52° SITGES Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya - Pagina 7

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52° SITGES Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya
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Infine il Brasile! Preceduto dall’eco del Premio della Giuria del Festival di Cannes, Bacurau di Kleber Mendonça Filho, il regista di Aquarius, e di Juliano Dornelles, è stato presentato in concorso al Festival. Dura 131 minuti, ma il ritmo incalzante e lo stile Far West escludono tempi morti. Ambientato a ovest del Pernambuco, in una sperduta zona collinosa, il villaggio di Bacurau è stato cancellato dalle mappe. Se ne accorgono gli abitanti che dopo la sepoltura della matriarca Carmelita di 94 anni, assistono a eventi inconsueti. Dapprima scoprono che la cisterna contenente acqua potabile presenta fori di proiettili che le fanno perdere acqua. Poi il villaggio è attraversato da cavalli allo sbando, appartenenti a una famiglia che vive nelle vicinanze. Quindi, la visita di due motociclisti dalle tute variopinte che si fingono turisti. Quando scoprono che i proprietari dei cavalli sono stati assassinati e che la stessa fine è toccata a due di loro che si stavano recando alla fattoria, capiscono di essere sotto assedio. Al problema del rifornimento di acqua potabile, dovuto a restrizioni del nuovo governo, si aggiunge ora quello della sopravvivenza perché qualcuno vuole eliminarli per occupare e trasformare il villaggio. Per difendersi chiedono aiuto ai ribelli di Bacurau che, dopo alcune schermaglie contro il governo, si sono nascosti in una diga in disuso. In realtà, un gruppo armato, a maggioranza nordamericana, sta pianificando un attacco per sopprimerli. Guidati dal medico (Sonia Braga) e da un ex bandito, e sostenuti dai ribelli, i paesani danno filo da torcere ai mercenari guidati da un tedesco (Udo Kier). Con echi finali di O Cangaceiro (1953), (il film è stato girato nei luoghi dove i Cangaceiros hanno spadroneggiato fino al 1938), il film mette in scena azione e avventura in un thriller che in realtà denuncia il malgoverno di chi vuole sfruttare il territorio a qualsiasi prezzo. E lo fa con molta ironia.
Annunciato da un riconoscimento anche il film spagnolo El hoyo (La fossa) dell’esordiente basco Galder Gaztelu-Urrutia. Il Festival di Toronto, infatti, gli ha assegnato il People’s Choice Midnight Madness Award. E nella follia sembra calarci questo racconto distopico, interamente girato all’interno di un penitenziario avveniristico dove è estremamente facile morire di fame, di claustrofobia o di pazzia. Grigia torre di cemento a pianta quadrata con centocinquanta o duecento livelli, ospita due reclusi per piano e ha al centro un vuoto dove giornalmente transita una piattaforma ricoperta di cibo. Quelli dei piani superiori hanno una ricca scelta alimentare: quelli dei piani inferiori mangiano gli avanzi. Il film si apre al livello 33 dove l’anziano Trimagasi, esperto del luogo, si precipita sugli avanzi calati dall’alto, mentre il nuovo recluso, il giovane Goreng che si rifugia nella lettura del Don Chisciotte, è disgustato dalla scena, e digiuna. Il film dura novanta minuti, tutti all’interno del penitenziario, dove alcune notti i detenuti vengono sedati e mutati di livello. E’ fortunato chi si risveglia in alto. Un giorno, seduta sulla piattaforma alimentare, appare una donna che Trimagasi sa essere una ribelle. Si dice che abbia perso un figlio e che sale e scende alla sua ricerca. Pratica rischiosa perché a volte deve difendersi da reclusi aggressivi. Tra lotte per la sopravvivenza, conflitti tra gli internati e incubi notturni, il film si chiude con la rivolta di Goreng che armato di una spranga scende sulla piattaforma cercando forse una via d’uscita. Scelta bizzarra perché gli ospiti della struttura hanno deciso loro di essere internati. Magistrale l’interpretazione di Ivan Massagué (Goreng) già protagonista di Il labirinto del fauno . In quanto al film, destinato a un pubblico dallo stomaco di ferro, ha tutta l’aria di un invito alla follia.