Festival Internazionale del Film di Cannes 2014 - Pagina 5

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2014
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yves-saint-laurent-di-bertrand-bonello-142323 w1000Solo in quest’anno il cinema francese ha dedicato almeno un paio di film alla figura dello stilista Yves Saint Laurent (1936 – 2008): quello firmato da Jalil Lespert e uscito anche sui nostri schermi e questo Saint Laurent  firmato da Bertrand Bonello, è entrato nel concorso cannense. L’approccio dei due registi è molto diverso, mentre il primo segue, grosso modo, la strada del film biografico di tipo tradizionale, con vari riferimenti al ruolo sociale di questo sarto d’alto livello, il secondo focalizza la psicologia dell’uomo, le sue debolezze ed eccentricità. In entrambi i casi ha un ruolo importante l’omosessualità del personaggio e la sua vita promiscua negli anni di maggiore creatività, tuttavia il primo cineasta focalizza più le relazioni umane e sociali del couturier, mentre il film presentato in concorso al Festival è segnato da un tono sfuggente, quasi da semplice accenno, ad uno dei motivi fondanti il successo e la personalità di YSL: il suo rapporto con Pierre Bergé, una relazione che li legò, professionalmente e sentimentalmente, per tutta la vita. A questo creatore vanno riconosciuti molti meriti, primo fra tutti quello di aver proposto modelle vestite con capi d’abbigliamento – pantaloni, blazer, sahariane, smoking – sino a quel momento considerati solo maschili. E’ stato anche un grande amatore dell’arte, a lui Andy Warhol dedicò uno dei suoi famosi multipli e lui si ispirò per gli abiti più belli presenti nelle sue sfilate - un’intera collezione fu dedicata a Piet Mondrian (1872 – 1944) – ai maggiori pittori dell’era moderna. Di tutto questo nel film di Bertrand Bonello c’è poco o niente e questo è il maggior senso d’insoddisfazione lasciato dal film.
winter sleep 1Nuri Bilge Ceylan (Istanbul 1959) è il più importante regista turco e uno degli autori di maggior peso del cinema contemporaneo. Sino ad oggi ha firmato otto titoli, sette dei quali coronati da premi nei maggiori festival internazionali. La sua ultima fatica Winter Sleep (Letargo) è approdata in concorso al Festival preceduta da molte attese. Diciamo subito che non è il suo film migliore e la prima cosa che salta agli occhi è che la sua inusuale lunghezza, tre ore e sedici minuti di proiezione, non appare del tutto giustificata da reali esigenze narrative. La storia, immersa in una Turchia di montagna colta in pieno inverno, è quella di un maturo attore teatrale che, abbandonata la professione, si è ritirato a gestire un suggestivo albergo costruito sfruttando varie grotte. Sono con lui la sorella e la giovane compagna di vita, entrambe insoddisfatte dei suoi comportamenti. La prima ha molto a ridire sul suo filosofeggiare e scrivere saggi di morale, la seconda trova il coraggio di ribellarsi gettandogli in faccia il peso del suo dispotismo e l’oppressione che ha esercitato su di lei gabellandole per razionalità e realismo. Una ribellione che approderà ad esiti decisamente discutibili: quando la donna deciderà di fare di testa sua, finirà con lo scontrarsi con un mondo esterno che segue regole ben diverse dalle sue. E’ il lungo quadro di un travaglio in un interno in cui si sente il ricordo del cinema di Ingmar Bergman (1918 – 2007), filtrato attraverso una sensibilità moderna, ma lontana mille miglia da quella nordica. Ne risulta un film stupendamente fotografato, ma questa è una caratteristica che accomuna tutto il cinema di questo autore, anche se più di testa che di cuore nel senso che vi circola una freddezza che ne fa un’opera più costruita a tavolino che partecipata con lo spirito.
RunLa sezione Un Certain Regard ha presentato un film proveniente dalla Costa D’Avorio un paese in cui i più recenti conflitti polito – militari hanno causato più di tremila morti. A questa tragedia si era ispirato Philippe Lacôte con il video documentario Chroniques de guerre en Côte d’Ivoire (Cronache di guerra in Costa d’Avorio, 2008) che ritorna ora sul tema con un film narrativo, Run, in cui disegna le vicende di un giovane che passa dal servizio ad una sorta di mostruosa imbonitrice, campionessa dell’ingurgitare tonnellate di cibo, a quello di un miliziano che svolge il lavoro sporco per conto del presente della repubblica. Quando questo mercenario diventa ministro, e vi riesce anche perché ha ucciso un oppositore del politico, il giovane si traveste da mendicante, passa molti giorni nei pressi della cattedrale della capitale e, quando l’odiato aguzzino si presenta per partecipare ad una cerimonia ufficiale, lo uccide. Il film ha un tratto narrativo abbastanza ordinario e non sempre lineare, ma vi pulsano un generosità e una passione di grande effetto.