CHRISTUS, KOLOSSAL DELL’ETNA FILM DI 100 ANNI FA

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CHRISTUS, KOLOSSAL DELL’ETNA FILM DI 100 ANNI FA


etnafilmvitacinem.0000L’Etna Film - la più importante ed economicamente dotata casa di produzione cinematografica catanese dell’epoca muta (fondata da Alfredo Alonzo il 31 dicembre 1913) - secondo la megalomane tendenza del tempo contraddistinta dal vincente dannunzianesimo, culminato nello spettacolare Cabiria (1914, v. La Sicilia del 23 gennaio 1914), lanciatasi immediatamente nell’attività produttiva, piuttosto che imboccare prudentemente la via più consona di realizzazioni realiste o veriste e tutt’altro che intimorita dal magniloquente filone della romanità, non esita a fiondarsi nell’avventura dei kolossal. Con le pareti dello stabilimento di Cibali ancor fresche d’intonaco e in fase di completamento (nella costruzione, tuttora parzialmente esistente, vengono impiegati centinaia di operai) scriteriatamente produce l’agiografico - religioso Christus o La sfinge dello Jonio a firma del conte Giuseppe De Liguoro (Napoli 1868 - Roma 1944), regista, attore e soggettista già noto ed esperto dalla vena facile e popolare, proveniente dalla Milano Film e poi passato alla Labor e alla Gloria, destinato a divenire il metteur en scène numero uno della nutrita scuderia artistica della casa di produzione catanese.

Il film utilizza centinaia di comparse oltre ad un cast piuttosto blasonato (Giulia Cassini Rizzotto, figlia di Placido Rizzotto l’autore de I mafiusi di la Vicaria, Alfonso Cassini, Alessandro Rocca, Oreste Grandi e Orlando Ricci) e punta vanamente al successo mondiale, che purtroppo non riesce ad ottenere. Perfino parte della carta stampata locale (dopo aver lodato, come tutti, l’impresa e lo stesso Alfredo Alonzo) ne sottovaluta o non ne capisce affatto lo sforzo, continuando ad invocare la creazione di un capolavoro, ossessivo ritornello di parte della stampa etnea. Film in costumi che le locandine definiscono bizantini (la sceneggiatura del giornalista catanese Enrico Sangermano è tratta dalla Leggenda siracusana dell’anno 1000 di Victor de Lussac, per la Sicilia un periodo storico particolarmente tormentato), il film narra la storia dell’impossibile amore della lussuriosa e corrotta Xenia, governatrice di Siracusa, per il giovane Christus, innamorato della dolce Myriam, con puntuale e atroce morte tra le fiamme d’una galea (costruita ad hoc) della crudele Xenia, mentre il protagonista, insieme al vecchio Gisio, riesce a salvare Miriam rinchiusa in un pozzo. Girato in parte nello specchio d’acqua del golfo di Catania il colosso dell’Etna-Film (tale venne considerato il film in quei tempi), dopo l’inizio dei primi lavori, che ebbero luogo in una casa con vastissimo giardino che il produttore possedeva in località Feudo Coniglio nella borgata di Cibali, venne successivamente girato ad Ognina, anch’essa presso Catania, in una villa dello stesso produttore, che per la circostanza venne camuffata da reggia. 220px-giuseppe de liguoro 1913Alle riprese parteciparono 300 comparse. Le difficoltà non furono poche, specialmente quando si trattò di costruire una grande nave romana, i cui disegni vennero eseguiti, secondo S. Lo Presti (La Sicilia, 1 marzo 1978), dal prof. Salvatore De Gregorio e dallo scultore Luciano Condorelli. Il film, che in Macedonia ed altri paesi europei fu presentato con il titolo La sfinx de la mer Adriatique (La sfinge del Mar Adriatico) costituisce lo sforzo economico più imponente della neonata casa di produzione catanese, rivelatosi purtroppo inutile, dannoso e perfino, come detto, minimizzato da talune riviste locali. Mirata alla conquista d’un mercato addirittura internazionale, l’opera aggredisce non poco le pur ingenti riserve finanziare dell’Etna, ma si rivela se non proprio un flop, un insuccesso rispetto alle attese e al dispendiosissimo impegno profuso dalla produzione. L’ultima e definitiva replica del film a Catania, proiettata nel sontuoso cinema Olympia, è di domenica 3 gennaio 1915, ingresso 50 e 70 centesimi, in una serata di spettacoli misti (recite, canzoni, danze) dove in questo caso completano il programma il Cav. Fourier e i Buonavoglia (Corriere di Catania, 3 gennaio 1915). Evidentemente, nonostante la magnificenza e l’opulenza dell’offerta dello scenografico peplum in sei atti, lungo 1550 metri (oltre 75’), il solo spettacolo cinematografico si rivela incapace di riempire la sala e fronteggiare la moria di pubblico. Buoni tuttavia altri giudizi che s’intrattengono ora sulla luminosità, ora sulle scene, gli ambienti e i costumi: ah quel sole etneo! Quale sfolgorio di luci, di masse d’ombre maestose, e ricchezza di mezze tinte che danno ai quadri una finezza ed una festosità singolari (…) L’Etna Film con questo lavoro da ancora una splendida affermazione di quali solidi mezzi economici e artistici dispone, e dell’indiscutibile valore di chi la dirige (Pier Da Castello in La Vita Cinematografica, gennaio 1915). Apprezzamenti critici che, in parte, restituiscono giustizia allo sforzo compiuto dall’industriale catanese di mettersi al passo con le grandi produzioni nazionali e internazionali, per quanto - more solito - non tutti i pareri concordino in merito alla maestosità della messa in scena. (vedi Il Maggese Cinematografico, marzo 1915). Purtroppo al trionfo catanese del film non corrisponde quello nazionale ed ancor meno quello dei mercati europei e mondiali, che da lì a poco chiuderanno gli sbocchi di vendita, provocando di conseguenza il blocco di buona parte delle case di produzione estere e nazionali. Colpita ma non abbattuta dal modesto successo del film, l’Etna continua a sfornare titoli che coprono tutto l’anno successivo, ma il rapido sopraggiungere della crisi provocata dalla bufera bellica, la partenza di attori e maestranze per il fronte nel 1915, tra cui lo stesso figlio del produttore, la chiusura dei mercati, le troppo etnafilmmaestranze0000ambiziose scelte produttive, le ingenti spese per il mantenimento di troupe e cast (forse troppo frettolosamente assoldato e spesso altrettanto rapidamente liquidato) e gli inarrestabili e continui contrasti interni, costringono Alfredo Alonzo, prima a sospendere momentaneamente l’attività già alla fine del 1915, poi ad interromperla definitivamente, dopo timidi tentativi di ripresa, nel 1918. Il kolossal è presto dimenticato (il solo Christus oggi ricordato dagli storici del cinema è quello di Giulio Antamoro, 1916, sulla vita di Gesù Cristo). Appena due anni dopo la nascita, il grande sogno di questo produttore di dar vita ad una casa cinematografica in grado di conquistare il mercato, non solo interno ma anche mondiale, è già svaporato come neve al sole.