Festival Internazionale del Film di Cannes 2014 - Pagina 11

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2014
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sils mariaOlivier Assayas è uno dei nomi di prestigio del cinema francese. Il suo penultimo film, Qualcosa nell'aria (Après mai, 2012) è stato presentato all’ultima Mostra di Venezia ricevendo un’accoglienza contrastata. Il suo è un cinema molto parlato in cui i dialoghi hanno ruolo eguale e, spesso, maggiore delle immagini. Questa è la condizione anche di Sils Maria in cui un’attrice famosa (Juliette Binoche) si confronta con il testo teatrale Maloja Snake (Il serpente di Maloja) del drammaturgo tedesco Wilhelm Melchior (1935 – 2010), copione che lei ha già interpretato venti anni prima nel ruolo di una giovane ambiziosa che induce al suicidio un’altra donna più anziana e che ora rivive nei panni della protagonista più anziana, avendo come antagonista una giovane stella hollywoodiana. Il titolo del copione si rifà ad un fenomeno atmosferico che si verifica in valle Engadina in autunno, poco dopo il levar del sole, quando le nuvole invadono la vallata con un movimento sinuoso che ricorsa le movenze di un serpente. La situazione al centro del testo teatrale si ripete nella vita reale fra l’attrice e la sua giovane assistente che, come sul palcoscenico, ad un certo punto scompare (morte accidentale? suicidio? fuga?). E’ un tipo di cinema molto francese, con abbondanti passaggi intellettuali (citazioni, riferimenti complessi, passaggi psicologici) che possono piacere o disturbale, ma che hanno poco a che vedere con un’idea di cinema basato prevalentemente sulle immagini. In questo il regista conferma la sua predilezione verso il detto più che il visto tanto che le sequenze che collocano le protagoniste fuori da un ideale palcoscenico danno un rappresentazione quasi cartolinesca delle alpi svizzere. Certo questo è anche il prezzo pagato alla sponsorizzazione dell’ufficio per il turismo elvetico (fra i finanziatori del film), ma è anche il segno di una difficolta di questo cineasta ad uscire dal chiuso delle stanze per affrontare la vita nelle strade.
Charli's countryLa sezione Un Certain Regard ha presentato Charlie’s Country (Il paese di Charlie) del cineasta olandese Rolf de Heer che è andato sino in Australia per raccontare la storia di un aborigeno, Blackfella Charlie, privato delle sue radici culturali e costretto a vivere in una sorta di riserva indiana nella parte nord del continente. Lui deve forzatamente confrontarsi con una società di bianchi che emarginano o reprimono la sua gente. Finirà in prigione e quando ne uscirà saprà ritagliarsi un ruolo insegnando ai ragazzi le danze de loro popolo, un modo come un altro di mantenere vive le radici culturali della sua gente. Il film spezza una lancia forte e partecipe a favore di queste comunità di nativi che gli invasori, soprattutto anglosassoni, hanno avvelenato con l’introduzione dell’alcol, similmente a quanto accaduto agli indiani d’America, e che ora trattano alla stregua di animali domestici. Come in altri casi, un ruolo di primo piano lo ha il paesaggio, con scorci di grande suggestione e colori meravigliosi.