Festival di Setubal 2012 - Pagina 4

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Festival di Setubal 2012
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the crown jewelsKronjuvelerna (I gioielli della corona) della svedese Ella Lemhagen è uno strano film basato su una struttura all’indietro e sull’utilizzo di linguaggi diversi: il gotico, l’animazione, le immagini elaborate al computer. La giovane Fragancia è accusata di aver tentato di uccidere Richard Persson, figlio di un industriale calzaturiero caduto in rovina. Durante l’interrogatorio cui è sottoposta dal giudice istruttore, racconta la lunga relazione che la sua famiglia ha avuto con l’imprenditore a iniziare dalla nascita dei rispettivi figli. Il ricco voleva fortemente un maschio per farne un campione di hockey e, quando un’infermiera gli presentò per errore la piccola come figlia sua, cercò di strappare il piccolo appena nato dalle braccia del padre della femmina che era stato vittima di un errore opposto. L’infante cadde a terra e sopravvisse solo grazie all’impianto di una calotta metallica nel cranio. Passano gli anni, il ragazzo si dimostra del tutto inadatto a giocare sul ghiaccio, mentre la donna intreccia una storia sentimentale con un campione di quello sport. I due si separano, ma lei continua ad amarlo e a proteggere il fratellino handicappato nato dopo di lei. Un giorno il figlio del ricco si rende responsabile dell’annegamento del ragazzino menomato che ha coinvolto in uno scherzo crudele. Da questa morte l’aumento dell’odio della ragazza per il coetaneo e il sospetto che sia stata lei a tentare di ucciderlo. Alla fine tutto si chiarirà con tanto di ascesa al cielo dell’annegato ove la madre, morte nel frattempo, lo attende a braccia aperte. La prima parte del film sembra virare al gotico, con sfumature thriller, tuttavia ben presto il racconto deraglia inzeppato com’è di sequenze oniriche e filosofemi religioso – naturalistici non proprio profondi. In poche parole è un’insalata tutt’altro che appetitosa e una mistura d’ingredienti non facilmente assimilabili. Quasi da dimenticare.
U.R.

israelePer la sezione opera prima è stato presentato il film israeliano Anachnu lo levad (Siamo vicini) diretto da Lior Har-Lev, autore che dimostra di essere cinefilo e di conoscere molto bene quanto realizzato dai suoi predecessori. Questo può essere visto come un pregio od un difetto, come un limite o una possibilità in più. Siamo, comunque, di fronte ad una commedia classica in cui è facile vedere citazioni di vari film. Interpreti sono Efrat ben Yaakov, Ohad Knoller e Ronny Blitz, nessuno eccelso ma tutti dotati di buona comunicativa. Peccato che troppo spesso sia completamente prevedibile quello che sta per succedere. Eddie lavora nella Security di uno shopping center; è tranquillo, educato, solitario, senza apparente interesse per il sesso e l’amore nonostante abbia più di  trent’anni. Per il suo lavoro, deve risultare quasi invisibile fino a quando non c’è qualche persona sospetta da fermare e controllare. Il grigiore si stempera nel suo credo di quanto riporta un libro su di un’antica profezia che prevede la fine del mondo a giorni e in cui l’unico posto sicuro sarà l’isola di Pasqua. Utilizza tutti i suoi risparmi per pianificare il viaggio, ma quando è pronto psicologicamente a partire, ferma una ladruncola di cui si innamora, ricambiato. May, questo il suo nome, è intelligente e ruba più per protesta che per necessità. Nei cinque giorni prima della fatidica data, sboccia il vero amore: Eddie dovrà scegliere se rimanere e abbandonare la sua speranza di sfuggire l'apocalisse imminente, o vivere fino quando sarà possibile questo grande amore. Non sveliamo il finale ma, non essendo un giallo, la risposta è fin troppo facile.
affiche-presume-coupable_jpg_500x630_q95Présumé Coupable (Presunto colpevole) è sicuramente uno dei più interessanti thriller proposti a Setùbal. Basato sulla vera storia di Alain Marécaux, è un esempio in cui l’accanimento giudiziario possa trasformare in mostri degli innocenti. L’uomo e sua moglie vive assieme ai due figli in un misero sobborgo di Boulogne-sur-Mer. Una tragica notte del 2001 irrompe la Polizia, lo trattano come un pericoloso malvivente e scopre di essere stato accusato di appartenere ad una pericolosa banda di pedofili franco belgi che, tra l’altro, avevano usato anche i propri figli nei filmati porno. Assieme a lui, altre dodici persone ma per lui l’accusa è anche di avere abusato del figlio. Domande non invasive fatte ai ragazzini con l’aiuto degli psicologi portano a risposte che il giudice inquirente valuta come accuse pesanti. La madre dell’uomo muore, la moglie lo lascia, i figli vengono affidati ai nonni. Pur avendo un avvocato che gli crede, nonostante l’assoluta mancanza di prove, rimane in prigione. Fa un lunghissimo sciopero della fame, si rivolge alle autorità e, alla fine, ogni accusa decade. Il film è tratto dal libro Chronique de mon erreur judiciair scritto da Alain Marécaux stesso, come tragico diario di un’avventura che non deve essere dimenticata e deve fare riflettere sull’infallibilità che certi magistrati credono di avere. Splendida la prova di Philippe Torreton, che, per vivere meglio il personaggio, ha realmente perso più di venti chili. Il film gira tutto attorno a lui ed il suo personaggio è perfettamente delineato; gli altri sono appena accennati e questo è l’unico difetto di quest’opera diretta ottimamente da Vincent Garenq, lo stesso della discreta commedia Baby Love.

F.F.