Festival Internazionale del Film di Cannes 2018 - Pagina 3

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Festival Internazionale del Film di Cannes 2018
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YomeddineIn arabo Yomeddine significa giorno del giudizio. Il regista di madre austriaca e padre egiziano A.B. Shawky ha intitolato così un film che ha per protagonisti un ex-lebbroso, Beshay, ora guarito, ma mai uscito dal lebbrosario e un orfanello nubiano che gli si attacca e non vuole più lasciarlo. Il primo, campa malamente rovistando nelle immondizie de Il Cairo, il secondo, Ahmed, fugge dall’orfanatrofio, simile ad un carcere malandato, in cui è rinchiuso. L’ex – lebbroso è appena diventato vedovo e decide di attraversare il paese verso Sud per andare a ritrovare la famiglia che lo ha abbandonato nell’istituto di cura in cui è cresciuto perché si vergognava del suo male. Il bimbo si attacca all’ex-lebbroso che, tuttora, porta sul volto e sul corpo i segni della malattia sperando di trovare una famiglia e un po’ d’umanità. È un lungo peregrinare attraverso il paese, passando per deserti, scontrandosi con ladri e approfittatori vari, assistendo, impotenti, alla morte dell’asinello che tira il carretto su cui hanno caricato i loro poveri averi. In altre parole un road movie in piena regola, ma anche una perorazione dolorosa contro l’ingiustizia che perseguita gli emarginati e, in questo senso, non è privo di significato il fatto che il regista abbia scelto di fare di Beshay un cristiano. In questo le prime sequenze ambientate nella grande discarica d’immondizie danno un senso all’intero film e svelano un mondo miserabile che costituisce, nella realtà, un orizzonte invalicabile per migliaia di esseri umani. In altre parole un film espressivamente non straordinario, ma di grande importanza per il quadro che offre allo spettatore di un mondo in cui pesano come macigni povertà e pregiudizi.
EstateLeto (L’estate) del teatrante russo Kirill Serebrennikov ci riporta all’URSS dell’inizio anni 80, quando la contestazione al regime si giostrava anche sulle note della musica rock sia sulla sua diffusione, al tempo considerata antipatriottica, sia sulla voglia dei giovani artisti di andare oltre ciò che era stato fatto sino a quel momento nel mondo per dare alla nuova tendenza connotati nuovi, autenticamente russi. Sono i giorni in cui la perestroika gorbacioviana cerca di affermarsi a fatica contro le molte incrostazioni lasciate dalla notte brezneviana. Da notare che il regista è tutt’ora agli arresti domiciliari per una questione di utilizzo di fondi in quanto direttore di teatro. Il film mescola in modo armonioso la storia raccontata, anche se con non pochi elementi del tipo genio e sregolatezza, con citazioni di brani di Lou Reed e David Bowie. Un altro elemento di rilevo è l’inserimento di sequenze animate o fortemente manipolate, in questo senso uno dei momenti cardine, quando il confronto fra i personaggi e la società, è quello del confronto – scontro fra i viaggiatori del treno e i giovani. Una disputa che assume un ruolo determinante anche come simbolo della distanza che separa generazioni e culture. In altre parole un film interessante anche se un po’ presuntuoso nel voler rappresentare un’epoca attraverso un fenomeno che ha interessato moltissimo i giovani, ma ha lasciato quasi indifferenti milioni di russi.