Festival Internazionale del Film di Cannes 2014 - Pagina 6

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2014
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le-meraviglie-due-clip-e-locandina-del-film-di-alice-rohrwacher-in-concorso-a-cannes-2014Il solo film italiano scelto per il concorso è stato Le meraviglie diretto da Alice Rohrwacher e interpretato, fra gli altri, da sua sorella Alba. In una campagna divisa fra Umbria, Toscana e Lazio vive una famiglia composta da un padre di originario dell’Europa settentrionale, sposato con un’italiana da cui ha avuto quattro figlie. Alla piccola comunità partecipa anche un’amica della stessa origine del padre e, da un certo momento in poi, anche un giovane tedesco affidato al gruppo per essere rieducato dopo che era avviato sulla strada della delinquenza. Il padre ha vaghi precedenti contestativi – vita in una comune? partecipazione a qualche frangia rivoluzionaria? – ed ora, sicuro della prossima fine del mondo, alleva moglie, amica e figlie nel culto della vita semplice. Produce miele, vive in una casa diruta limitando al minimo i contatti con il mondo esterno. In questo mondo re-rurale s’inserisce una troupe televisiva che sta filmando un concorso fra aziende al fine di far conoscere, sponsor la Regione, le migliori prodotti agricoli della zona. E’ un conflitto fra falsa modernità e vita agreste che trova un punto di frattura nel ragazzino affidato alla famiglia agricola per la rieducazione. Un quasi dramma che mette in luce la fragilità dei sogni di evasione dal mondo e l’impossibilità di vivere fuori del proprio tempo e della contraddizioni che comporta. Non a cado le ultime immagini partono dal quadro falsamente idilliaco della famigliola, riunita all’aperto su un grande letto, per spostarsi sulla fattoria ormai in rovina: Come dire, la fuga dalla realtà produce solo rovine. Il film è girato in modo grezzo, con parti che sembrano amatoriali e affronta temi, troppi, che coinvolgono importanti questioni sia etiche che sociali, tuttavia questa complessa materia appare più accatastata che filtrata con un vaglio ben preciso, per cui ne nasce un senso di caos, più che di presa di posizione organicamente motivata.
homesmanTommy Lee Jones, regista di vaglia e attore straordinario, ha presentato The Homesman tratto da un romanzo di Glendon Swarthout (1918 - 1992), pubblicato nel 1988, che racconta il lungo viaggio di una strana coppia dal Nebraska allo Iowa. Siamo nel 1854 e una coriacea pioniera, che gestisce da sola un fattoria di frontiera e non riesce a trovare nessuno che la sposi, si fa assegnare l’incarico di portare tre donne affette da turbe psichiche da una cittadina – quattro case in mezzo al nulla – ad una grande città, per gli standard dell’epoca, dello Iowa dover saranno affidate a una missione religiosa che le farà curare. Il viaggio durerà varie settimane e la donna decide di ingaggiare, con la promessa di una ricompensa a fine precorso, un maturo vagabondo, disertore dell’esercito, che casualmente ha salvato da morte per impiccagione. I due conducono a turno un carro per il bestiame, frettolosamente adattato a veicolo su cui trasportare le tre dementi, si aiutano nel superare ogni sorta di difficoltà - dagli indiani a cavalieri solitari che vorrebbero fare delle tre ammalate oggetti puramente sessuali - sino al momento che la confidenza e la stima maturata fra loro inducono la donna a chiedere all’uomo di sposarla. Quando questi rifiuta lei gli si offre, poi si impicca. Ora è lui ad avere il dovere morale di consegnare le donne alla missione religiosa. Lo fa e si mette sulla via per ritornare là dove ha sepolto la compagna di una notte e mettere una lapide sulla sua tomba. Tuttavia il progetto è destinato a non realizzarsi. Questo cineasta si era già fatto apprezzare con la sua opera prima per il cinema, Le tre sepolture (The Three Burials of Melquiades Estrada, 2005), ed ora conferma le sue capacità narrative con un film che solo esteriormente ha l’aspetto di del western, ma che, in realtà, disegna il pregevole ritratto di due solitudini, disperse in paesaggi affascinanti quanto terribili, lande coperte di polvere o neve che le rendono inospitali e suggestive. Un film di grande forza, il migliore fra quelli presenti sino ad oggi nel cartellone del festival.
touristTurist / Force Majeure (Turisti / Forza maggiore) dello svedese Ruben Östluld ha ricevuto un lunghissimo applauso dal pubblico della sezione Un Certain Regard, riconoscimento meritato per un bel film, anche se non bellissimo, in cui si percorrono i quattro giorni di vacanza sulla neve di una coppia svedese benestante che soggiorna in un lussuoso residence sulle alpi francesi. Un incidente quasi banale – una valanga provocata da esplosioni controllate che sfiora la terrazza su cui i quattro stanno mangiando – mette in crisi l’apparente solidità del nucleo familiare. Il marito, infatti, invece di preoccuparsi per moglie e figli, ha pensato solo a mettersi in salvo, abbandonando gli altri. Un gesto automatico che svela l’egoismo dell’uomo e che la moglie non riesce a perdonare. Le cose (forse) si aggiusteranno solo dopo una lunga serie di conflitti che porteranno il maschio a prendere atto della sua fragilità ed egoismo. Si direbbe, se non abbondassero le situazioni ironiche, un film alla Ingmar Bergman, soprattutto una di quelle spietate radiografie familiari che questo regista ha realizzato a fine carriera. La narrazione procede lineare gli struggenti paesaggi alpini fanno da contraltare a un travaglio psicologico celato sotto un rigido perbenismo. Laddove dominava una felicità predeterminata ora c’è la luce impietosa sulla fragilità umana, in questo il film svolge un ruolo di analisi importante del torvo che si agita sotto il ferreo manto della rispettabilità borghese.