a tempi più vicini ricordiamo  L'enfance du mal (L’infanzia del male, 2010), un thriller classico nei contenuti e nello sviluppo scritto e diretto da Olivier Coussemacq. Celine ha quindici anni, la madre in carcere e una maturità ben superiore a quella di un'adolescente. Aiutata dal fidanzatino, ricatta uomini che vogliono accompagnarsi a lei e dai quali pretende molto denaro, ma non si limita a questo. Si trasferisce nel giardino di una bella villa e si fa scoprire dal proprietario, un giudice che, impietosito, le offre un pasto caldo. La moglie sente subito un certo trasporto affettivo per la ragazza, che vede come la figlia che non ha avuto. Tra alti e bassi, il rapporto nella nuova famiglia temporanea andrebbe per il meglio se la giovane non si facesse mettere incinta dal giudice. Scopriremo che tutto fa parte di una trama per far uscire dal carcere la madre, come dire che, a suo modo, la nostra è una brava ragazza. In alcuni momenti l'ingenuità del magistrato raggiunte l’incredibile, il personaggio della moglie alterna eccessivi slanci di amore ad astio, il fidanzatino è un normale ragazzo borghese che per lei si trasforma in delinquente. La vera debolezza del film si registra sul versante degli attori: Anaïs Demoustier quando ha girato il film aveva venticinque anni e, già all’epoca, era poco credibile come quindicenne, Pascal Greggory è un giudice che non crede a quello che fa e dice, Ludmila Mikaël innervosisce offre una prova in cui non mette alcun impegno.
presum coupablePrésumé Coupable (Presunto colpevole, 2011) di Vincent Garenq basato sulla vera storia di Alain Marécaux, un esempio di come l’accanimento giudiziario possa trasformare degli innocenti in mostri. Un uomo e sua moglie vivono, assieme ai due figli, in un misero sobborgo di Boulogne-sur-Mer. Una tragica notte del 2001 irrompe la Polizia, lo arrestano e lo trattano come un pericoloso malvivente. Lui scopre a stento di essere accusato di appartenere ad una pericolosa banda di pedofili franco - belgi che, tra l’altro, hanno usato anche i propri figli per filmati porno. Assieme a lui finiscono in galera altre dodici persone ma per lui l’accusa, gravissima, è anche di avere abusato del figlio. Domande non invasive fatte ai ragazzini con l’aiuto degli psicologi portano a risposte che il giudice inquirente valuta come accuse pesanti. La madre dell’uomo muore, la moglie lo lascia, i figli vengono affidati ai nonni. Pur avendo un avvocato che gli crede e nonostante l’assoluta mancanza di prove rimane in prigione. Intraprende un lunghissimo sciopero della fame, si rivolge alle autorità e, alla fine, ogni accusa decade. Il film è tratto dal libro Chronique de mon erreur judiciair scritto dallo stesso protagonista come tragico diario di un’avventura che non deve essere dimenticata e far riflettere sull’infallibilità che certi magistrati credono di avere. Splendida la prova di Philippe Torreton, che, per vivere meglio il personaggio, ha realmente perso più di venti chili. Il film gira tutto attorno al protagonista con un personaggio perfettamente delineato mentre gli altri sono appena accennati.
polisse1Merita un cenno anche Polisse (Lucido, 2011) di Maïwenn Le Besco. La regista, che è anche una famosa attrice, racconta una serie di aggressioni a bambini affrontate dalla squadra per la repressione dei crimini sui minori (BPM = Brigade de Protection des Mineurs) di Parigi. Sono vicende di pedofilia, prostituzione giovanile, violenze su ragazzi e ragazze. L’elenco è abbastanza variegato, ma rischia la ripetitività e la direzione non riesce a motivare gli snodi dei vari capitoli, che rimangono isolati gli uni dagli altri senza convergere in un disegno unitario. Più che un film unitariamente concepito, sembra un collage di corto e mediometraggi collegati da un generico intento di denuncia, anche malamente saldati da banali storielle d’amore e di difficoltà familiari. Da aggiungere, poi, un fastidiosissimo elogio della probità e correttezza della polizia francese – una sola volta un agente rifila uno schiaffone a un pedofilo arrogante, tutte le altre gli incriminati sono trattati con i guanti – esaltazione che contrasta con non pochi episodi di cronaca che, invece, hanno messo in luce brutalità e abusi.