Il cinema degli altri: la Francia - Pagina 5

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Il cinema degli altri: la Francia
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jimmy p posterA mezza strada fra Stati Uniti e Francia si colloca Jimmy P. - Psychothérapie d’un Indien des Plaintes (Jimmy P. - Psicoterapia di un indiano delle pianure, 2013) di Armand Deplechin che porta sullo schermo un caso psichiatrico particolarmente difficile. Nell’immediato dopoguerra un indiano della tribù dei Piedi Neri, reduce dalle battaglie in Francia, è ricoverato in un ospedale militare causa continui dolori alla testa e allucinazioni. Nonostante abbia subito un’operazione sommaria al cranio in zona di guerra, gli esami non rivelano nessuna anomalia fisiologica. A questo punto uno dei medici ha l’idea di chiedere consiglio ad un francese d’origini rumene che vive a New York e ha una solida fama di esperto in culture indio-americane. Il tipo, che tutti trattano da psichiatra anche se non è affatto chiaro che abbia realmente conseguito laurea e specializzazione, riesce nell’improba fatica di rimettere il linea il paziente facendo leva sul suo passato e, soprattutto, sui traumi causati dal conflitto fra cultura bianca e valori indiani. E’ questo un classico film per attori, Benicio Del Toro e Mathieu Amalric danno il meglio disegnando alla perfezione paziente e psichiatra. Lo spunto lo offre una storia vera, ma questo non aggiunge un grammo alla nostra conoscenza sull’epoca in cui i fatti si svolgono, né ai rapporti fra conquistatori e nativi, né, infine, sullo scontro fra culture, sostanzialmente primitive, e abitudini moderne. Come dire: un testo di ottima professionalità, ma un film privo di vera originalità.

Le storie a sfondo sociale

les-neiges-du-kilimandjaro-4Robert Guédiguian è un vero maestro del cinema strutturato su componenti politiche. La sua ultima fatica, Les Neiges du Kilimandjaro (Le nevi del Kilimangiaro, 2011), è dominato da speranza e buoni sentimenti. Ritornato nella sua Marsiglia dopo alcune escursioni parigine, il regista ci racconta i triboli di un sindacalista portuale che spinge la sua onestà sino a truccare l’estrazione per scegliere i venti operai da licenziare in cantiere, mettendo il suo nome al posto di quello di un altro. Disoccupato e melanconico, passa le giornate fra lavori casalinghi e ozio, sino al momento in cui lui, la moglie e una coppia di amici sono vittime di una rapina in cui due banditi rubano loro risparmi e denari raccolti dagli altri operai per compensarlo del suo lungo lavoro sindacale. Casualmente scopre che uno dei rapinatori è un suo ex – collega, licenziato anch’egli, lo denuncia alla polizia e lo fa condannare. Quando ha un confronto con il ladro, si sente insultare e accusare di non aver adempiuto ai suoi compiti in modo adeguato. Sconvolto, finirà per prendere con sé, assieme alla moglie, i due fratelli del delinquente, due ragazzini che, altrimenti, rimarrebbero senza alcuna protezione. Più che ai vecchi ideali comunisti, tipici di questo regista, spira nel film una piacevole aria di socialismo romantico, rinforzato dalla molte citazioni di Jean Jaurès, uno dei padri della socialdemocrazia francese. E' un film ottimista e solidale che, di questi tempi, appare più che utile.
louise-wimmer posterLa sensibilità dei registi francesi verso i temi sociali è nota e le produzioni di questi ultimi anni l’hanno confermata con forza. Un caso emblematico è quello di Louise Wimmer (2012), opera prima di Cyril Mennegun che porta al centro del racconto una cinquantenne in difficoltà che ha alle spalle una tranquilla vita borghese interrotta dalla burrascosa separazione dal marito, che l’ha lasciata sola e piana di debiti legati alla sua passata attività di piccola imprenditrice. Ora è costretta a vivere d’espedienti, dormire in macchina, rubare il carburante, lavorare come cameriera in un albergo, lavarsi nei bagni delle stazioni di servizio. E’ la disperazione più totale, ma lei non si arrende, rifiuta ogni aiuto, anche quello dell’amante, protesta cocciutamente con il personale dell’ufficio incaricato di assegnare le case ai poveri, tiene testa al direttore dell’albergo in cui lavora e guarda oltre le difficoltà. Alla fine anche per lei si aprirà uno spiraglio di speranza. Il film traccia un ritratto preciso e doloroso di una persona che ha perso lo status sociale e deve misurare sulla sua pelle la difficoltà del vivere senza risorse. Il film - già pregevole per l’interpretazione di Corinne Masiero, attrice dal corposo passato televisivo che qui assume uno spessore e un’attualità del tutto particolari confermando la sensibilità del miglior cinema francese contemporaneo verso i grandi temi sociali. La vicenda di questa donna, la cui età la colloca quasi nel ruolo di relitto per il mondo produttivo, diventa l’emblema di una macelleria sociale che non riguarda solo il mondo dei poveri e quello degli emarginati, ma tocca direttamente i ceti medi. Come dire che quest’essere umano costretto a dormire in macchina è l’emblema di un’intera classe sociale travolta dalla crisi mondiale e dalla ferocia delle politiche selvaggiamente liberiste.