30 Novembre 2009
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Jestem twój (Io sono tuo) di Mariusz Grzegorzek parte da un testo teatrale della canadese Judith Clare Thompson (1954), scritto nel 1987, per mettere in scena un insieme di suggestioni non ben collegate che vanno da una storia melodrammatica, ad un quadro ossessivo, a un vicenda vagamente thriller. Una dentista trentenne, sposata con un manager di una grande azienda tessile, ha una rapporto sessuale con un guardiano della zona residenziale in cui abita e scopre di essere rimasta incinta. Il tipo, con un passato criminale, vuole assolutamente che tenga il figlio e, sorretto dalla madre, fa ogni cosa per riuscirci, non escluso il ricorso al tribunale. La donna, che si è riconciliata con il marito e ospita una sorella con la quale ha sempre avuto un rapporto complesso, decide di tenere il bambino, ma , arrivata sulla soglia del parto se lo vede strappare da madre e figlio che si precipitano in casa sua e la sequestrano. Ora i due possono finalmente avere un figlio e un nipote, ma la morte coglie la madre poche ore dopo che ha preso il neonato e lascia il figlio solo e incapace ad agire. Sono tanti gli elementi che s'intravvedono dietro questa storia confusa, divisa in capitoli come un telefilm e troppo affollata di personaggi, solo tre dei quali - la dentista, l'inserviente e la madre hanno un certo sviluppo, gli altri il marito e la sorella offrono solo accenti e sprazzi di descrizione. In poche parole un film pretenzioso, girato in modo scolasticamente corretto, ma privo di veri motivi d'interesse sia stilistico, sia narrativo.
Zero di Pawel Borowski è il classico film a più personaggi, qui sono davvero molti, le cui vite sincrociano siano a confluire nel finale. Si parte da un manager che assolda un paio di scalcinati investigatori privati per avere conferma dellinfedeltà della moglie, si prosegue con la storia di un ragazzo in attesa di trapianto i cui genitori non hanno i soldi necessari, si aggiungono storie di commercianti di pedofilia, produttori di film erotici, miserabili che tentano di sopravvivere vendendo giocattoli da loro stessi fabbricati, giovani delinquenti sulla via della redenzione e chi più ne ha più ne metta. La confezione è certamente professionale, ma laffastellarsi dei materiali, collocati espressamente in una società indeterminata, non arriva a fornire il quadro di una qualsiasi realtà. In altre parole si ha limpressione che molte cose girino a vuoto e che si tratti di un prodotto di cui è stata curato più laspetto esteriore che non il discorso profondo.
Rewers (Rovescio) di Borys Lankosz è un film dal taglio classico, molto ben costruito e stupendamente fotografato in un falso bianco e nero che si sposa alla perfezione con i numerosi cinegiornali depoca utilizzati dal regista per meglio collocare la vicenda. Siamo nel 1952, in una Varsavia governata dai comunisti più stalinisti che si possa immaginare. La timida segretaria di una casa dedizioni che vive con la madre - una ancora una volta straordinaria Krystyna Janda - è avvicinata da un belluomo dai modi spicci che dice di essere un poeta . Il giovanotto la seduce con una certa facilità, ha con lei un rapporto sessuale e, subito dopo, le chiede di collaborare con la polizia politica per incastrare un professore universitario di cui è stata allieva. Lei rifiuta e lui la minaccia di gravi conseguenze per la sua famiglia causa una moneta doro da un dollaro che, per salvarla dalla requisizione di stato, lei ingoia ed espelle regolarmente. Disperata, la giovane lo avvelena. Quando la madre rientra in casa e trova il cadavere, decide di farlo sparire immergendolo in un bagno dacido. Loperazione andrà a buon fine e la sopraggiunta morte di Stalin aprirà la via a unepoca di minor terrore. Tutto questo è raccontato in un flash back rivissuto dalla protagonista mentre aspetta allaeroporto larrivo dagli Stati Uniti del figlio nato da quellatto unico e drammatico. Un uomo che assomiglia come una goccia dacqua al padre, ma che è omosessuale. E un preciso ritratto di unepoca dindicibile terrore, in cui nessuno era sicuro di ritornare a casa la sera o di risvegliarsi nel proprio letto la mattina. I toni sono misurati e precisi, le interpretazioni perfette: oltre la già citata Krystyna Janda da segnalare la protagonista Agata Bure e la nonna costretta a letto, Anna Polony. In poche parole un film alla maniera, direbbero i francesi ,del cinèma de papa, ma di grande peso politico e morale.