Il cinema degli altri: la Francia - Pagina 2

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Il cinema degli altri: la Francia
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tango libre posterUn certo riferimento al cinema noir è possibile rintracciarlo anche in Tango libre (Tango libero, 2012) di Frédéric Fonteyne, un belga che lavora come molti altri suoi connazionali nel cinema parigino. Il film racconta una storia segnata da un piacevole retrogusto anarchico. Fernand e Dominic stanno scontando lunghe condanne per rapina a mano armata, crimine nel corso del quale è morta una guardia. Entrambi sono legati ad Alice, moglie separata di uno dei due, da cui ha avuto un figlio ora adolescente, e rimaritata con l’altro. Il trio trova un punto d’unione in Jean-Christophe, per tutti J-C, guardia carceraria della prigione e amante del tango che incontra la donna in una scuola di danza. Il ballo argentino diventa una sorta di filo rosso che lega i tre e contagia anche gli altri detenuti. E’ una sorta di sogno libertario che permette ai detenuti di superare idealmente i muri della prigione e al carceriere di vivere una vita che vada oltre l’esistenza solitaria in cui è immerso. Tutto questo approda a conflitti vari e al coinvolgimento dell’agente penitenziario che non può rifiutarsi di far evadere i due. Tuttavia, una volta liberi, lo imbarcheranno sull’automobile con sui stanno scappando verso nuove avventure. E’ un film piacevole, ironico, moralmente irregolare in cui il ballo diventa una sorta di via di fuga dalle costrizioni della vita e dalle regole della società. Potrebbe sembrare qualche cosa di simile ad un invito alla ribellione anarchica e, in parte è tale, ma ciò che più conta è lo sguardo che propone nei confronti di un mondo grigio e oppressivo. Le sequenze più riuscite sono quelle dei numeri di ballo fra le mura della prigione, sono brani degni di un musical pieno di gusto, ritmo e speranza.
11.6manifesto11.6 (2013) di Philippe Godeau fa riferimento a una storia vera, quella di una guardia di sicurezza che, nel 2009, dopo dieci anni di servizio inappuntabile ha rubato ben undici milioni e seicentomila euro in banconote nuove di zecca. Il ladro si è consegnato alla polizia del Principato di Monaco dopo alcuni mesi di latitanza e gran parte della refurtiva è stata recuperata. Il regista non guarda tanto alle tecniche della rapina, in sé piuttosto banali, quanto a ricostruire psicologie e clima sociale. In questo il film marca vari punti positivi scavando nella condizione dei molti che hanno a che fare con ingenti somme di denaro, ma ricevono salari modesti e, di conseguenza, vivono al limite della povertà. E’ un conflitto fra i sogni, alimentati dal contatto con le grandi quantità di contante, e la dura realtà quotidiana. Uno iato che François Cluzet interpreta in maniera mirabile dando al suo personaggio una complessità e una ricchezza di sfumature davvero notevoli. In definitiva un film classico apparentemente semplice, in realtà ricco di succhi capaci d’innescare profittevoli letture di secondo grado.


Il film storico

Anche in questo caso i cineasti d’oltralpe hanno saputo far tesoro del patrimonio culturale e storico della nazione. Fra i titoli visti in questi ultimi anni vale la pena citare apollonide1L’Apollonide – Souvenirs de la Maison Close (L’Apollonide – Ricordi della casa chiusa, 2011) proposto da Bertrand Bonello. Il film è quasi interamente ambientato, ad eccezione la sequenza finale, fra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, in una lussuosa casa di tolleranza. Qui le varie donne raccontano i loro triboli e le loro speranze mentre la padrona tenta vanamente si sopravvivere agli aumenti d’affitto imposti dal notaio che possiede l’intero immobile. Questo film non è particolarmente riuscito e non vi mancano numerose incongruenze storiche, a iniziare dalla colonna sonora infarcita di canzoni anni sessanta la cui presenza il regista giustifica affermando di aver voluto legare il passato al presente.
une promesse locandinaRientra in questo tipo di film anche Une promesse (Una promessa, 2013) che Patrice Leconte ha diretto dopo una serie di titoli di grande interesse e dopo il disegno animato La bottega dei suicidi (Le Magasin des suicides, 2012). Questa volta il regista si è rivolto al romanziere viennese Stefan Zweig (1881 – 1942) e al suo racconto Il viaggio nel passato (Reise in die Vergangenheit, 1929), per orchestrare la storia sentimentale che coinvolge un giovane ingegnere povero e la moglie del padrone dell’acciaieria in cui lavora. Una storia dal taglio decisamente romantico, collocata in Germania fra il 1912 e la sconfitta nella prima guerra mondiale. E’ un film molto curato, di taglio scenografico quasi viscontiano – tutti gli arredi sono dell’epoca giusta – e un racconto elegante denso di sottili osservazioni classiste, mai gridate. Un buon prodotto di cinema tradizionale, solido quanto poco originale.