Festival Internazionale del Film di Cannes 2014 - Pagina 9

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2014
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l-homme quiAlla metà degli anni settanta Renée Le Roux era l’azionista di riferimento del gruppo che controllava Le Palais de la Mediterranèe, uno dei casino di Nizza. Fu estromessa da un colpo di mano organizzato da uno dei boss dell’‘ndrangheta calabrese in accordo con il sindaco della città, interessato a radere al suolo l’edificio che ospitava la casa da gioco per fare spazio all’ennesimo residence di lusso. Per la serie: le disgrazie non arriviamo mai sole l’operazione di defenestramento della matura gestrice fu resa possibile dal tradimento della figlia, sobillata da un arrampicatore sociale, Maurice Agnelet, amante di sua figlia Agnès e che funzionò come infiltrato dell’uomo della criminalità organizzata. Pochi mesi dopo il colpo di mano la ragazza scomparve senza lasciare traccia. La madre intraprese una dura lotta giudiziaria contro il supposto assassino della figlia che si era impossessato del patrimonio dell’amante ed era fuggito in America Latina. Dopo vari processi è arrivata una condanna, ottenuta anche grazie al figlio dell’indiziato che confessò le confidenza del padre che gli aveva rivelato di aver ucciso ragazza in Italia dopo averla attirata in Calabria con il pretesto di un fine settimana romantico. Questa drammatica vicenda è stata ricostruita da André Téchiné in L’homme qu’on amait trop (L’uomo che abbiamo troppo amato), una bella ricostruzione di taglio televisivo impreziosita da un gruppo di attori fra i quali spicca Catherine Deneuve nel suolo della madre. Il film fa rivivere con precisione filologica quegli anni, dagli abiti alle musiche, ma non va oltre il cinema tradizionale di buona confezione.
the serchMichel Hazanavicius ha assunto fama internazionale dopo aver vinto il premio Oscar con The Artist (2011) da lui scritto e diretto, un film che focalizza il passaggio dal muto al sonoro. Il riferimento al cinema del passato è anche in The Search (La ricerca) che riprende, anche se alla lontana, una pellicola del 1948 diretta da Fred Zinnemann, Odissea tragica, che racconta una storia drammatica legata allo sterminio degli ebrei ad Auschwitz. Nel nuovo testo la vicenda si sposta in Cecenia, durante la seconda guerra (1999 – 2009) in cui l’Armata Rossa invase il territorio della repubblica indipendente con il pretesto di distruggere le basi da cui muovevano i terroristi caucasici. Fu un vero e proprio massacro che colpì 40 mila persone, la maggior parte civili. Il film ruota su tre storie l’ultima delle quali nel finale si ricollega alle altre. La prima vicenda è quella di un ragazzino cui i soldati di Mosca uccidono i genitori, pacifici contadini, e rapiscono la sorella. Lui rimane solo con un fratellino e inizia a girovagare in campi e villaggi devastati dalla guerra. Ben presto è costretto ad abbandonare l’infante e finisce in una cittadina Russa dove incontra una funzionaria dell’ONU che lo salva dalle violenze dalla strada e, lentamente, gli fa riprendere la capacità di parlare che aveva perso subito dopo aver assistito all’uccisione dei genitori. La seconda storia è quella di sua sorella che, uscita dalle grinfie degli occupanti, vaga alla ricerca di fratelli. Li ritroverà sia grazie la solidarietà dei correligionari mussulmani, sia grazie all’abdicazione dei funzionari stranieri, prima fra tutte la donna che aveva salvato suo fratello. La terza storia è quella di un giovane russo che, sorpreso a fumare hashish, è costretto a scegliere fra la prigione e l’arruolamento nell’esercito. Opta per questa seconda possibilità e ha modo di sperimentare la crudeltà e la violenza che allignano nei ranghi dell’armata. Sarà lui uno dei militari, induriti e impauriti dalle violenze subite, che parteciperanno all’uccisione dei genitori del ragazzino. Il film ha una struttura narrativa molto tradizionale, un andamento prevedibile dalla prima all’ultima sequenza, ed è percorso da un sentimento ferocemente antirusso poco motivato. Sia chiaro: nessuno si fa illusioni sulle violenze e i veri e propri crimini perpetrati dall’Armata Rossa in Cecenia, come in Afghanistan, ma ciò che disturba è la santificazione indiscriminata dai ceceni senza neppure un accenno alle decine di morti, anche loro civili innocenti, causati dagli attentati terroristici in Russia. In definitiva un film piatto e prevedibile.
Adieu-au-Langage-11L’ottantatreenne Jean-Luc Godard ha concesso al festival di presentare, in concorso, la sua ultima fatica Adieu au Langage (Addio al linguaggio), ma non si è peritato di non ricorrere alle solite provocazioni sia non venendo a Cannes, sia qualificando la rassegna niente più che un congresso di dentisti. Se non fosse per il rispetto che si deve al passato di un cineasta che ha firmato grandi film contribuendo non poco alla modernizzazione del linguaggio cinematografico, verrebbe voglia di liquidare il tutto come la bizzarria di un anziano immusonito. In realtà il film non esiste, quanto meno nel senso tradizionale del termine, c’è solo una sequenza di immagini tridimensionali accompagnate da citazioni di brani letterari Per buona parte della proiezione lo schermo è occupato da un cane che il regista individua come di una sorta di rinascita dello spirito umano. Non mancano le sequenze non convenzionali (il sesso di un uomo e una donna in primo piano, i soliloqui del primo mentre defeca) ma non servono a dare un minimo senso ad un’opera che potrebbe essere etichettata più come una performance che non un film vero e proprio.
189295-fantasia-0-230-0-341-cropLa sezione Un Certain Regard ha presentato un film cinese inseribile nel filone di quel cinema che mira a rappresentare le dure condizioni di vita celate sotto il luccichio del miracolo economico. Fantasia di Wang Chao mette in scena una famiglia distrutta da malattie e disoccupazione. Il padre sta morendo di leucemia, la madre – da tempo disoccupata – tira avanti con vari lavoretti, il figlio marina la scuola per aiutare alcuni ladri a rubare pezzi di ferro, la sorella finisce col prostituirsi in un locale notturno. Il solo raggio di sole sembra essere quello fatto intravvedere da un battello, in verità piuttosto sgangherato, attraccato alla riva del fiume, ma anche questo scompare proprio quanto il figlio sembra aver più bisogno d’aiuto. E’ un quadro disperato da cui emergono le condizioni disastrose della sanità pubblica, il dramma della disoccupazione non protetta, la corruzione e l’illegalità. Un panorama orribile che fa da efficace contraltare ai lustrini dello sviluppo economico accelerato. In rilievo la scena in cui il padre moribondo rivive uno sprazzo di gioventù mente fa ginnastica al suono degli slogan del Grande Timoniere Mao Zedong (1893 – 1976).