Il cinema degli altri: la Francia - Pagina 7

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Il cinema degli altri: la Francia
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La politica

il ministro posterI cineasti d’oltralpe si sono cimentati spesso con la politica, uno degli esempi più recenti lo ha offerto Pierre Schoeller autore de Il ministro - L'esercizio dello Stato (L’Excercice de L’Etat, 2011) Il film ruota attorno alla figura di un ministro di secondo livello, quello dei trasporti, costretto a scegliere fa l’impegno che ha preso per salvaguardare i suoi concittadini che usano i mezzi pubblici o farsi complice di una complessa manovra ordita dal potere politico in combutta con quello economico. Un losco affare che ruota attorno alla privatizzazione delle grandi stazioni ferroviarie. Resisterà un po’, ma si piegherà quando il capo del governo gli farà capire che potrebbe ottenere un dicastero più importante. Anzi, accetterà con gioia di diventare ministro degli affari sociali con il compito di sedare in qualche modo il malcontento suscitato dalle sue decisioni. Il film non è del tutto chiaro per uno spettatore non esperto di maneggi della politica francese, ma ha una sua compattezza narrativa, non inquinata da pochi elementi sicuramente negativi. Fra questi le immagini grandguignolesche dell’incidente d’auto di cui è vittima il politico. C’è, inoltre, una solidità complessiva che lo candida a materiale utile per un’accesa discussione. Per quanto riguarda il nostro pubblico richiama qualche analogia con fatti e costumi della vita la politica italiana, anche se si tratta spesso di riferimenti generici che non s’inseriscono con precisione in fatti che tutti ci coinvolgono.
quai-dorsay-afficheIn tempi ancor più vicini a noi c’è da segnalare Quai D’Orsai (2013) di Bertrand Tavernier che ha portato sul grande schermo la prima parte del racconto a fumetti omonimo di Abel Lanzac e Christophe Balin. Il titolo del film cita l’indirizzo del Ministero francese degli Affari Esteri ed è un testo che irride l’incapacità, il pressapochismo e le manie che marcano quest’importantissimo snodo della diplomazia mondiale. Il modello è Dominique de Villepin, ministro durante la presidenza di Jacques Chirac. Si ride amaro e ci si chiede in quali mani siano depositate le sorti del mondo. Un film fortemente ironico, che ha colpito soprattutto il pubblico che vi ha colto i numerosi riferimenti a noti personaggi politici d’oltralpe. Un testo simpatico e a suo modo abbastanza coraggioso, ma che non aggiunge nulla alla filmografia di un regista che rimane fra i maggiori del panorama mondiale e un intellettuale le cui analisi sul cinema americano, in particolare l’western, restano tutt’ora basilari.

Le commedie

ni a vendre ni a louer posterIl cinema ridanciano è uno dei punti di forza delle cinematografie mediterranee e anche in Francia ha un peso molto forte. Basti ricordare l’esito di un titolo come Giù al Nord (Bienvenue chez les Ch'tis, 2008) di Dany Boon da cui è derivato l’italiano Benvenuti al Sud (2010) di Luca Maniero e il sequel Benvenuti al Nord (2012) a firma del medesimo regista. Per quanto riguarda il resto della produzione transalpina ricordiamo Ni à vendre, ni à louer (Non da vendere né affittare, 2011) del disegnatore di fumetti Pasacal Rabaté. Il film nasce da una delle sue graphic stories ed è sostanzialmente privo di dialoghi. Su una spiaggia di Saint-Nazaire, in Bretagna, durante la morta stagione, si ritrovano vari personaggi. Due coppie e un uomo, con tendenze sadomaso, alloggiano tutti all’albergo L’Océan. Il maschio solitario si fa ammanettare al letto e frustrare da un’amante compiacente. Solo che, sul più bello, lei lo lascia in quella scomoda posizione, gli ruba vestiti, macchina, documenti e scappa. Gli altri quattro vanno al mare e, dopo qualche inciampo dovuto a un aquilone sfuggito al controllo, si scambiano i partner. Nel frattempo altri villeggianti vivono in scomode roulotte, in case minuscole, in improbabili tende oppure, come la coppia hippy cui va la simpatia del regista, dormono direttamente sulla spiaggia. Accadono vari incidenti tutti generalmente a lieto fine, fra cui un funerale punteggiato d’inciampi. Ci sono anche un paio di borseggiatori che gozzovigliano saldando i conti con la carta di credito sottratta al cultore delle pratiche sadomaso. Il film è praticamente muto, con qualche battuta qua e là che non va oltre le due o tre sillabe. Oltre che riferimenti ai fumetti ci sono non poche citazioni cinematografiche che spaziano da Jacques Tati (Le vacanze di Monsieur HulotLes vacances de Monsieur Hulot, 1953) a Pierre Étaix (Quando c’è la salute - Tant qu'on a la santé, 1965), tutte debitamente aggiornate ai giorni nostri. Ne nasce un film non originalissimo, ma poetico e coraggioso nel suo andare programmaticamente controcorrente rispetto al cinema chiassoso che trionfa sugli schermi.