Il cinema degli altri: la Francia - Pagina 3

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Il cinema degli altri: la Francia
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Le storie d'amore

locandina-il-ragazzo-con-la-biciclettaLe storie d’amore, con finali più o meno lieti, sono da sempre un punto di forza, anche commerciale del cinema francese. Andando al passato basterà ricordare un altro successo planetario: Un uomo e una donna (Un homme et une femme, 1966) di Claude Lelouch. I legami fra la cinematografie belga e francese sono così intricati da permettere di parlare di una sola mondo creativo, come dimostra il caso di Jean-Pierre e Luc Dardenne. A proposito di questi due cineasti ricordiamo subito Il ragazzo con la bicicletta (Le gamin au vélo, 2011). Sono autori che per questo titolo hanno ottenuto, ex – aequo con Nuri Bilge Ceylan, regista di Zamanlar Anadolu’da (C’era una volta l’Anatolia, 2011), il Gran Premio della Giuria del Festival di Cannes bissando i successi di Rosetta (Palma d’Oro e premio della migliore interpretazione femminile, 1999), Le fils (Il figlio) che ha ottenuto il premio per la migliore interpretazione maschile del 2002 e L’enfant (Il ragazzo) coronato con la Palma d’Oro nel 2005. Questa loro ultima fatica conferma lo stile delle loro opere migliori, un percorso fatto di macchina da presa costantemente sugli interpreti, storie semplici ma ricche di significato, interpreti straordinari. Cyril non ha ancora compiuto dodici anni, vive in una casa per ragazzi dove il padre l’ha messo non avendo più intenzione di curarsi di lui. Il sogno del giovane è di ritrovare il genitore, ma quando ciò accade, questi gli conferma che non vuole più saperne di lui. Uno spiraglio si apre quando Samantha, una parrucchiera gentile e sensibile, decide di diventare l’affidataria temporanea del ragazzo. Anche nella nuova situazione le cose non vanno bene e il giovane lui si lega a un delinquentello che lo spinge a rapinare un bibliotecario. Uscito dai guai, grazie ancora ai buoni uffici della parrucchiera, rischia grosso quando il figlio del rapinato vuole vendicarsi. Tuttavia ogni cosa finirà bene con la speranza che l’adolescente abbia superato il trauma dell’abbandono e capito quale strada sia meglio imboccare. Il film è girato con l’usuale stile pulito e tranquillo tipico di questi cineasti, e costruisce un piccolo apologo sulla violenza del mondo e sui drammi dell’abbandono. E’ una storia apparentemente banale, ma che gli autori trasformano in un piccolo gioiello di sensibilità e introspezione psicologica.
brasserie romantiek posterAnche Joël Vanhoebrouck è belga, ma il cui esordio, Brasserie Romantiek (Ristorante romantico, 2012) segna un debutto tipicamente francese. Tutto si svolge la sera del 14 febbraio, San Valentino, in un tempo che è quasi lo stesso della proiezione cinematografica. La scena è quella di un piccolo ristorante di Bruxelles dove è stato organizzato in pranzo romantico a menu fisso riservato a coppie d’innamorati omo ed eterosessuali. In tutto sono una ventina di clienti che vanno dalla moglie abbandonata, che ha scelto proprio quell’occasione per uccidersi con il veleno inserito in un cioccolatino mescolato ad altri in una scatola a forma di cuore, al giovane pasticcione che tenta l’avventura con un appuntamento al buio combinato su internet, all’ex – innamorato che si presenta alla donna che lo ha sempre amato (la comproprietaria del locale) a distanza di lustri per invitarla a seguirlo immediatamente a Buenos Aires, alla coppia matura formata da una moglie in crisi e da un marito che neppure si accorge del disagio della compagna. Non tutte le storie avranno un lieto fine. La donna sola troverà un nuovo compagno nel cameriere del locale, il pasticcione capirà che una cosa sono i sogni, un’altra la realtà e capirà che la ragazza contatta su internet può essere una possibile, ottima compagna. Esito non ugualmente positivo avranno le storie della coppia matura e quella della padrona del ristorante. Il film ha un taglio decisamente teatrale, sottolineato dalla quasi unità di luogo – la sala da pranzo e la cucina – ma un andamento talmente mosso da mettere in ombra qualsiasi staticità. Ciò che conta sono i dialoghi fulminanti e il ritmo con cui le situazioni si susseguono e s’inanellano. In altre parole un film brillate e malinconico, come dire una delle miscele migliori che il cinema passa offrire.
jeune-et-jolie-2013-ozon-posterUn caso specifico è quello di François Ozon, un autore che si dedica da sempre al tratteggio di figure apparentemente normali, in realtà dalla psicologia complessa e, a tratti, contradditoria. Tale è anche la diciassettenne Isabelle che, con il nome di Lea, si prostituisce attraverso internet. Figlia di una buona famiglia borghese, vive con il patrigno, la madre e il fratello adolescente. Vende il suo corpo senza una ragione particolare, non per soldi, che potrebbe avere semplicemente chiedendoli alla madre, non per altre ragioni se non una sorta di curiosità morbosa che la spinge a incontri mercenari dai quali conosce personaggi e situazioni che la intrigano per ragioni che neppure lei sa spiegarsi. Tutto cambia quando un anziano cliente le muore fra le braccia. La polizia apre un’inchiesta, madre e patrigno scoprono le sua attività amatorie, ben presto anche amici e conoscenti vengono a sapere. Jeune et Jolie (Giovane & bella, 2013) occhieggia con non poca approssimazione a Bella di giorno (Belle de jour, 1967) di Luis Buñuel, ma il regista non ha neppure una piccolissima dose della capacità di quell’autore di dare senso e fascino a un quadro intessuto di una forte vene surreale. Qui tutto appare sin troppo reale e il panorama scivola rapidamente nella piattezza venata d’intellettualismo.