Il cinema degli altri: la Francia - Pagina 9

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Il cinema degli altri: la Francia
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I film davvero originali

the-artist-locandinaThe Artist (L’artista, 2011) di Micherl Hazanavicius racconta una storia non nuova e parla di quella fase, convulsa e drammatica, che ha segnato sia il passaggio dal cinema muto a quello sonoro (1927 uscita di The Jazz SingerIl cantante di Jazz – di Alan Crosland), sia il dramma della grande crisi che ha travolto l’economia mondiale fra il 1929 e il 1933. Il primo scenario è affrontato con alcune trovate davvero notevoli. Citiamone una: il passaggio al cinema sonoro segnalato con gli oggetti che, cadendo o spostandosi, fanno rumore, mentre gli esseri umani, in particolare il protagonista, continuano a rimanere afoni. Il film racconta, praticamente senza dialoghi, l’amore fra un divo del muto e una giovane star del sonoro che egli stesso aveva avviato al cinema. I due hanno rapporti molto difficili, con lei che non smette di aiutare il protagonista anche quando rifiuta ogni sostegno. Il finale è all’insegna del più classico happy end, con il ritorno al successo di entrambi come coppia di ballerini. E’ un’opera molto simpatica, leggera, intelligente nella costruzione e di ottimo livello nella confezione e nello sviluppo, anche se prevedibile, del racconto.
mouton 1Mouton (Montone, 2013) di Marianne Pistone e Gilles Deroo è un film inconsueto. In un certo senso sembra provenire dal passato, da quando – anni sessanta del secolo scorso – erano in voga il cinema verità, i documentari lunghissimi della scuola ungherese e la macchina da presa era impugnata quasi come una penna. Il tutto per seguite i più reconditi palpiti di un qualche personaggio che spesso faceva cose banalissime. In questo caso la camera pedina, in tre tempi, Orelien - detto Mouton - giovane figlio di una madre alcolizzata alla quale è sottratto, mandato in un istituto per minori e qui trasformato in un cuoco appassionato e provetto. Purtroppo durante una festa paesana – l’intera storia si svolge in un villaggio bretone sul mare – un tizio, in evidente stato alcolico, gli taglia un braccio con una sega meccanica. Privato di ogni possibilità di lavoro il giovane si allontana e scompare dando sporadicamente notizie di se. Coloro che sono rimasti, qui inizia la seconda parte, lo ricordano in più di un’occasione tanto che sembra quasi che tutto continui a ruotare attorno alla sua figura. Nell’ultimo, rapido, capitolo assistiamo, mesi dopo, a una sorta di ritorno alla vita ordinaria, con i ricordi del ragazzo che rimangono solo nella mente di alcuni e si fanno sempre più labili. Il film è girato interamente con la macchina a mano, il che significa inquadrature volutamente sporche, traballanti, sfuocate. Se un tempo questo tipo di cinema aveva dato vita a una vera e propria tendenza, oggi si colloca più sul versante delle operazioni intellettualistiche che non su quello della ricerca di nuove forme d’espressione. E’ un testo che si guarda anche con un fondo di simpatia, ma senza alcuna autentica emozione.