Festival di Setubal 2012 - Pagina 2

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Festival di Setubal 2012
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buona notteLahko noc, gospodicna (Buona notte, piccola) dello sloveno Metod Pevec racconta una storia al femminile che ha al centro una donna borghese, sposata con un costruttore edile di successo, buona madre di famiglia e arredatrice inventiva. Un giorno scopre che il marito la tradisce con una giovane assistente, va via di casa, ha una rapida relazione – altrettanto disastrosa - con un ex compagno di scuola e finisce volontariamente sola, convinta che la solitudine, per quanto dura, sia infinitamente migliore di un rapporto basato sulla menzogna e il tradimento. Potrebbe sembrare un film neo femminista, ma il suo punto di forza non è tanto in questo, quanto nella descrizione del vuoto sentimentale ed esistenziale che attraversa un ceto che deve le sue fortune anche alla dissoluzione dell'ex Jugoslavia e che paga un prezzo pesantissimo in termini di completo sradicamento sia culturale sia umano. Il film è girato in modo piano, senza alcun volo stilistico ed è un prodotto di tipo televisivo sia per la linearità della narrazione sia per un certo pudore nel mettere in scena le sequenze di sesso che sembrano girate da un regista di quarant'anni or sono tanta è la cura nel non mostrare neppure il più piccolo particolare anatomico.

the graveyard keepers daughterKatrin Laur è una regista estone attenta, anche lei, ai problemi delle donne, solo che lo scenario che predilige è quello del sottoproletariato. E' un panorama segnato da miseria, alcolismo e violenza. In Surnuaiavahi tütar (La figlia del becchino) racconta di madre e figlia che vivono nella più nera miseria in un piccolo villaggio estone. Il padre lavora come necroforo e guadagna una miseria, la moglie, di origine russa, affoga nell'alcol le amarezze di una vita di privazioni. La giovane figlia sopravvive con l'incubo di essere affidata ai servizi sociali. Poco tempo dopo che l'uomo ha abbandonato la famiglia per andare a cercare lavoro in Finlandia, la situazione precipita. Durante un festino a base di vodka e altri superalcolici un incendio distrugge la casupola in cui la famiglia abita, causando la morte di una piccola andicappata che viveva con loro. L'intervento della magistratura poeta all'incriminazione della madre e invio della figlia in un istituto per bimbi da adottare. A risolvere in qualche modo la situazione arriva una donna pastore protestate, incontrata in Finlandia durante un breve periodo di quiete, che riesce a farsi assegnare la bimba e ad avviare un percorso di redenzione della madre. E' un finale eccessivamente ottimista, che non contraddice del tutto lo sguardo disperato con cui la regista guarda agli umili in una società uscita da poco dal lungo sonno della dominazione realsocialista. Non va dimenticato, infatti, che la figura della madre identifica con precisione la condizione di un'intera comunità, quella dei russi arrivati nei paesi baltici sull'onda di un tentativo di russificazione fatto dai dirigenti sovietici e che, dopo la caduta del regime moscovita, sono diventati veri e propri paria in patria.

U.R.

appartamento-ad-atene-nuova-locandina-italiana-del-film-251383In concorso nella sezione opere prime l'italiano Appartamento ad Atene di Ruggero Dipaola con protagonisti Laura Morante, Richard Sammel e Gerasimos Skiadaressis. Presentato in varie rassegne tra le quali il Festival di Roma, è in uscita il 28 settembre in Italia. Ambientato nel 1943, ad Atene, narra dell'appartamento di una famiglia un tempo agiata requisito per ospitare un capitano tedesco. Lui è molto servizievole, la moglie difficilmente parla, il figlio di dieci anni non accetta l'invasione della sua casa da parte di un estraneo, la figlia dodicenne non è insensibile alle lusinghe dell'ufficiale. L'uomo vive nella luce del dio Hitler per cui è disposto a fare qualsiasi cosa, è una crudele macchina da guerra che non si ferma davanti a nulla. Pian piano riduce a servi i suoi padroni di casa, chiede sempre di più, li conduce alla povertà assoluta costringendoli a vendere quello che hanno per poterlo trattare come un re. Questo incubo sembra terminare quando deve tornare in Germania chiamato dai suoi superiori: la famiglia riassapora il piacere di vivere assieme, è sempre aria di festa. Quando torna, avendo maturato il grado di maggiore, è notevolmente cambiato appare quasi dolce ed indulgente, fa confidenze al padrone di casa, lo tratta quasi come un amico. Ma anche questo dura poco, in un finale che coinvolge drammaticamente entrambi. Il film è tratto da una storia realmente accaduta, raccontata dall'omonimo romanzo di Glenway Wescott. Il lavoro del regista è stato quello di cercare di portarlo sullo schermo evitando il melodramma, tentanbdo di fare capire le atmosfere che si vivevano in quel periodo, dell'aria di guerra che si respirava sempre senza mai uscire dal claustrofobico appartamento, in cui i drammi personali spesso acquistano più drammaticità di quelli esterni. Ci è riuscito solo in piccola parte, dando vita ad un'opera in cui le intenzioni erano molto belle ma in cui i risultati sono spesso deludenti. L'impressione è che abbia dimenticato un minimo di umiltà che mai deve mancare, soprattutto in un debuttante, e che si sia assiso nel ruolo di maestro che, almeno fino ad ora, non è. Salvato dall'ottima interpretazione dei protagonisti e dalla freschezza dei due ragazzi, dà vita ad un film mai realmente capace di creare emozioni, che a tratti annoia.

krigerinKriegerin (Ragazze combattenti) è un thriller anomalo. Di produzione tedesca, racconta di piccola città come tante, identificabile in una qualsiasi apparentemente tranquilla realtà della provincia. Marisa, Melanie, Benny and Svenja sono un gruppo di ragazze giovani neo-naziste divenute tali più per moda che per credo, più per avere qualcosa da fare che non per avere scelto un'impostazione politica. La ventenne Marisa ha i capelli rasati sulle tempie, tatuaggi tra cui una svastica. Crede di odiare gli stranieri, ebrei, negri e tutti coloro che hanno occupato la Germania togliendola a loro che sono i veri padroni. Quando arrestano il fidanzato, il suo odio si acuisce ma è messo in dubbio al momento in cui conosce due fratelli afghani Rasul, 14 anni e il più adulto Jamil che sono stati bloccati lì ma che vorrebbero raggiungere la Svezia per ricongiungersi a conoscenti e parenti. Li incontra perché vittime di una bravata del branco e si rende conto che sono ragazzi come lei. Vive col più giovane un'amicizia vera, che rischia di divenire pericolosa quando il fidanzato esce di carcere. Ha il dubbio sul da farsi ma, alla fine, sceglie pur sapendo i rischi che corre. E' un'opera di denuncia ben realizzata, che mette in evidenza la realtà dei nazi-skin mai realmente scomparsa. Diretto e scritto da David Wnendt, fa venire i brividi per quanto racconta, per quanto fa vedere senza giudicare. Interpretato dalla bravissima Alina Levshin, non lascia indifferenti.

F.F.